L’Emilia Romagna è una terra calda. Non tanto per il clima quanto per il calore emanato dalle persone, per quella maniera tutta particolare e spontanea che hanno di far sentire a proprio agio i furestè, di accoglierli con espansiva semplicità. Ed è calda la cucina dell’Emilia Romagna, sia parlando di temperatura effettiva che di calore potenziale in termini di calorie contenute nei piatti tipici di questa lunga e variegata regione. Difficile non alzarsi sazi da una tavola imbandita con le prelibatezze gastronomiche emiliane e romagnole, molto più facile avere difficoltà ad allontanarsi per essersi fatti troppo prendere dalla gola
C’era bisogno di un po’ di calore qualche settimana fa in una Malpensa ancora stretta nella morsa delle fredde correnti del nord, ed ecco che la serata del progetto “per tutti i gusti” dedicato all’Emilia Romagna è capitata proprio al momento giusto. Cinque chef che in maniera molto equa sono stati pescati ognuno da una provincia diversa della regione, da Piacenza fino a Forlì Cesena si sono dati il cambio ai fornelli. Perché negli oltre 22 mila chilometri quadrati racchiusi nei confini amministrativi regionali si sussegue un’incredibile varietà di tradizioni culinarie diverse senza essere distanti che merita di essere almeno assaggiata in toto
L’aperitivo preparato dalla sempre in forma brigata di cucina del ristorante Il Canneto punta molto sui salumi, vero e proprio tesoro della regione che ha fatto del maiale e dei suoi derivati una bandiera. E con l’affettato emiliano non poteva mancare il Lambrusco, in questo caso un ottimo Vigneto Enrico Cialdino, Grasparossa in purezza di Cleto Chiarli. Una volta a tavola il compito di rompere il ghiaccio è nelle mani dello chef Paolo Teverini dell’hotel Tosco Romagnolo di Bagno di Romagna (FC) che propone un’interessante carbonara di calamari dove i cefalopodi rimpiazzano la pasta mentre l’uovo viene lasciato più liquido rispetto alla classica ricetta romana. Molto interessante il vino in abbinamento: l’Ageno 2007 de La Stoppa è un blend di Malvasia di Candia, Ortrugo e Trebbiano lungamente (circa 30 giorni) macerato sulle bucce che acquisisce il colore tipico degli orange wine mantenendo una piacevole freschezza leggermente balsamica. Davvero un bel bicchiere
Il primo piatto dello chef Luca Marchini dell’Erba del Re di Modena è una summa di tanti concetti tipici della cucina tradizionale emiliana: passatelli asciutti con ragout di pollo e uvetta. Presentazione per la quale l’aggettivo “spartana” non è altro che un eufemismo, ma sostanza da vendere, tanta maestria nella preparazione ed una gustosità quasi da reato. L’abbinamento classico col passatello è il Lambrusco tanto che c’è chi li serve proprio immersi nello spumeggiante rosso emiliano, in questo caso si tratto di un bel Sorbara in purezza: il Premium Vecchia Modena di Cleto Chiarli. Di questo vino mi affascina da sempre il colore acceso e luminoso che già preannuncia la finezza del corpo, la piacevolezza dei profumi e l’acidità importante che si ritroverà all’assaggio
Le portate principali di questa cena sono due e preparate entrambe da bravissime chef donna. La prima in ordine di presentazione è il guancialino di vitello marinato nel pepe con croccante di porcini piacentini e verdure di stagione preparato da Isa Mazzocchi del ristorante La Palta di Borgonuovo Valtidone (PC). Il guanciale è tenero e saporito e cotto in maniera molto delicata conserva intatti tutti i suoi succhi che si combinano molto bene con i porcini (raccolti nei colli piacentini e prontamente surgelati). Di contro Aurora Mazzucchelli del Marconi di Sasso Marconi (BO) riesce nell’arduo intento di far risultare elegante ed appealing un prodotto che generalmente non viene ricordato in questi termini: la torta di maialino che viene accompagnata con radici di agro, vegetali canditi e aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia. Uno studio molto attento ed egregiamente eseguito sulla ricerca dei gusti primari con l’amaro delle radici, il dolce dei canditi ed il salato del maialino, tenuti insieme dal balsamico del tradizionale. Un brava che vale doppio per la fedeltà alla propria terra ed il coraggio della proposta
Coi due piatti principali due vini molto diversi. Il primo è un’estremizzazione del concetto di Lambrusco che cerca di sondarne le potenzialità: Lambrusco Metodo Classico millesimato 2004 di Cantine Lini 910. Un metodo classico dal naso molto maturo, armonico ed intrigante che però durante la lunga permanenza in bottiglia perde un po’ della bella acidità che caratterizza il vitigno risultando certamente morbido, ma forse un po’ snaturato. Il secondo è un Barbera (in Emilia si usa al maschile) Colli Bolognesi 2011 di Tenuta Santa Croce (di proprietà di Cleto Chiarli) molto varietale e sapido che si abbina molto bene alla torta di maiale e si fa apprezzare anche da solo
La chiusura della cena va a colmare un vuoto che fino a quel momento si era avvertito: la mancanza della tagliatella. Lo chef Giovanna Guidetti dell’Osteria la Fefa di Finale Emilia (RE) difatti propone una torta di tagliatelle con mandorle di Avola al profumo di Anicione Casoni, un distillato a base di anice prodotto dall’Antica Distilleria di Finale Emilia. Molto ben riuscito l’utilizzo della tipica pasta emiliana, più sottile del solito in questa versione, in un dessert dolce e saporito. In abbinamento il Domus Aurea, Albana di Romagna passito 2009 di Stefano Ferrucci, un vino dolce di carattere e struttura che ricorda che, anche nella versione passita, l’Albana resta un rosso albino
Il calore della cena dedicata all’Emilia Romagna è ormai scemato, ma il ricordo rimane ed è molto piacevole
Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati