Le manifestazioni vinicole hanno il piacevole pregio collaterale di unire le persone. Sia perché sono ottimi luoghi di ritrovo per enostrippati che giustamente la domenica mattina non sanno che fare se non spararsi 300 chilometri in macchina per andare all’imperdibile verticale di Verdicchio, sia perché dopo tre o quattro bicchieri di vino si è tutti un po’ più ciarlieri ed inclini alla chiacchiera libera. Manifestazioni troppo dispersive tendono a  sminuire questo effetto benefico, favorendo invece lo spaesamento più completo di colui che non si fosse studiato per filo e per segno l’evento in questione

 

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Ecco perché le degustazioni più piccole e raccolte tendono ad essere anche quelle che ci si ricorda con più piacere. A maggior ragione se il contesto in cui vengono svolte è di rara bellezza come il Chiostro di sant’Agostino di Pietrasanta e le 70 aziende selezionate coprono l’intero stivale. Queste sono state le premesse di Pietrasanta Vini d’Autore (o Terre d’Italia, non ho ancora capito quale sia il nome ufficiale), la bella manifestazione organizzata da l’AcquaBuona in quel della Versilia e che replica il successo di pubblico ottenuto solo qualche mese prima all’ormai imperdibile Terre di Toscana

 

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Le aziende coinvolte sono state una mirata selezione fra le migliori che negli anni passati avevano partecipato alle 12 degustazioni tematiche de l’AcquaBuona. Il risultato è stato un evento molto raccolto, risultando estremamente godibile anche grazie al meteo che ha concesso incredibilmente uno scorcio di sole caldo ed al giardino al centro del chiostro che rappresentava un notevole sfogo per i momenti di grande afflusso di pubblico. La piccola panoramica fra le etichette che mi hanno maggiormente colpito parte in Friuli e da un nome che per me dopo Fornovo è diventato una certezza: i Clivi. La bella realtà friulana, fra le svariate etichette portate a Pietrasanta ha tirato fuori dal cilindro un Brazan 2001, cru di Friulano, di abbacinante freschezza e vivacità. Un progetto un po’ folle (il vino era stato imbottigliato un paio d’anni fa dopo 10 anni di affinamento in acciaio) dai risultati sorprendenti

 

Senza nome

 

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Poco più a nord-ovest del Friuli si trova l’Alto Adige che, fra i vari tesori enologici, cela anche una perla di grandissima finezza a base di Sauvignon Blanc. È il Voglar (qui in annata 2010) di Peter Dipoli, vigneron tutto d’un pezzo, alto atesino per antonomasia, estremamente rigoroso nel suo lavoro il cui slogan d’apertura del sito è “no twitter, nofacebook – only wine” tanto per intenderci. Una vigna di 3 ettari a Cortaccia fra i 500 ed i 600 metri dove il Sauvignon giunge magnificamente a maturazione perdendo le note più verdi a favore di sentori più pieni di frutta gialla e fiori. La fermentazione alcolica in grandi botti di acacia dona maggiore complessità ad un vino archetipico di ciò che il Sauvignon dovrebbe essere

 

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Scendendo un centinaio di chilometri da Cortaccia praticamente in verticale, lungo la direttrice nord sud, si arriva ad un’altra grandissima terra di bianchi: Soave. Colpisce il Froscà 2010 di Gini per la grande complessità che riesce ad esprimere, da un cru particolare di vigneti di Garganega a pergola, dopo una lunga permanenza sulle fecce, parte in acciaio e parte in barrique, si ottiene questa selezione particolare che emozione per la lunga parabola che inizia al naso e si chiude con un’inaspettata quanto salvifica freschezza in bocca. Fra qualche anno si potrà esprimere ancora meglio

 

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Bisogna attraversare tanta Italia ed un mare, il Tirreno, per giungere alla quarta azienda che mi ha dato un sussulto: la cantina Mura, all’estremo orientale della Gallura dove il terreno è molto diverso da quello delle zone più rinomate di Badesi e Sennori. Qui c’è più argilla che sabbia, un terreno che dà vini meno profumati, ma di maggiore struttura, come il Sienda riserva Vecchie Vigne 2011. Un vino che grazie a periodici batonnage è riuscito ad estrarre il massimo dalle fecce. Estrazione che si apprezza fin da subito nel colore, particolarmente intenso, ma che esplode letteralmente in bocca in cui sono il sole ed il sale a prevalere su tutto il resto, un vino di mare con la consistenza di un vino di terra, ottimo

 

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Contrariamente al mio solito, a Pietrasanta ho deciso di dedicare maggiore tempo ed attenzione ai bianchi con il risultato di contenere al minimo gli assaggi dei rossi, ma un’etichetta fuori dal coro l’ho trovata comunque. Roagna ed i suoi Barbaresco fuori da ogni schema, in particolare l’Asili, cru (o meglio menzione geografica aggiuntiva) del comune di Barbaresco da una piccola vigna di 0,22 ettari e di oltre 50 anni. Macerazioni esasperate (fino a 90 giorni) in tini di legno fanno sì che solamente a partire dalle uve migliori si possano ottenere vini composti, e l’Asili 2007 è un vino incredibile, fresco e materico, vibrante, tannico ma al contempo equilibrato. Un’ode al Nebbiolo, alla Langa ed alla loro mirabile unione

 

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Davvero complimenti ad AcquaBuona per la bella ed istruttiva manifestazione, per la scelta della location e per l’attenta opera di selezione dei produttori. Spero vivamente che diventi un appuntamento fisso

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Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati

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