Le cose viste dall’alto acquistano sempre una luce diversa, particolare. Si riesce ad avere una visione d’insieme che raramente si ha da altre posizioni. Faedo dà proprio questa impressione: dall’alto del monte di Faedo si riesce ad abbracciare l’intera Piana Rotaliana e ci si rende conto delle sue effettive, contenute, dimensioni. Si vedono le vette dei monti circostanti tesi a graffiare il cielo con le loro cime innevate, se ne apprezza la maestosità. Si percepisce un senso di pace, di serenità, dato dal fatto di essere in alto, sopra le cose, quasi che l’ascesa altimetrica corrispondesse ad un distaccamento dalle preoccupazioni, che rimangono vincolate a fondo valle

 

 

Non vi parlerò dei vini di quella stupenda realtà che è la Pojer e Sandri, non sono la persona adatta e comunque ne darei solo una descrizione sommaria. Preferisco invece parlarvi dell’incontro con una delle menti di questo straordinario progetto, Mario Pojer, e delle sensazione che ciò suscita. La prima, più diretta, è un senso di familiarità, non ci sono barriere comunicative, dopo 2 minuti che si parla con Mario si ha quella piacevole sensazione di parlare con un amico, senza peli sulla lingua, sincero, con cui puoi discutere di tutto. Quasi un senso di calore, anche nel freddo che alla sera qui diventa pungente

 

 

 

Man mano che passa il tempo iniziano a farsi spazio altre sensazioni: innanzitutto ammirazione per la bellezza e la completezza del progetto che caparbiamente sono riusciti a mettere in piede partendo dai primi due ettari ereditati da Fiorentino Sandri. Poi stupore quando si inizia ad addentrarsi nei meandri della cantina, quando si può toccare con mano il frutto della ricerca applicata alla produzione del vino che viene impiegata in questo luogo, quando si percepisce quanto desiderio di fare meglio si manifesti in questa cantina. Si riscopre un po’ quella sana capacità di stupefarsi che hanno i bambini e che i grandi troppo spesso perdono

 

 

 

Proseguendo nel cammino che ripercorre idealmente quello dell’uva che sta diventando vino, subentra la consapevolezza di trovarsi di fronte ad un progetto grandioso. Ad un connubio di conoscenza del territorio e dell’uva che ne viene prodotta, di amore per il proprio lavoro, di tensione al miglioramento e di innovazione tecnologica. Si diventa consapevoli di trovarsi nella pancia di una balena fatta di rigorosa ricerca scientifica e puro estro creativo, di cervello fine, di cuore grande e di mani sapienti. Ma anche di occhi emozionati e di voci che sanno trasmettere la propria passione

 

 

 

Infine, quando ci si sta avvicinando alla sala di degustazione, quando si passa la linea di imbottigliamento, la zona di stoccaggio delle bottiglie, arriva l’aspettativa. Perché dopo un percorso del genere il cervello sta lavorando all’impazzata, cercando di tradurre tutto ciò che ha immagazzinato nel corso della visita in probabili sensazioni gusto olfattive, in colori, profumi, sentori, emozioni. Quando si dischiude la porta, si appoggiano i bicchieri al tavolo, si prende il taccuino e si sta per stappare la prima bottiglie si giunge all’acme della curiosità, incontenibile

 

 

 

Ma da questo punto in poi non posso più accompagnarvi, temo che dovrete passare in cantina per scoprire come va a finire la storia

 

Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati

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