Sono passati alcuni giorni dall’Anteprima dell’Amarone 2008, tenutasi sabato 28 gennaio presso lo storico palazzo della Gran Guardia di Verona, e di questo evento si è già scritto e parlato parecchio. Vorrei quindi approfittarne per fare una riflessione un po’ diversa da quanto già emerso, che partendo dal particolare arriva al generale. Ma prima alcuni cenni di storia sono necessari

La coltura della vite nel territorio dell’attuale Valpolicella era già praticata prima dell’insediamento dei Romani ed il toponimo stesso Valpolicella, comparso per la prima volta a metà del XII secolo, sembrerebbe derivare da polys (molti/e) e cellae (cantine), etimologia che in maniera incontrovertibile lega la storia di questo scampolo di Veneto al vino

Oggi il sistema Valpolicella coinvolge oltre 270 aziende che imbottigliano vini della DOC, con un valore delle bottiglie vendute dai produttori di circa 300 milioni di € per l’anno 2010, come ricordato da Emilio Pedron, il presidente del Consozio per la tutela dei vini Valpolicella. Quale caso meglio di questo potrebbe quindi esemplificare la natura della viticoltura italiana di pregio?

Questo è l’inizio della mia riflessione. I fatti parlano di un grandissimo successo commerciale per l’Amarone costruito grazie ad una forte unità fra produttori, sotto ad un soggetto aggregatore rappresentato dal Consorzio. Un organismo collettivo capace di seguire una direzione comune, con la coscienza di perseguire un obiettivo condiviso che tende all’arricchimento di tutti i soggetti coinvolti nella filiera. E non solo. Perchè dall’indotto del sistema Valpolicella trae vantaggio tutta la sovrastruttura locale che vive di turismo: alberghi, ristoranti e negozi beneficiano in maniera decisiva dei riflettori che la notorietà dell’Amarone riesce ad attrarre sulla propria zona di produzione. Una risonanza che ha assunto carattere globale e che il Consorzio continua a sostenere e proteggere con la sua opera di comunicazione e difesa dei marchi collettivi a livello mondiale. Sull’indotto turistico, inoltre, pone le proprie fondamenta anche la stabilità delle amministrazioni locali le quali, dando prova di grande lungimiranza, ne assecondano e ne facilitano l’opera di promozione

Il punto secondo parte da un assioma fondamentale: in Italia non si produrrà mai vino pregiato in quantità tali da estinguere la sete che di esso hanno i suoi estimatori internazionali. Un panorama variegato composto da enocultori d’Oltreoceano, del nord Europa e degli imperi d’Oriente

 Ma allora non si potrebbe fare un passo più in là? Non sarebbe bello riprodurre la struttura consorziale anche a livello sovralocale creando un ente di tutela che curi gli interessi dei vini di pregio del nostro fecondo Paese a livello globale? Si tratterebbe di una ivy league all’interno della quale verrebbero raccolti tutti i massimi esponenti della cultura vitivinicola italiana, le DOC e DOCG con maggior appeal internazionale. Sarebbe un veicolo straordinario per andare ad erodere quote di mercato estero agli storici rivali della produzione vinicola nostrana ed un canale privilegiato per promuovere il turismo

Ma forse mi sono fatto prendere la mano. Anche se risulta difficile non farsi trasportare dall’emozione quando, assaggiando le novelle creazioni delle realtà di punta dei produttori di Amarone, ci si rende conto che in soli 6.500 ettari ed all’interno della medesima annata possono svilupparsi tanti caratteri diversi nel vino. Ci sono Amaroni prelevati direttamente dalla botte che presentano ancora un contenuto zuccherino elevato, e che necessitano di tempo, altri già in bottiglia che propongono in maniera sprezzante il proprio tannino ancora giovane ed altri ancora che ostentano una morbidezza invidiabile, da vini navigati. Ci sono Amaroni più erbacei, con spiccati sentori balsamici, ed altri più delicati e fruttati,  altri ancora presentano sentori singolari di affumicato

L’impronta caratteristica che ogni singolo areale di coltivazione, esaltato dalla sapiente opera dei vignaioli e degli enologi, riesce a conferire al vino, rendendolo unico e diverso da tutti i propri simili è sorprendente ed intrigante, stuzzica la curiosità oltre che gusto ed olfatto

 Un’annata interessante la 2008, che ha prodotto vini molto diversi fra loro, da monitorare, aspettare, e riscoprire poco per volta, per apprezzare come l’opera del tempo avrà saputo sintonizzarsi con quanto realizzato dalla passione dell’uomo

Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati

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