Ultimamente ho letto alcune critiche alle degustazioni verticali. Chi le trova poco utili, chi noiose, chi a volte fuorvianti. A mio modesto parere sono invece un buon modo per avere una prima approssimazione delle capacità di invecchiamento di un vino. Certo ogni annata è un capitolo a sé stante, quindi non è assolutamente detto che se un 1992, con vent’anni sulle spalle, ad oggi è ancora perfettamente fresco e piacevole, il 2012 in arrivo avrà la capacità di mantenersi altrettanto bene nel tempo. Certo è che se su quindici annate degustate tutte o quasi si sono dimostrate sugli scudi, qualche margine di sicurezza in più direi che c’è

 

 

Qualche sera fa, a questo proposito , si è tenuto un evento dedicato ad un vino fortemente rappresentativo del suo territorio. Si tratta del Paleo rosso di Le Macchiole, azienda bolgherese di alto lignaggio che ha voluto celebrare con questa serata i vent’anni della sua etichetta più nota (prodotta per la prima volta nel 1989)  e l’ultimo riconoscimento da essa conseguito: i tre bicchieri 2013 del Gambero Rosso. A questo scopo è stata quindi organizzata una serata in cui era possibile degustare quasi tutte le annate del vino in questione, per apprezzarne l’evoluzione nel tempo, che ha visto il passaggio da un uvaggio misto di Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc al dominio incontrastato di quest’ultimo, rendendo il Paleo una delle espressioni più accattivanti di questo vitigno, difficile quanto affascinante

 

 

L’azienda Le Macchiole è una bella realtà nel cuore della Costa degli Etruschi, a Bolgheri, un nome altamente evocativo per tutti gli appassionati di vino. A pochi chilometri dal mare, che ne influenza le vigne, trova dimora questa azienda vitivinicola di 22 ettari da sempre legata alla terra sulla quale si fonda. Ed è da questa terra che nasce il Cabernet Franc che, a partire dagli anni ’90 vinificato in purezza, dà vita al Paleo rosso

 

 

Ma passiamo quindi al piccolo viaggio nel tempo che è possibile effettuare grazie alla degustazione verticale e partirei dall’annata 2008. Nel bicchiere troviamo un vino ancora molto giovane, nel quale il legno non si è ancora amalgamato alla perfezione al vino che ha accolto, ma anche interessante. Il 2008, annata difficile e piovosa, ha fatto sì che la concentrazione che si può trovare in altri millesimi lasciasse il passo a note differenti, per cui risalta una mineralità che in altre annate sarà più difficilmente individuabile, coperta da note più pregnanti, facendo di questo vino un bel punto di partenza. Salterei qualche anno per arrivare alla 2005, siamo nelle condizioni opposte al caso precedente. Annata calda che ha provocato una forte concentrazione, in questo caso il naso viene inebriato da profumi maturi decisamente fruttati, mentre in bocca domina un bel tannino polposo. Due espressioni antitetiche del medesimo vitigno, entrambe piacevoli e particolari

 

 

Si salta ancora indietro fino al 1994, un vino che non ti aspetti, con un naso educato e riservato che si apre poi su bellissime note speziate in bocca. Lunga e fine persistenza completano il quadro di un vino più gentile che possente. Per arrivare alla fine della corsa a ritroso negli anni, al 1992. Un vino incredibilmente fresco e vibrante, con una spiccata speziatura, ma anche un’acidità presente ed equilibrata, che non accenna a declinare. Si perdono un po’ i caratteri fruttati che dominano in altri anni, ma si guadagna in persistenza, ed in pulizia dell’erbaceo tipico dei vitigni. Una sorpresa, una bella sorpresa

 

 

E lì in mezzo al percorso c’era il 2001. A mio parere, per fortuna condiviso da altri più qualificati di me, la migliore annata nella batteria. Sembra scontato a volte definire un vino fine ed equilibrato, ma trovarne uno che incarni perfettamente questi due aggettivi è impresa assai ardua. Il 2001 va proprio in questa direzione, una bellissima armonia che inizia al naso, in cui legno, frutta matura, spezie ed erbe si alternano con compostezza, ma carattere, facendo già pregustare le caratteristiche dell’assaggio. Assaggio che risulta setoso, morbido, rotondamente tannico e lungamente persistente, che ribadisce i sentori avvertiti al naso e li esalta, li amplifica. Una grandissima annata per un grandissimo vino

 

 

Bello viaggiare nel tempo restando fermi, da provare

Il Fede

 Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati