La Franciacorta ha con Milano un legame particolare. Il capoluogo meneghino rappresenta sicuramente il primo mercato in Italia per lo spumante bresciano, ma non è solo questo. Secondo me il perlage dei Franciacorta, così fine e persistente, ricorda molto la spumeggiante intraprendenza di una certa Milano, una città sempre in movimento ed attiva, frizzante ed eclettica. E proprio questa similitudine, a mio parere, fa sì che i milanesi apprezzino così sinceramente lo spumante franciacortino

 

 

I mesi di settembre ed ottobre sono un periodo di grande fermento comunicativo per la Franciacorta. A partire dal Festival Franciacorta in cantina iniziano due settimane dense di eventi itineranti volti a promuovere l’eccellenza vinicola delle terre a sud del Sebino che si chiudono con una bellissima serata a Milano. La cornice che ha acolto l’evento anche quest’anno, i Chiostri del museo della Scienza e della Tecnica, è particolarmente suggestiva: un piccolo riquadro di pace in una Milano altrimenti frenetica, che dà la possibilità di assaporare appieno le bontà vinicole presentate

 

 

 

Un evento piacevole e raccolto che permette agli appassionati di ritrovare vecchie conoscenze, rinfocolare passioni enoiche e scoprire nuove etichette. Una serata dedicata appieno all’esplorazione della produzione spumantistica della Franciacorta. Un viaggio attraverso le differenti sfumature che questo vino assume a seconda delle microzone di produzione, dei periodi di sosta sui lieviti, del dosaggio o meno del liqueur e dell’equilibrio fra uvaggi, esclusivamente Chardonnay, Pinot nero e Pinot bianco, che i produttori hanno selezionato come ottimali

 

 

 

 

Ecco allora che il viaggio parte dal Brut base, di cui tutte le cantine avevano in degustazione un’etichetta al fine di concedere un canone di giudizio uniforme ai presenti. Già da questa espressione maggiormente semplice del territorio era possibile apprezzare i differenti approcci adottati dai produttori. Discorso diverso invece per i Pas Dosé, più naturali, diretti, senza aggiunta di zuccheri, vini che non nascondono la loro natura, quindi a volta più difficili da comprendere dei fratelli dosati. Ma è proprio assaggiando i Pas Dosé che si riesce a capire meglio la qualità dell’uva di partenza, l’attenzione che è stata posta in tutte le fasi di produzione. Sono i Pas Dosé che fanno spiccare dal gruppo gli outsider

 

 

Si passa quindi al Satèn, campione di finezza della Franciacorta. Un blanc de blancs, in quanto può essere prodotto solo con uve Chardonnay in prevalenza e Pinot bianco, che ha nel perlage fine e delicato e nella morbidezza in bocca i propri tratti distintivi. Morbidezza data dalla pressione di imbottigliamento, che deve essere inferiore alle 5 atmosfere, più bassa delle altre tipologie di Franciacorta. Si arriva infine alla mia categoria preferita, il Rosé. Sarà che il Pinot nero mi ha sempre affascinato, sarà che i profumi generalmente più fruttati ed avvolgenti dei Rosé mi conquistano, ma questa è stata in generale la mia tipologia preferita, con qualche conferma ed alcune belle scoperte

 

 

 

 

Un evento interessante e stimolante che fornisce un bello spaccato della produzione enologica franciacortina

Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati