L’Amarone è un vino unico nel suo genere. È un vino spartiacque, divide il mondo degli appassionati fra chi lo ama e chi lo critica aspramente, difficilmente lascia indifferenti. È un vino che mediante appassimento concentra al suo interno tutti i caratteri dell’uva dalla quale proviene, ma a volte rischia di dimenticarselo puntando troppo sullo zucchero residuo. È un vino difficile da fare, difficile da degustare ed ancora più difficile da interpretare, da capire. Merita attenzione e studio approfondito ed una massiccia dose di umiltà, che aiuta spesso a sgombrare la mente da inutili preconcetti

 

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L’Anteprima Amarone che si è tenuta a Verona il 26 gennaio è stata l’occasione perfetta per un bulimico del vino come me di accrescere la conoscenza intima, ma anche scientifica, di questo affascinante e difficile prodotto della terra e della sapienza dei vignaioli veneti. L’annata presentata era la 2009, un’annata calda in tutti i mesi, caratterizzata dall’assenza totale di precipitazioni nel mese di maggio, proprio fra germogliamento e fioritura. Il caldo secco dei mesi di luglio ed agosto ha portato ad una vendemmia anticipata (iniziata nella prima decade di settembre) onde evitare di arrivare in cantina con uve troppo mature. Dalla descrizione dell’annata ci si attende grandi concentrazioni, sia aromatiche che zuccherine, probabili basse acidità ed un focus maggiore sulla frutta matura

 

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Quest’anno ho voluto cimentarmi con la degustazione alla cieca che, in un’occasione come questa, ritengo l’unico modo asettico per esprimere un giudizio scevro dall’influenza dell’etichetta. L’anno scorso non ho avuto questa accortezza e, col senno di poi, il ruolo giocato dal fattore visivo (nome del produttore in primis) è stato determinante, anche solo nella scelta dell’ordine di degustazione. Alla cieca ci si fa guidare dai sensi, ed i risultati che ne sono scaturiti sono stati, per quanto mi riguarda, sorprendenti. Partirei però col dire che la 2009 per l’Amarone è stata un’annata estremamente variabile con picchi alti e fosse profonde, ed in mezzo un florilegio di interpretazioni diverse e molto personali. Un millesimo comunque non semplice che difficilmente verrà annoverato fra le annate memorabili

 

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Detto ciò fuori i numeri, perché sotto sotto resto sempre uno scientifico di formazione. Mediamente i vini da bottiglia hanno performato meglio delle prove da botte, anche se fra quelli che, a mio modesto parere, si sono espressi meglio l’equilibrio è assoluto: 4 (da botte) a 4 (da bottiglia) su 58 vini degustati. Alcuni sono risultati difficilmente, se non per nulla, giudicabili salvo poi scoprire che entreranno in commercio fra fine 2014 e 2015. Si apre quindi il primo interrogativo: è effettivamente a tutela dei produttori fare l’anteprima così presto? Oppure chi decide di interpretare il proprio vino in maniera diversa, lasciandogli il tempo di esprimersi appieno ne esce sminuito? La risposta è insita nel grafico sottostante dove si può vedere il voto medio (sempre a mio modesto parere) in funzione della prossimità alla commercializzazione

Grafico

 

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Detto ciò parliamo di cosa mi è piaciuto davvero. La variabilità delle caratteristiche dei vini degustati era assolutamente travolgente, si passava da frutta matura quasi marmellata, rossa e nera principalmente, a nota più soavi e fresche, a note floreali gradevolissime, a speziature intense ed incisive a sentori affumicati, tostati ed a bellissime note erbacee molto presenti in maniera trasversale, ma specialmente al di fuori della zona Classica. Un carosello di profumi estremamente variegato che, di conseguenza, lascia molto più spazio al gusto personale. Un viaggio esperienziale attraverso tutte le valli della Valpolicella, ognuna delle quali reca un proprio timbro, figlio della natura che in esse si esprime

 

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Ma giù la maschera, è giunto il momento di svelarvi gli 8 assaggi che mi hanno più colpito.

Pasqua Vigneti e Cantine, Terre di Cariano (da botte): naso complesso di frutta non troppo matura e note piacevolmente erbacee, bella bocca che non si dimentica dell’acidità e chiude sul cacao. Ineccepibile

Cesari (bottiglia): naso non ancora cheto, fresco, teso, leggermente balsamico, estremamente corretto in bocca, senza sbavature. Fiero

Cav G.B. Bertani, Villa Arvedi (bottiglia): profumi e sapori intensi, colpi di luce verde e rossa di grande equilibrio, alcool molto ben mascherato. Completo

Guerrieri Rizzardi, Calcarole (da botte): grandissima struttura, spezie e note balsamiche in prima linea seguite dalla frutta rossa e dal legno, dolcezza importante, ma gradevole. Pomposo

Cantina Sociale della Valpantena, Torre del Falasco (da botte): un bel frutto maturo contornato da una leggera spezia, legno ancora presente, dolcezza sostenuta, molto persistente. Classico

Cavalchina (bottiglia): quello che, per assurdo, ha dato la maggiore sensazione di giovinezza, grande carattere, un po’ riottoso, ma che non smarrisce l’eleganza, si farà. Giovanotto

Monte Zovo (da botte): bellissima note floreale al naso che si innesta su sentori classici dell’annata, corpo elegante e con una bella componente acido / tannica. Elegante

Salvaterra (bottiglia): naso fresco e corpo dritto, frutti rossi freschi, su tutti lampone, grande piacevolezza. Marpione

 

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In definitiva, vini estremamente diversi fra di loro per carattere e blasone, tutti peculiari a modo loro. Due di questi erano anche risultati fra i miei preferiti dell’anno scorso (ma non vi dico quali) e anche gli altri che erano ai primi posti per la 2008 sono risultati subito dietro a quelli sopra nominati. Conclusione: non ci si improvvisa a fare Amarone, la mano di chi lo fa si sente eccome, il peso del gusto personale è prevalente nel giudicare un vino di questo tipo (ognuno di noi ha la proprio idea di Amarone ideale), è ancora presto per esprimere giudizi definitivi

E poi bisogna assaggiare ancora ed ancora ed ancora…

Il Fede

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Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati