Fare vino è una forma d’arte. Dal mio punto di vista ciò è indubbio in quanto nella produzione del vino concorrono tutti i fattori tipici di una qualsiasi altra arte: c’è la materia prima che viene interpretata dall’artista, c’è il tocco personale, la ricerca dell’eccellenza e infine, come per ogni forma d’arte che si rispetti, c’è la categoria dei critici che definisce quali siano gli “artisti” maggiormente in auge (contribuendo peraltro a dinamiche dei prezzi non sempre sostenute da effettive differenze qualitative)
Siccome sono convinto che qualsiasi artista venga facilitato nel suo compito creativo quando è circondato dalla bellezza garantita dall’arte stessa, ne discende che laddove le cantine hanno la possibilità di arricchirsi dal punto di vista culturale accogliendo al loro interno opere d’arte, ciò non può che beneficiare alla qualità del vino che ivi viene prodotto. Questo è certamente il caso della cantina Guido Berlucchi in Franciacorta, di cui avevo parlato giusto qualche settimana fa, prima del giro di boa del 2014. Il progetto di Guido Berllucchi per la creazione di una realtà di pregio vinicolo nel cuore della Franciacorta nasce infatti immerso nell’arte, in quello squisito scrigno di beltade che è palazzo Lana
I due fabbricati cinquecenteschi costituenti il palazzo voluto dalla famiglia Lana de’ Terzi sorgono su di una base tardo medievale che, quasi rappresentasse una profonda radice, testimonia il duraturo e immutato sodalizio fra la famiglia e la Franciacorta. Un sodalizio mai interrotto in quanto Guido Berlucchi, fondatore della cantina, era diretto discendente della famiglia Lana per parte di madre. Fu proprio all’interno di questo palazzo che avvenne l’incontro galeotto fra il padrone di casa e il giovane enologo Franco Ziliani, colui che ancora oggi guida l’azienda. Ed è proprio nelle affascinanti cantine del palazzo che, per la prima volta, la denominazione Franciacorta venne affissa ed imperitura memoria su di una bottiglia di Metodo Classico: il Pinot di Franciacorta 1961
Il palazzo Lana è un vero forziere di opere d’arte grandi e piccole che non furono fatte per stupire, quanto per comunicare al visitatore un senso estetico raffinato e personale, mai scontato e frutto di una ricerca del bello che non ha mai abbandonato la sobrietà. Così è per l’intrigante sala dei cavalli, abilmente affrescata, per l’appunto, con figure equine e con una rara vista del castello di Brescia, quanto mai fedele all’originale. Così è per l’imponente quanto sobrio camino del salone principale, massiccio nella struttura, caloroso nell’abbraccio, giovantesi dell’incredibile luce che filtra attraverso le ampie vetrate dell’ingresso e che scalda l’atmosfera con tonalità di giallo avvolgente e rassicurante. Così è per gli incantevoli soffitti decorati con scene richiamanti l’epoca classica, figli di un’estetica romantica di delicata finezza
Forse è proprio per proseguire questo percorso nell’arte, che da sempre permea le stanze del palazzo, che anche la cantina da anni ospita delle installazioni permanenti di alcuni talentuosi artisti contemporanei. Artisti che si sono lasciati ispirare dal territorio, dal luogo, dal vino e hanno materializzato la loro visione attraverso l’arte che era loro più congeniale fosse essa pittura, scultura o poesia. Così anche Arnoldo Pomodoro si è lasciato ispirare dal progetto tanto da realizzare l’etichetta / scultura che ha impreziosito le numerate bottiglie della riserva 2000
Chi abitua i propri sensi al bello, difficilmente potrà accettare di produrre niente che si discosti in maniera sensibile da tale canone qualitativo. E i milioni di bottiglie che riposano nelle sconfinate cantine non possono che trarre giovamento da questa immersione continua nell’arte di oggi e di ieri, al di sotto della terra che di Franciacorta porta il nome
Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati