Come già anticipato nel precedente articolo sul Vinitaly, quest’anno, in occasione della ricca rassegna veronese, ho cercato di anteporre la parola al bicchiere, andando a cercare il pensiero primigeno che ha dato la luce all’idea dei vini prima ancora che ai vini stessi. Per cui ho cercato di rubare almeno una mezz’ora per stand a chi il vino lo fa, lo vive come una sua creatura, che fossero vecchie conoscenze oppure cantine i cui prodotti mi avevano stupito in precedenti occasioni
La cantina Santa Sofia fa parte della seconda categoria. L’ho scoperta in occasione di Anteprima Amarone che si è svolta a fine gennaio sempre a Verona e mi ha colpito per la classe eccezionale del loro Amarone, allo stesso tempo pulito, senza sbavature, e di grande carattere. Ho quindi chiesto un appuntamento per il lunedì di fiera, giornata che speravo meno affollata della domenica, e con grande piacere ho ricevuto risposta affermativa in brevissimo tempo. Nell’ora che con molto garbo ci è stata dedicata dall’enologo, nonché padrone di casa, Giancarlo Begnoni presso lo stand è iniziato un avvincente viaggio nella produzione della cantina che si è concluso come potete vedere qui sotto
Nella mia vita professionale “diurna” ho sempre sostenuto che le aziende le facciano le persone, e questo principio è più che mai valido nel mondo del vino in cui sono le persone che, volenti o nolenti, plasmano il vino a loro immagine e somiglianza. Non si possono capire i vini di Santa Sofia senza aver incontrato il signor Begnoni. Una persona sincera, orgogliosa, ma al contempo umile ed ospitale, un genuino prodotto della sua terra che con grande energia ed ardore prosegue una tradizione di eccellenza iniziata due secoli fa. Vi posso assicurare che tutte queste caratteristiche si ritrovano prossechè immutate nel vino di questa storica cantina della Valpolicella
Non tutti i vini presentano l’insieme delle caratteristiche con la medesima intensità. A cominciare dal Valpolicella Classico, vino in cui predomina la genuinità, il legame diretto con la terra di provenienza. Il breve passaggio in legno grande contribuisce ad ingentilirlo senza snaturarlo, restituendo un vino di grande piacevolezza che si lascia bere con garbo. Nel Ripasso, invece, si iniziano ad intravedere quelle caratteristiche che poi esploderanno nel suo fratello maggiore, l’Amarone, sulle cui vinacce il Ripasso fa appunto un passaggio. Si intuisce il carattere fiero, ma al contempo gentile del principe della Valpolicella i cui tannini non sono mai aggressivi, ma al contrario accarezzano delicatamente il palato
La creatività, la voglia di innovazione e la grande passione dell’enologo si ritrovano invece nei blend unici prodotti dalla Santa Sofia, ed in particolare nell’ultimo nato della cantina, l’Arleo. Un vino composto in maggioranza da Corvina appassita per 60 giorni e per circa il 15% da Cabernet Sauvignon e Merlot, che ha riposato a lungo in legno, per il 2003 stiamo parlando di oltre tre anni, e che ha aspettato un altro anno in bottiglia prima di poter essere proposto al pubblico. Un vino in cui dominano la morbidezza e l’eleganza di una cultura vitivinicola ultresecolare che non ha mai smesso di evolversi e di perseguire l’eccellenza. Un vino affascinante che conquista fin dal primo sorso
Dopo l’Arleo si è manifestata la grande ospitalità del padrone di casa che ci ha invitati alla cena conviviale che si sarebbe tenuta la sera stessa. Invito che è stato accettato con grande piacere. Ed è proprio visitando le cantine trecentesche, dove sono conservate le botti migliori, dell’affascinante villa palladiana che da sempre ospita la cantina Santa Sofia che si riesce ad inserire un tassello in più nella comprensione dei vini qui prodotti. In particolare la natura dell’Amarone ad un tratto diventa più chiara quando ci si trova nei luoghi che per secoli hanno accolto l’affinamento di questo vino. Dopo aver toccato le botti e respirato l’aria che contribuiscono alla nascita del Gioé, l’assaggio di questo vino grandioso assume tutto un altro significato
Si inizia a comprendere un po’ di più che l’eleganza e la finezza che si sperimentano in bocca sono date dalla cura e dalla tradizione di cui il vino si è nutrito per anni. Il corpo pieno e lo spessore derivano dalla ferma volontà di chi il vino lo ha prodotto di non proporre nulla al di sotto dell’eccezionale. Il fascino e la pienezza sono frutto di un retaggio che pesca nei secoli passati, che parla di tradizione, ma anche di innovazione, di amore per il proprio lavoro e di consapevolezza della propria qualità. Un insieme unico e peculiare il cui risultato è un vino eccellente, emozionante
Un bellissimo viaggio nella storia di una cantina grandiosa a cui sono onorato di aver preso parte
Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati