L’Italia è un incredibile mosaico di prelibatezza gastronomiche. Un prezioso scrigno di bontà che racchiude fra le sue morbide colline, impervie montagne e placide pianure una ricchezza ineguagliabile e inimitabile composta dai prodotti della nostra tradizione culinaria. Pietre miliari che hanno costellato nei secoli i libri di cucina, impreziosendo di seducenti profumi le tavole di milioni di italiani e facendo bella mostra di sé nei menu dei migliori ristoranti del globo terracqueo. Alcune di queste bontà sono rare e difficili da trovare, tesori per veri intenditori che non temono l’ardua ricerca ben sapendo il premio che li aspetta. Altre invece sono universalmente riconosciute come eccellenze assolute e sono entrate nella prassi di tutti i giorni, non per questo perdendo il loro smalto, ma anzi guadagnandone in prestigio e riconoscibilità

 

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Così è stato per il Prosciutto di Parma, saporoso frutto della sapiente arte della lavorazione del maiale che da cinquant’anni esatti è protetto da un Consorzio il cui precipuo scopo è di tutelarne la genuinità, la qualità e il marchio nel mondo. Proprio per la sua familiarità si tende spesso a dare questo soave prodotto per scontato, quando invece alla sua base c’è un mondo ramificato fatto di cultura ed esperienza, passione e dedizione, territorio e persone. Penso quindi che sia il caso di ripercorrere il processo produttivo che porta, alla fine di una sapiente stagionatura, al prodotto finito, il Prosciutto di Parma DOP (marchio conferito dalla Comunità Europea nel 1996). Quello che, ad esempio, pochi sanno è che il passaggio chiave perché un Prosciutto possa essere riconosciuto di Parma è proprio quello della stagionatura, insieme alle restanti fasi di lavorazione, che deve essere effettuata in un piccolo areale che “comprende il territorio della provincia di Parma posto a sud della via Emilia a distanza di almeno 5 Km da questa, fino a un’altitudine di m. 900, delimitato a est dal fiume Enza e a ovest dal torrente Stirone”

 

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L’allevamento dei maiali può essere invece effettuato in 11 regioni italiane (per la precisione Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Abruzzo, Umbria, Lazio e Molise) esattamente come per il San Daniele. Quindi, per dirimere un’attualissima questione: tutti i prosciutti certificati dal Consorzio e ai quali viene conferito il marchio DOP sono allevati in Italia, su questo non c’è alcun margine d’errore. Ma come si diceva prima è la fase della lavorazione che contribuisce a distinguere questo pregiato prodotto dalla pletora di altri insaccati. È la posizione unica della zona di produzione che permette a semplici cosce di suino di acquisire quella sapida dolcezza che è il marchio di fabbrica del Prosciutto di Parma. Nella zona di produzione, difatti, le correnti di aria fresca e salata proveniente dal mar ligure si incanalano, una volta passati gli Appennini, nelle verdi valli fluviali di questa placida zona d’Italia. Il Ceno, il Taro, l’Enza, il Baganza, instancabili lavoratori che nel corso dei secoli hanno modellato queste terre, convogliano la fresca acqua collinare verso il grande fiume Eridano e garantiscono all’aria di mare un passaggio privilegiato verso il caloroso centro dell’Emilia

 

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Quindi aria ed acqua sono due dei principali ingredienti che contribuiscono a plasmare l’oro rosso di Parma che viene completato esclusivamente dal sale. Che pare quasi chiudere un cerchio, difatti il sale è la perfetta unione di acqua, terra e umanità scalpitante. Il sale arriva dal mare, preserva la terra e le persone che vi abitano (ma attenzione che “Se il sale perde il suo sapore … non serve più a nulla se non a essere gettato fuori perché sia calpestato dagli uomini”) e, se inculcato nelle zucche corrette, aiuta a creare grandi cose. E proprio il sale è il primo ed unico ingrediente esterno (la sugna è sempre frutto del maiale) che entra in contatto con le cosce di maiale quando arrivano in stabilimento. Dopo un necessario periodo di stabilizzazione e raffreddamento, difatti, si procede alla salagione che è operata con sale umido sulla cotenna per evitare che si indurisca troppo in fretta e con sale asciutto sulla carne per facilitarne il processo di essicazione

 

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Le due salature si protraggono per un periodo indicativo di tre settimane ed iniziano a preparare quelle che prima erano semplici arti posteriori di suino italiano al grande compito che li attende: quello di veicolare il nome di un’eccellenza tutta emiliana in giro per il mondo. A questo punto inizia a subentrare in maniera più corposa l’apporto della sapienza umana, difatti dopo una fase di riposo si passa alla toelettatura che permette ai prosciutti in potenza di presentarsi in maniera visivamente più armonica e completa, raffinando il lavoro al coltello sbozzato inizialmente.  Ora gli aspiranti prosciutti hanno acquisito la loro forma definitiva e devono solo pazientare un po’ tempo seguendo una particolare dieta fatta di umidità controllata e moti convettivi e passanti di aria calda e fredda per conseguire la linea perfetta

 

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Moderne stanze di stagionatura ospitano migliaia di prosciutti accogliendoli calorosamente e mettendo in pratica antichi accorgimenti tramandati di generazione in generazione, come il posizionamento di sbieco delle finestre da una parete all’altra in modo che l’aria fresca e salmastra proveniente dal mare li irrori tutti abbondantemente e uniformemente. È in queste sale quasi materne che il naso inizia a percepire i profumi tipici del Prosciutto di Parma, mentre nelle precedenti fasi si sono alternati sentori più ferini di carne, col procedere della stagionatura del prosciutto subentrano profumi più lievi e dolci, che vanno dalla nocciola alla mandorla fine ad un lieve sentore di frutta. Ed è qui che l’esperienza delle persone che lavorano in questo affascinante mondo entra in gioco appieno, perché è solo con l’esperienza che si capisce quando un prosciutto è pronto per essere commercializzato, quando raggiunge il corretto grado di maturazione in funzione del delicato equilibrio grasso / magro

 

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Ed è tanta l’esperienza che devono avere gli ispettori del Consorzio per procedere, passati almeno 12 mesi di stagionatura, alla verifica delle qualità organolettiche dei prosciutti tramite sondaggi eseguiti con lo spillo. Solo quelli che dopo essere passati attraverso lunghi mesi di lavorazione saranno anche in grado di trasmettere le giuste sensazioni potranno ricevere l’onore del marchio del Consorzio e diventare a tutti gli effetti dei Prosciutti di Parma DOP. Probabilmente la fase più spettacolare di tutto il processo produttivo, la marchiatura a fuoco è il sigillo definitivo della qualità eccellente del Prosciutto che potrà quindi viaggiare per il mondo tronfio della sua bontà

 

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A questo punto non rimane che assaggiarlo con un pezzo di pane, oppure a tavola lavorato sapientemente dalle mani di un cuoco dotato di estro e talento, ma questa è un’altra storia

(Si ringrazia di cuore il Prosciuttificio San Giacomo di Sala Baganza per la calorosa accoglienza e la paziente spiegazione e Claudio Leporati, responsabile marketing Italia del Consorzio per la sapiente e dettagliata illustrazione delle fasi di maturazione del Prosciutto)

 

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Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati