Le bollicine sono gioiose. Il loro incedere fluido, dal basso verso l’alto, senza peso e senza impegno, suscita pensieri felici, lievi, disimpegnati. Le bollicine invitano alla chiacchiera. Sarà quel leggero rumore spumoso che fanno quando vengono risvegliate in malo modo versandole nel bicchiere e allora manifestano il proprio dissenso eruttando in una schiuma spumeggiante. Le bollicine sono internazionali, ovunque si vada la bollicina implica rilassatezza e gioia di vivere. Non per ultimo sono gradevolissime da bere, solleticano il palato e stuzzicano il naso

 

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La manifestazione Bollicine Mon Amour, a cui avevo partecipato anche l’anno scorso, giunge alla sua quinta edizione e cambia location, lascia la reggia di Colorno sede dell’Alma per trasferirsi al Palazzo dei congressi di Salsomaggiore Terme. Questo nuovo contesto le conferisce di sicuro spessore, la sala principale del Palazzo dei congressi è un bellissimo esempio di stile Liberty-Déco, dove i fregi pittorici si sposano perfettamente alle strutture metalliche conferendo una sensazione di raffinatezza mai banale che lascia il visitatore colpito al suo primo ingresso. Come l’anno scorso, anche nell’edizione 2013 i numerosi produttori presenti sono equamente divisi fra Italia e Francia grazie all’attento lavoro di selezione operato dall’associazione organizzatrice

 

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Si parte dall’estremo nord italiano, da quella Valle d’Aosta altissima che dà i natali all’uva Prié blanc. Un varietale autoctono dei comuni di Morgex e La Salle che, grazie alla sua spiccata acidità, ben si presta alla spumantizzazione. La Cave du vin blanc de Morgex et de La Salle è il punto di riferimento di questa DOC che ammette esclusivamente il vitigno montano e da anni lo lavora col Metodo Classico ottenendo ottimi risultati. Sono infatti ben quattro le etichette proposte in assaggio, differenti per fermentazione e affinamento, e fra di esse a mio parere spicca la Cuvée du Prince 2007. Un Metodo Classico millesimato che ha riposato per 48 mesi sui lieviti dando il tempo al vino di esprimersi appieno, transitando dalle note più verdi (che comunque permangono) a sentori più complessi di frutta tropicale e leggera spezia. Unico

 

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Scendendo la valle e attraversando la Lombardia da Ovest verso Est si arriva nella zona che ha dato maggiore impeto alla rinascita della bollicina italiana: la Franciacorta. Un territorio vasto, che in quanto tale inizia a soffrire delle proprie grandi dimensioni con vigneti piantati anche dove non sarebbe indicato, ma che proprio per questo riesce ancora a garantire qualche bella scoperta a chi decide di dedicarle un po’ di attenzione in più. La selezione dei produttori di Franciacorta a Bollicine Mon Amour rifugge il concetto di banalità, andando a scovare piccoli nomi nuovi (più di uno era alla prima uscita pubblica) di particolare interesse. Fra questi mi fa piacere segnalare l’azienda agricola Santa Lucia di Erbusco, nel cuore della Franciacorta, che propone un Saten di rara eleganza e freschezza che non gigioneggia su morbide dolcezze, ma si nobilita di equilibrata acidità. Altro nome da seguire è quello di Corte Fusia di Coccaglio, ai piedi del monte Orfano, anche qui il prodotto che colpisce è il Saten, un pas operé vivido e cristallino

 

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Si transita quindi attraverso l’Oltrepo e la zona del Trento, storici areali di produzione di bollicine nostrane, per poi approdare alle zone meno note. Molto interessante, ad esempio, è il Riesling brut de La Palazzola, realtà ternana che da tempo ha deciso di orientare la propria produzione verso le bollicine da Metodo Classico. Un Riesling verace, dal naso profondamente varietale, ma dalla bevuta morbida e suadente conferitagli dalle latitudini più meridionali rispetto alla sua zona classica. E dopo essere andati verso sud, si inverte la rotta per tornare a settentrione, valicare le Alpi e iniziare a sondare lo sconfinato panorama vinicolo francese che, anche in quanto a bollicine, ha un’offerta ampia e, spesso, poco conosciuta oltre allo Champagne

 

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Pochi ad esempio conoscono la Blanquette de Limoux, vitigno autoctono del sud della Francia quasi al confine con la Spagna, che sembra fatto apposta per essere spumantizzato. Alain Cavailles è uno di quei produttori che crede fermamente nelle potenzialità di quest’uva e ne propone una versione in purezza, la Blanquette de Limoux Résilience 2010, che riesce a trasmettere in maniera spontanea la semplice e non scontata piacevolezza dell’uva. Altra piccola chicca è la Clairette de Die, che Vincent Achard propone spumantizzata con metodo ancestrale. Un vino spumante di uva Moscato bianco con basso grado alcolico in cui la dolcezza dell’uva è perfettamente amalgamata nella texture del vino

 

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Ed infine, naturalmente, troviamo gli Champagne, i principi del Metodo Classico. Terra ampia e variegata quella della Champagne, che può dare vita ad un ventaglio di interpretazioni quanto mai ampio e complesso. Non semplice trovare il giusto equilibrio fra vitigni, terreni e lavorazioni, in Champagne la creazione di una cuvée è un’operazione estremamente delicata che coinvolge esperienza, sensibilità e savoir faire. La selezione di Champagne presenti alla manifestazione era intrigante, formata principalmente da piccoli propriétaire récoltant di altissimo valore. Da segnalare tre nomi che hanno fatto fremere senza ritegno le mie papille gustative: Guy Thibaut in particolare con il brut nature, Alain Réaut con un grandissimo brut rosé e l’ottimo Blanc de blancs Cuvée Fleuron di Renaissance. Giusto per fare qualche nome

 

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Una bella manifestazione in cui si ha la possibilità di fare una panoramica sulla produzione di Metodo Classico delle zone maggiormente vocate fra Italia e Francia, con nomi di pregio frutto di una ricerca attenta e delicata. Unico appunto che mi sento di fare è sulla scelta dei bicchieri, forse non propriamente adatti allo scopo

 

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Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati