Il Barolo è un vino estremamente umano. Riesce ad esprimere un incredibile ventaglio di impronte diverse nell’arco dei pochi, relativamente, chilometri quadrati che formano la sua zona di produzione. Come le persone il carattere del Barolo è figlio di genetica e ambiente, dove per genetica si intende la zona di produzione e per ambiente le lavorazioni effettuate in vigna e cantina per passare dalla pianta alla bottiglia. Ogni etichetta ha il suo timbro ben definito, che magari si distanzia solo di un soffio da quello del vicino, ma che la qualifica come prodotto unico, figlio della propria terra e delle cure delle persone che lo hanno prodotto

 

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E come per le persone anche col Barolo ci sono delle amicizie a pelle, elettive, e dei rapporti più complicati, delle scontrosità, che non dipendono dalla qualità assoluta del vino, quanto dal feeling che si instaura fra bottiglia e canoni gustativi dell’appassionato. Io ad esempio ho un’affinità naturale per il Barolo di Serralunga, per la tua trama tannica, per la balsamicità che riesce ad esprimere nelle grandi annate, per il suo essere austero, ma non chiuso. Cosi quando ho assaggiato per la prima volta i Barolo di Palladino, realtà profondamente legata al terroir di Serralunga, ho capito subito che saremmo andati molto d’accordo e che la cosa sarebbe finita prima o poi con una bella visita in cantina

 

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All’interno del palazzo storico dov’è alloggiata la cantina Palladino gli spazi sono preziosi e vengono sfruttati con sapienza ed oculatezza. Si respira storia ed attenzione passando di fianco alle grandi botti che ospitano il Barolo in lento affinamento e si ha anche l’opportunità di fare qualche assaggio in anteprima, privilegio di cui mi sento onorato. Così ho avuto l’occasione di percepire le piccole differenze che possono essere impresse al vino dalla modifica di anche una sola variabile. È il caso della Riserva San Bernardo 2010 (atto a divenire) assaggiata sia da botte di solo legno francese, che da botte mista, francese e dalla Slavonia. Il primo (solo francese) è più fresco con un tannino più presente, maggiormente acido e con una nota spiccatamente balsamica. Il secondo (da botte mista) pende più verso la frutta matura, mantenendo però la balsamicità ben in vista, e risultando più equilibrato

 

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Stesso discorso per la riserva 2009, in questo caso i due assaggi provengono il primo da botte grande, mentre il secondo da barrique. Il campione da botte grande rivela le potenzialità di quella che, a mio parere, si rivelerà nel tempo una bellissima annata: tannino ben presente (stiamo pur sempre parlando di Serralunga!) ma ben amalgamato, profumi delicati, con una frutta più sussurrata, e corpo molto ben delineato. La barrique impone invece il suo carattere addolcendo sensibilmente e donando toni di lampone e caramello al naso, una leggera tostatura in bocca e grande setosità al tannino

 

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Si passa quindi agli assaggi dei vini finiti, di quelli che hanno avuto tempo di assestarsi ed adesso possono esprimere appieno il loro potenziale. La prima bottiglia è anche l’unica non a base Nebbiolo della giornata: la Barbera Bricco delle Olive 2008. È un vino agli antipodi dello scontato: malolaticca e 15 mesi di affinamento in tonneau conferiscono complessità ed un curioso gioco fresco / caldo al naso mentre la bocca rivela in maniera sincera il terreno calcareo dove sono coltivate le vigne: sferzate di rocciosità e di gradevole acidità

 

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La mia predilezione per il terroir di Serralunga viene esaltata dalla verticale del Barolo omonimo prodotto in maniera tradizionale da Palladino. Il 2009 è dotato di naso freschissimo, scorza d’arancia rossa estremamente vivida, poi note sanguigne e ferrose, seguite ancora da spezie e susine. La bocca è impegnativa, segnata da un tannino ancora molto giovane ed irruento ma che si ingentilirà con gli anni di bottiglia. Il 2008 è grandioso: naso puramente serralunghino dal bouquet variegato di erbe aromatiche che spazia dal rosmarino all’alloro, poi frutta solo rossa (ciliegia e fragola), bocca di equilibrio quasi archetipico, di eleganza naturale e di esaltante succosità, cui fa seguito una verticalità vertiginosa. Il 2007 è un vino molto pronto, da bere adesso, dotato di un impatto olfattivo prorompente di frutta, ma anche tanti fiori, e di una bocca calda e speziata, quasi orientaleggiante

 

Senza nome

 

Chiude la batteria il Barolo Riserva San Bernardo 2006: 2 anni di botte grande ed un anno di barrique per ottenere questo pregiato nettare. In Langa l’annata è di quelle da tannini che sfrigolano sulle gengive e grandi acidità, un’annata impegnativa che, se ben lavorata, sta regalando delle perle capaci di durare nel tempo senza da esso essere scalfite. Questo Barolo è una di quelle perle, o meglio, è una bellissima ostrica che ancora deve aprirsi per rivelare appieno il fulgore della propria gemma, ma che sta iniziando a schiudere le valve. Naso di nobile rigidità ricalcata anche dai primi descrittori che evoca: roccia, rosmarino e arancia amara, r dure come se piovesse. In bocca il tannino è ancora tanto e fa pensare al velluto grezzo e spesso ma di sopraffina qualità, prima di essere lavorato. Il lavoro degli anni inizia a dare i suoi frutti, infatti la coda tannica si stempera morbidamente nella croccantezza di una fulgida ciliegia e di prugna, per chiudere poi con una spiccata salinità. Persistenza interminabile

 

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È sempre bello conoscere e confrontarsi con persone che hanno tanto da dare, tanta umanità, tanta energia, tanto talento, bravi

Il Fede

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Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati