Ci sono dei luoghi che trasmettono una sensazione magica. Posti in cui si riesce a percepire fisicamente che c’è qualcosa di diverso, di altro, di superiore. Piccole enclavi che permettono di sfuggire alla routine, al logorio della vita di tutti i giorni, come un sorso di una bevanda tonificante che rinfranca le membra e lo spirito. Salendo lungo la strada che porta a Castel Fragsburg la sensazione è proprio questa. L’ascesa lungo la stretta via che, lasciando alle spalle Merano, si inerpica verso la cima dove è austeramente adagiato il castello riappacifica chi la percorre con la natura circostante, crea una sorta di armonia fra l’ambiente esterno e la persona stessa che penso si possa definire esclusivamente magica

 

 

 

Arrivati in vetta il buio della sera è maliziosamente rischiarato da qualche luce, non troppe per non rompere l’incanto, non troppo poche per non nascondere il castello alla vista. Si varca la soglia della struttura risalente al 1620 e ci si immerge istantaneamente in un plasma di altoatesinità totale. I colori, i profumi, le decorazioni, tutto parla in maniera fiera e chiara di Alto Adige. Prima di sedersi a tavola è d’obbligo un passaggio in terrazza. Sospesa quasi senza peso sopra la vallata dove sonnecchia Merano, da questo punto d’osservazione privilegiato è possibile abbracciare con lo sguardo tutto il circondario. Le vette delle montagne vicine, punteggiate dalle luci rosse delle antenne e rischiarate tenuamente dalla luna, i versanti scoscesi resi neri come la pece dal buio, il fondovalle in cui il pulsare ritmico delle luci sembra quasi il respiro di un gigante sopito, immoto fino al giorno dopo. Magia

 

 

 

Quando ci si siede a tavola si è frastornati da tutto ciò che si è visto e c’è quindi bisogno di conforto. Ecco che interviene lo chef di casa, Luis Haller, che con la sua buona stella (guadagnata fino all’ultimo raggio!) interpreta la cucina di queste zone con grande garbo, delicatezza e perizia. Dopo una piccola selezione di entrée sono le ostriche, cibo onirico per eccellenza, ad aprire la cena. Nature, fritta e gratinata, questa la magnifica tripletta poggiata sul piatto degli antipasti, mentre nel bicchiere si mesce l’ottimo champagne Marguerite Guyot Brut, Pinot Meunier in purezza, che soavemente sussurra all’orecchio versi di poesie della costa bretone. E lo spirito viene quindi preparato ad accogliere le vibrazioni di una cena fuori dal normale

 

 

 

Il salmerino di montagna al vapore di fieno su schiuma d’orzo è un inno dello chef alla propria terra. La cottura del salmerino fa sì che si conservi inalterato il suo delicato sapore che troppo facilmente viene sovrastato da altri aromi e la schiuma di fieno trasmette flash di una vita rurale pacifica ed appagante. Col salmerino si fa la conoscenza anche della cantina che ci accompagnerà per tutta la serata: la Cleto Chiarli. Una realtà in trasferta che abbina al salmerino il rotondo Pignoletto dei Colli Bolognesi 2011 Sit a Montui. Si lascia il lago per passare all’orto ed ai ravioli di zucca su fonduta di formaggio, il trait d’union essendo la ruralità. La zucca è la regina dell’autunno e qui lo chef la celebra in tutta la sua regalità, con grazia. Ad esaltare la femminilità della zucca interviene il Lambrusco “Vecchia Modena” Premium 2011, un sorbara in purezza, col suo colore rosa acceso ed i suoi profumi floreali

 

 

 

 

Adesso è lo chef che va in trasferta, in particolare al mare, con i due piatti seguenti. Il trancio di rombo in crosta di pane con salsa di olive taggaische, così come il branzino su spinaci e burro al Barbera sono il ricordo di una vacanza al mare in Liguria. Il sole scalda, il vento rinfresca, a pranzo un pezzo di focaccia, magari quella di Recco al formaggio, mentre alla sera ristorante di pesce. Questa è l’immagine trasmessa dai due piatti di pesce d’acqua salata preparati da Luis Haller con una maestria che non ti aspetteresti a queste quote. In abbinamento due vini altrettanto evocativi: il Lambrusco del Fondatore 2011 e la Barbera 2011. In particolare il primo, altro sorbara in purezza frutto di fermentazione in bottiglia, riesce a comunicare immagini precise. Scene di vita contadina, si sincerità, di amicizia e di bei momenti passati in compagnia

 

 

 

Si chiude con un trionfo di nocciola che, per quanto freddo, scalda il cuore. Profumi di bosco quando è autunno e quella dolcezza lieve, pudica, che non stanca mai. Negli occhi rimangono impresse le immagini della serata, fotogrammi di una pellicola inceppata, mentre si ridiscende verso Merano, promettendosi di tornare di nuovo

Il Fede

Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati