Quella del servire è un’arte delicata e, purtroppo, padroneggiata sempre più di rado da chi invece dovrebbe esserne maestro. Al giorno d’oggi il verbo stesso servire ha assunto una connotazione negativa implicando un rapporto di subordinazione fra chi serve e chi è servito. Ciò non potrebbe essere più lontano dalla realtà, basti pensare a cosa viene scritto sul servire il prossimo nel Vangelo e quanto in realtà sia chi viene servito ad essere dipendente dal servente e non viceversa. Oggi tutti vogliono diventare chef acclamati e sono sempre meno le “vocazioni” per la sala, condizione che purtroppo sta depauperando i ristoranti grandi e piccoli di quel patrimonio prezioso rappresentato dai maître, sapienti metronomi della sala

 

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Per questo quando capita di pranzare in un ristorante in cui il servizio viene ancora considerato un’arte raffinata, fatta di tempistiche precise e posture mai impostate, di movimenti misurati e grandissima preparazione, la qualità dell’esperienza gastronomica non può che giovarne enormemente. A me è successo di recente da Al Tramezzo in quel di Parma, ristorante storico che vanta una stella Michelin da decenni e che ha costruito la sua fortuna su una corretta combinazione di cucina del territorio e raffinatezza degli ambienti. Ma è proprio il servizio quello che impressiona piacevolmente per la compostezza, l’eleganza e la grande competenza di chi lo esercita, in particolare il maître nonchè proprietario del ristorante Ugo Bortolotti

 

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In cucina invece il timone è saldamente nelle mani dello chef Alberto Rossetti che per l’occasione ha preparato un menu completamente incentrato sul prodotto principe della campagna parmense: il Prosciutto di Parma. E dopo una mattinata passata in mezzo a sconfinate file di prosciutti in stagionatura, storditi dall’ebbrezza dei dolci effluvi che da essi erano emanati, la curiosità e la golosità erano tante per scoprire come sarebbe stato proposto il delicato affettato in tavola. L’antipasto rappresenta una vera e propria partenza del viaggio di degustazione, difatti viene proposto il Prosciutto a lunga stagionatura (38 mesi) in purezza. Il lungo tempo che il nostro ha trascorso nelle fresche e ventilate sale di affinamento gli hanno consentito di concentrare al massimo le proprie componenti gustative, perdendo l’iniziale dolcezza e guadagnandone in complessità e persistenza. Bella sorpresa anche da una novità assoluta per il territorio: l’olio del ducato, ad oggi prodotto in soli 200 litri, ma dalle corrette caratteristiche di sapidità e piccantezza per poter ambire a ben altri traguardi

 

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Nel primo piatto il Prosciutto appare come fondamentale comprimario per comporre una gradevole sinfonia con gli altri ingredienti: riso rosso sgranato saltato ai funghi freschi, Prosciutto di Parma e squacquerone. Il riso rosso, tenuto molto al dente come piace a me, è particolarmente saporito e trova nel Prosciutto la giusta spalla per esaltare tale ricchezza gustativa. La freschezza dello squacquerone stempera l’abbondanza di sapori dei primi due formando un corretto connubio che risulta decisamente gradevole e ben riuscito. In abbinamento, sia col riso che col Prosciutto in antipasto la Malvasia dei Colli di Candia 2011 Callas di Monte delle Vigne, particolarmente indicata per acidità e brio specialmente in abbinamento al sapido prodotto dell’arte norcina

 

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La portata principale è la celebrazione di un’altra eccellenza del territorio provinciale: il suino nero di Parma. In questo caso ne viene proposto il filetto tenero, arrotolato e racchiudente saporite fette di Prosciutto, il tutto glassato al tartufo nero locale. La girandola di sapori, perfettamente armonica, è di grande ricchezza e il Prosciutto in questo caso ne risulta un filo coperto, agendo come il basso in un complesso rock, si fa fatica ad avvertirne la presenza, ma la sua assenza renderebbe l’insieme incompleto. La carne è di una morbidezza lussuriosa denotando una sapienza nella scelta e nella lavorazione della materia davvero sopraffina. In abbinamento il Rosso Piceno Morellone 2006 dell’azienda Le Caniette: classico blend di Montepulciano e Sangiovese per questo vino maturo al punto giusto che ha completamente assorbito l’apporto della barrique e si presenta morbido e suadente, perfetto per il taglio pregiato del maiale

 

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Il dessert è, di nome e di fatto, un Omaggio a Parma: semifreddo al miele con polline, violette e Prosciutto di Parma caramellato. Una morbida cupola, costruzione che ritorna dopo il risotto denotando una predilezione dello chef per tale forma che si traduce in sapori soffici e delicati, di giusta dolcezza e grande equilibrio gustativo che, ci tiene a sottolineare Rossetti, apporta le stesse calorie di una mela e mezzo. La sapida croccantezza del Prosciutto caramellato dona quella sferzata papillare che rende il dolce unico e memorabile

 

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Chiusura di gran classe con l’espresso della torrefazione Giamaica e un autentico Chartreuse che riconcilia con il mondo esterno. Un viaggio gustativo gradevolissimo, reso ancora più piacevole dal servizio attento e premuroso, chapeau

 

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Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati