Poche storie, l’Alto Adige a livello di comunicazione è un passo avanti a tutte le altre regioni d’Italia. Non c’è un’altra regione che ponga così tanta attenzione ed energia nella promozione del proprio territorio e delle sue eccellenze. Ed i risultati in termini di flussi turistici sono davanti agli occhi di tutti, basta andare in una località sciistica delle dolomiti altoatesine in inverno piuttosto che negli incantevoli paesi di villeggiatura estiva per accorgersi del grande successo che questa regione si è conquistata. E conquistata mi sembra la parola adatta, perché la bellezza dei luoghi gliel’ha data il Signore, ma il gestirli e comunicarli così bene è tutta farina del loro sacco

 

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E proprio di farina si è parlato in occasione del secondo appuntamento di Casa Alto Adige a Milano, primo di una serie di incontri dedicati alle competenze alpine della regione. Storicamente, ho appreso in tale occasione, queste zone erano coperte da campi di cereali tanto che la superficie dedicata alle colture cerealicole nel 1900 era di oltre 30mila ettari. Ad oggi queste coltivazioni, soppiantate da altre decisamente più remunerative, sono limitate a 243 ettari. Ed ecco allora che la macchina altoatesina si è messa in moto per preservare questa ricchezza, varando il progetto “Regiograno” volto a tutelare e riscoprire la ricchezza dei cereali di montagna e dei prodotti da essi ricavati

 

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I due ciceroni della serata sono stati Christoph Engl, direttore di Alto Adige Marketing, ed Herbert Hintner, chef del ristorante Zur Rose di Appiano. Un duo che ben rappresenta il carattere della gente di quelle zone: da una parte la compostezza, professionale, ma anche entusiastica del direttore, dall’altra la gioviale allegria condita da una generosa dose di competenza ed estro dello chef. Due facce di un’unica medaglia che nel corso della serata hanno a turno presentato il progetto ed il territorio, introdotto il prodotto e guidato i presenti alla scoperta delle farine del Südtirol. Una scoperta sensoriale passata attraverso tutti i sensi compreso il tatto sollecitato durante la prova di impastatura perché, si sa, ci si diverte e si torna un po’ tutti bambini quando c’è da sporcarsi

 

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Terminata la parte ludica (che, come ben sa chi studia i meccanismi di apprendimento, è fondamentale per fissare i concetti) si è passati a quella puramente edonistica con una bella carrellata di assaggi di cucina montana proposti dallo chef. Fra tutte le piccole sfiziosità due in particolare si sono impresse nella memoria, entrambe paste ripiene che rappresentano una delle mie tante passioni culinarie. Il primo acuto è stato la pralina di patate ripiena di radicchio in burro di noci, morbidissimo all’esterno si apriva languidamente alla prima pressione della lingua sul palato facendo assaporare la bontà del ripieno, una libidine pazzesca. Il secondo botto è stato il raviolo con Schüttelbrot e ricotta, abbondantemente condito di burro fuso, speck croccante e formaggio di malga. Un piccolo scrigno dorato che riusciva a trasmettere, fra interno ed esterno, tutta la preziosa bontà dell’Alto Adige

 

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Naturalmente non poteva mancare qualche buon rappresentante della produzione enoica regionale. Davvero molto buono il Weissburgunder (Pinot bianco) Passion 2010 di St. Pauls, un naso completo leggermente floreale e possentemente fruttato con la pesca in prima linea, ed una bocca assolutamente equilibrata, con una buona verticalità conferita da sensazioni acide e sapide ed una dimensione orizzontale ampliata dalla struttura importante. Corretto e piacevole il St. Magdalener (Schiava) 2010 di Franz Gojer con quella bella sensazione di frutta matura, quasi dolce, del vitigno e solo una leggera nota alcolica nelle retrovie

 

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La serata è stata anche l’occasione giusta per presentare il primo single malt (in quanto a rigor di logica non si può chiamare whisky) prodotto in Italia, perché dove c’è grano non può non esserci whisky, giusto? Il nostro eroe si chiama Red ed è ancora un esperimento, non avendo terminato il periodo di invecchiamento all’interno di vecchie botti di Marsala, ma reca già ben impresso il marchio regionale fatto di una buona aromaticità, ed una struttura alcolica importante, ma fresca, che ricorda la montagna

 

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Una gran bella serata in cui si sono scoperti tanti prodotti meritevoli di attenzione

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Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati