Come funziona la testa di un runner? Cosa innesca la competizione mentale?

Domande apparentemente semplici alle quali non sono ancora riuscita a dare una spiegazione esaustiva e che suscitano ancora parecchia curiosità.

E’ tutta una questione di testa, amico. Con il tuo talento, se giochi al cinquanta per cento delle tue possibilità, ma ci stai con la testa al novantacinquenne cento, vinci. Se invece giochi al novantacinque per cento, ma con la testa ci stai al cinquanta per cento, perdi, perdi e perdi.

Open, Andre Agassi.

 La testa e la competizione mentale | La corsa 

 

A volte è solo la testa a farti andare avanti nonostante l’intero complesso muscolare chieda pietà, implorando una diminuzione della pena. A volte, invece, è la mente che nega al corpo la giusta motivazione a portare a termine un obiettivo tanto sperato per il quale il corpo sarebbe pronto e scattante. Ma ci sono anche i casi in cui, la mente, nonostante non sia inizialmente predisposta ad un successo, sia in grado di innescare una competizione mentale, uno stato di tensione attuato per pudore o mera sopravvivenza. A volte la mente sa che il corpo non vuole cedere alle lusinghe del riposo e che si accanirà fino all’ultimo baluardo pur di portare a termine un allenamento. Non le resta che innescare dei giochi mentali per aumentare la resistenza. Come una tigre che agisce al bisogno. Precisa, spietata, senza troppe cerimonie.

 

La testa e la competizione mentale | La corsa

 

Andiamo piano questa sera perché sono stanca!

Cominciamo a correre e prima ancora che finisca il riscaldamento, mi accorgo che quei 15 centimetri di distacco sono un fastidio mentale. Accelero, perché non voglio che aumenti il divario. Guadagno un vantaggio di 5 centimetri ed il mio fiato si tranquillizza, ma sento le gambe spingere per mantenere il ritmo e l’andatura. Un passaggio stretto, una strada da attraversare e lui è di nuovo in vantaggio. Stringo i denti, mi concentro sul passo per farlo mio, accelero di nuovo per raggiungere la mia posizione di vantaggio. Non è molto, quanto basta per sentire il suo fiato, ma quanto basta nuovamente per rallentare. O almeno così credo! I chilometri passano in questo gioco continuo di sorpassi ravvicinati. Non ho la minima idea della velocità, conto i giri del circuito per avere il senso dei chilometri. Avverto un po’ di stanchezza, ma non posso ammetterlo perché significherebbe automaticamente la perdita del vantaggio.

Al prossimo giro, possiamo rallentare un attimo?

Guarda che stai facendo tutto tu! Sei tu che imponi il ritmo, sei davanti!

Neanche la stanchezza mi fa sentire i polpacci che sembrano più duri, è l’ultimo giro e voglio finire questi 10 chilometri. Gli lascio un po’ di vantaggio per 500 metri, ma sento che non sarebbe la scelta migliore, non adesso. Accelero, stringo i denti e riprendo la mia posizione di vantaggio. Devo tenerla fino agli ultimi 700 metri, poi sono libera, penso. Intanto accelero. Non faccio apposta,ma c’è un flusso interrotto di energie che fluiscono direttamente dalla testa alle gambe. Ultima curva, ultima salita. Stop. Un senso di libertà mi invade. E’ solo martedì, la settimana è appena cominciata eppure la mia mente aveva già abbastanza energie da sfogare, oppure era soltanto troppo orgogliosa questa sera per cedere e battere in ritirata. Meglio attivare la competizione mentale, una sfida costante per alimentare il desiderio di farcela, di portare a termine un risultato  migliore di qualsiasi pronostico.

 

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Articolo scritto e redatto da FRANCESCA TOGNONI | Tutti i diritti sono riservati

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