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Food&Wine

Fattoria La Maliosa | Toscana

Laura Renieri
3 Settembre 2012
Food&Wine, Italia, Travel
1

Fare il vino è un mestiere in cui la passione gioca un ruolo fondamentale. Per aspettare gli anni necessari ad un nuovo impianto per entrare in produzione ci vuole passione. Per rimettersi al lavoro dopo un’annata particolarmente avara o dopo una grandinata ci vuole passione. Per comunicare efficacemente al pubblico l’unicità del proprio prodotto ci vuole passione. E la passione non può prescindere da un altro fattore fondamentale che è il rispetto. Il rispetto per la vigna e per la terra dalla quale nasce, per le persone che ci lavorano e, più in generale per quell’insieme di fattori endogeni ed esogeni che si può identificare con ambiente

 


 

 

Il metodo più rispettoso per coltivare la vigna è noto con il nome di biodinamica. Tecnica colturale che, prendendo in considerazione l’effetto dei flussi energetici nella pianta, in questo caso nella vite, e nell’ambiente che la circonda tende a limitare al minimo indispensabile gli apporti esterni in campo. Esso cerca quindi di mettere la pianta stessa nelle migliori condizioni possibili per autogestirsi, prevenendo in tal modo gran parte delle patologie che potrebbero colpirla. È come curare fin dall’infanzia la nutrizione e l’attività fisica di un bambino, che di sicuro da grande si ammalerà di meno ed avrà meno bisogno di medicine

 

 

Ed è prendendo come guida questi concetti che a Manciano, nel lembo più meridionale della Maremma toscana, una terra tanto affascinante e ricca di storia quanto dura, è nato il progetto della Fattoria La Maliosa. Da una parte la ferrea volontà di Antonella Manuli di creare una realtà agricola di assoluto pregio in tutto e per tutto in equilibrio con l’ambiente circostante, dall’altra l’entusiasmo e la competenza di un enologo toscano, Enrico Bachechi, perfettamente in linea con la filosofia aziendale. Dall’incontro di queste due personalità forti e decise si concretizza nel 2005 la Fattoria La Maliosa che ad oggi conta su oltre 130 ettari di proprietà, di cui la maggior parte è lasciata a bosco, per mantenere inalterato il delicato equilibrio venutosi ad instaurare nei secoli in queste colline

 

 

Di quanto viene invece coltivato una parte è destinato a seminativo, una parte ad uliveto  con 120 piante di oltre 60 anni e 12 ettari di nuovi impianti, ed una piccola porzione, circa 3,5 ettari, è vitata. Tutta la produzione della Fattoria è certificata biologica e biodinamica da Demeter dal 2010 perché è giusto che i consumatori sappiano di avere di fronte un prodotto ottenuto nel massimo rispetto dell’ambiente. In particolare la vigna vecchia ha un fascino speciale: un ettaro di vigneto storico con piante mediamente di oltre 40 anni che è stato recuperato in tutta la sua bellezza e rusticità e dal quale sono state ottenute le marze per impiantare i nuovi vigneti

 

 

 

Il vino ottenuto dalla magia di questo vigneto, gestito in maniera talmente affettuosa e naturale, non poteva che essere unico. Il Bianco, in degustazione l’annata 2010, ottenuto principalmente da uva procanico ed in parte minore da altri varietali autoctoni come ansonica, grechetto e malvasia bianca così come presenti in vigna, è una rivisitazione attuale di metodi di vinificazione tradizionali. La fermentazione avviene a contatto con le bucce per circa tre settimane a temperatura ambiente ed esclusivamente ad opera di lieviti indigeni. L’affinamento prevede un passaggio di un anno in legni di diverse dimensioni, prima di essere messo a riposare in bottiglia. Il risultato è un vino carico di colore, quasi aranciato, con profumi sorprendenti di frutta fresca, ma anche di terra, di quella terra calda e secca dalla quale proviene. In bocca è al contempo possente e delicato, fresco e caldo, un vino sincero senza nulla da nascondere

 

 

 

Il Rosso, anch’esso del millesimo 2010, è il frutto della diversità ampelografica della propria vigna d’origine. Per circa metà ciliegiolo, 30% alicante, la parte restante è ottenuta da antichi vitigni autoctoni quali il mammolo ed il bonamico. Segue lo stesso percorso del Bianco ad eccezione della permanenza sulle bucce che in questo caso arriva a durare un mese. Bere questo vino è come sorseggiare un pezzo di Maremma, verace come la sua terra, perfettamente bilanciato con la nota dolce dell’alicante a fare da contrappunto al carattere più esuberante del ciliegiolo, il tutto sostenuto da un tannino eccezionalmente delicato. Niente di aggiunto, un vino buono nel senso più lato del termine, come la pacca sulla spalla di un amico di vecchia data. Inizi a berlo ed è difficile fermarsi prima di aver finito la bottiglia, un piacere per tutti i sensi

 

 

 

Passare dalla Maliosa, e da questo angolo di Toscana, è un’esperienza piacevole ed interessante che invito tutti a fare

Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati

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Ingegnere? Pusher of Enthusiasm Consulente Digitale. Prof Universitaria Fondatrice di TheOldNow.it beauty. book. family. podcast. travel.

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