Il Piemonte non è solo Langhe e Nebbiolo. Per quanto la combinazione del nobile vitigno e del territorio langarolo abbiano fatto la fortuna del Piemonte stesso, questa ampia ed affascinante regione ha tanto altro da offrire, sia dal punto di vista paesaggistico che vitivinicolo. La variabilità orografica di questa zona dell’Italia settentrionale permette di passare dalle pianure del basso astigiano ed alessandrino alle dolci colline del cuneese, del tortonese e del Monferrato, fino ad arrivare alle montagne che costituiscono i confini regionali con la Francia e la Valle d’Aosta. Una delle aree poco note del Piemonte è l’alto Monferrato astigiano, una terra in cui il panorama agricolo mostra ancora un grande equilibrio fra aree vitate, noccioleti, boschi e campi a seminativo. In quest’area, di lunga tradizione viticola, viene coltivato e custodito un prezioso vitigno autoctono piemontese: il Ruché. Una produzione molto limitata dovuta alla scarsissima superficie dedicata, di circa 120 ettari, qualifica il Ruché come una vera e propria chicca, apprezzatissima dagli appassionati

 

 

 

C’è un’azienda che ha fatto del Ruché il proprio caposaldo progettuale ed il proprio motivo di vanto. Si tratta della Montalbera di Castagnole Monferrato. Questa importante realtà vitivinicola condotta dalla famiglia Morando possiede difatti 130 ettari in un unico corpo di cui 70 dedicati esclusivamente al Ruché. In pratica più di metà della superficie attualmente coltivata a Ruché è di proprietà dei Morando che, da quando hanno preso in mano le redini dell’azienda si sono instancabilmente dedicati alla promozione di questo straordinario vino. In particolar modo Franco Morando, giovane ed intraprendente rappresentante della famiglia, ha da subito avvertito come propria questa missione curandola in ogni minimo dettaglio e cercando di trasferire in bottiglia la propria idea di Ruché

 

 

 

Per celebrare i traguardi raggiunti ed i nuovi progetti intrapresi dalla Montalbera è stata organizzata un’interessante giornata “emozionale” in cui si è potuto toccare con mano quanto è stato fatto in questi anni e quali sono le potenzialità del vitigno simbolo di quest’azienda. Il colpo d’occhio che si ha dalla terrazza panoramica al centro della struttura che funge da cantina è assolutamente sbalorditivo. Dalla posizione elevata in cui ci si trova è possibile ammirare le proprietà della Montalbera, gestite con cura e rispetto per l’ambiente coltivando a vite solo gli appezzamenti più vocati, piantando noccioleti nei fondi valle e lasciando corridoi biologici sotto forma di piccole aree boscate che garantiscano il mantenimento della biodiversità ed impediscano l’impoverimento del suolo

 

 

 

Da questa cura ed attenzione nasce il Ruché della famiglia Morando che negli anni ha conquistato numerosi riconoscimenti, primo fra tutti quello del pubblico di enoappassionati che lo apprezza e lo ricerca sempre più. In particolare l’etichetta Laccento corrisponde in pieno ai canoni cercati da Franco Morando nel proprio Ruché. Si tratta in questo caso di un blend composto in maggior parte (95%) di uva colta in sovramaturazione ed in piccola porzione (5%) di uva raccolta in maniera anticipata e lasciata appassire su graticci per oltre 40 giorni. Questa pratica permette di ritrovare nel bicchiere una complessità aromatica importante combinata ad un’eleganza innata ed ammaliante. Di particolare interesse risulta provare differenti annate di questo vino, fra la presentazione e la cena che è seguita è stato possibile degustare le quattro annate dal 2008 al 2011 (novità assoluta quest’ultima non ancora in commercio) riuscendo quindi a ricostruire un quadro più completo di quello che si delinea ormai come un grande vino. Partendo dalla più vecchia, dalla 2008, anno in cui non era ancora prevista l’aggiunta del 5% di uva appassita che è stata introdotta per la prima volta nel 2010. Un’annata ancora assolutamente viva ed accesa, con note speziate che vanno ad affiancarsi al bouquet caratteristico del varietale maggiormente floreale e fruttato, tannini importanti, ma delicati. Un vino completo

 

 

 

La 2009, annata calda, mostra in maniera maggiore la speziatura, insieme ad un’acidità ancora elevata che la collocano sul ramo ascendente della curva evolutiva. Il millesimo 2010, primo a prevedere l’aggiunta del 5% di uva appassita, si è rivelato a mio parere il più interessante. Molto equilibrato, piacevolmente tannico, pieno al naso senza risultare invadente, persistente, avvolgente. Un bellissimo vino che si fa ricordare per la propria eleganza composta ed affascinante. Infine l’ultima annata, la 2011. Un’annata calda, che ha portato a maturazioni precoci e ad alte concentrazioni che si ritrovano appieno nel bicchiere. A partire dal colore, particolarmente acceso e luminoso, ma in maniera eccezionale al naso, dove si viene letteralmente investiti da sentori di piccoli frutti neri maturi e di rosa. Sentori carichi, pervasivi, carnosi, che si accentuano durante l’assaggio rivelando anche una bella trama tannica ed una convincente sensazione di morbidezza. Un vino giovanissimo, in bottiglia da poco, che ha di fronte a sé un lungo cammino di maturazione e che, ne sono sicuro, saprà armonizzare al meglio le proprie caratteristiche fino a superare tutti i suoi predecessori

 

 

Ma Montalbera non è solo Ruché. Come dicevo all’inizio la giornata era anche dedicata alla presentazione del nuovo progetto ubicato in Langa dove la famiglia Morando ha acquistato 2 ettari a Nebbiolo fra i comuni di Castiglione Falletto e di La Morra. Nasce così la nuova etichetta dell’azienda: levoluzione. Un Barolo questo nel quale si è cercato di ricreare le stesse caratteristiche di eleganza, impatto olfattivo e piacevolezza di beva del Ruché. Ottenuto da lunghe macerazioni sulle bucce senza che il mosto venga mai a contatto con l’ossigeno, e da un affinamento di oltre 30 mesi in legno grande, questo Barolo è il primo passo di un progetto di cui mostra già tutte le caratteristiche distintive. Il lungo contatto con le bucce, il controllo della temperatura e l’assenza di ossigeno permettono l’estrazione della componente profumata, limitando invece la tannicità del vino. Si ottiene quindi un Barolo più presente al naso della media, che gioca su note maggiormente vivaci e fruttate, che necessità di più tempo per integrarsi all’ambiente ossidante dell’aria e che in bocca mostra un’eleganza ed una finezza inusuali per la denominazione. Da seguire nei prossimi anni

 

 

 

Una bellissima giornata alla scoperta di una realtà di assoluto rilievo e di un vitigno di grande pregio


Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati