La Franciacorta è terra di grandi bolle nostrane. L’influsso dell’aria che scende dal lago d’Iseo, le particolari condizioni climatiche che alternano periodi di generose precipitazioni ad altri di sole caldo e asciutto e la natura del terreno, la rendono una zona particolarmente vocata a produrre spumanti di spessore. La denominazione è sufficientemente vasta da consentire interpretazioni fra loro molto diverse per composizione, timbro, struttura e finezza. A seconda dell’areale di produzione, ma anche della mano del produttore si possono ottenere Franciacorta molto diversi fra di loro e che incontrino il gusto di un pubblico quanto mai vasto

 

 

 

La Franciacorta è anche terra amica, che colpevolmente non avevo ancora visitato, quindi un grigio weekend di ottobre ho deciso di approfittarne per andare a trovare qualche cantina la cui visita rimandavo ormai da troppo tempo. Il Mosnel è una di queste. Mi ha conquistato con l’eleganza dei suoi prodotti, in particolar modo dei millesimati, in occasione di svariate fiere ed ecco che finalmente sono riuscito ad andare a vedere da dove essi hanno origine. La cantina è intrisa di storia in ogni suo angolo, il nucleo originale risale al cinquecento e la famiglia Barboglio ne entrò in possesso nel 1836. Per una terra troppo spesso tacciata di essere la parvenue della produzione spumantistica italiana, direi che le radici storiche de Il Mosnel sono profonde e solide

 

 

 

Ad oggi dai 40 ettari della tenuta vengono prodotte circa 250mila bottiglia. Una produzione esigua rispetto alla superficie, dovuta alla scelta operata dalla proprietà di imbottigliare solo il risultato della Ia e IIa spremitura (quindi non più del 60% in massa). Fin dall’operazione della spremitura e lungo tutto il ciclo di vita che porta alla bottiglia, il principio guida che si segue è quello dell’eleganza. Fermentazione eseguita spesso in legno, lunghe soste sui lieviti e vinificazione separata dei differenti varietali sono tutte pratiche che vanno in questa direzione. E il risultato lo si sente poi nel bicchiere a partire dal Pas Dosé, uno spumante che non può nascondersi dietro il dosaggio e che quindi espone in maniera discinta il carattere della propria uva di provenienza, principalmente Chardonnay. Il legno annuncia la sua presenza al naso, ma essa è ben amalgamata a sentori di frutta verde e fiori bianchi, ed in bocca una morbida secchezza rivela la sua natura non dosata

 

 

 

Si passa quindi a due delle etichette più rappresentative della cantina: il Satèn ed il Parosé. Il primo (in questo caso un 2008), ultimo nato nella denominazione Franciacorta, è uno Chardonany in purezza che sosta almeno 30 mesi sui lieviti. Anche in questo caso il legno al naso marca il territorio, ma anche in questo caso esso è ben sostenuto, specialmente da sentori intensi di fiori bianchi. In bocca la caratteristica bolla morbida e cremosa conferisce un senso di eleganza e rotondità, che permane a lungo, un Franciacorta aristocratico. Il Parosé è stata l’etichetta che mi ha fatto innamorare di questa cantina. Rosé ottenuto da Pinot nero in prevalenza (70%) e saldo di Chardonnay, il millesmo 2007 ha un naso accattivante, fatto di piccoli frutti rossi maturi e di un legno molto più timido dei precedenti. In bocca si esprimono molto bene sia l’acidità che la sapidità qualificando il Parosé come un vino estremamente abbinabile

 

 

 

Si arriva quindi al QdE, il Questione di Etichetta. Una riserva pas dosé che sosta come minimo 60 mesi sui lieviti e che viene prodotta esclusivamente in annate eccezionali. La novità dell’anno è il millesimo 2006, in commercio da pochissimo, composto da parti eguali (40%) di Pinot bianco e Chardonnay e saldo (20%) di Pinot nero. Il naso, che rivela la sua giovane età, è completamente diverso da tutti i suoi fratelli e parla di frutta gialla, principalmente pesca, e di pane. In bocca conferma le sensazioni olfattive, arricchendole con il legno e la frutta secca. Un radioso percorso di invecchiamento lo aspetta nei prossimi anni. Si chiude col millesimo 2004, sboccato nel 2010. La prevalenza dello Chardonnay (65%) si fa sentire al naso, con sentori tipicamente di frutta tropicale matura. Il legno è completamente amalgamato e l’acidità è piacevolmente sostenuta anche a due anni dalla sboccatura. Veramente un grande vino

 

 

Una realtà franciacortina fatta di belle persone e vini di grande carattere, da visitare

 

Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati