Correre è come respirare. Non credete mai a questa frase mai, mai e poi mai. Correre è fatica, dolore ed indolenzimento, è uno stato mentale che diventa reale, è la voglia di muoversi che si scontra contro le potenzialità fisiche del proprio corpo. Respirare è di contro naturale, automatico, non ci costa nulla e possiamo dimenticarci di farlo. Correre è molto diverso. Almeno per me, che forse non diventerò mai una runner 2.0, ma che da qualche parte, come si suol dire, ho iniziato

 

Ho corso tre volte questa settimana. Non so se sono tante oppure poche, ma sono tre. Avevo in un cassetto dell’armadio tutto il materiale tecnico e non per la corsa, già da svariati mesi. Durante la giornata di lavoro per un noto brand sportivo aveva avuto modo di parlare con un podologo che mi aveva spiegato quali problemi di appoggio aveva il mio piede, facendomi luce sul motivo per il quale, dopo una camminata veloce di un quarto d’ora, sentivo male al ginocchio. Lo ha risolto semplicemente facendomi camminare su un tapis roulant: prima lentamente poi velocemente. Ha registrato il tutto e me l’ha fatto vedere. Abbiamo ragionato insieme, trovato il modello di scarpa adatto a me e magicamente il gioco è diventato facile, semplice, come camminare. Pantaloncini e maglietta si sono andati ad abbinare con una zainetto leggerissimo proveniente direttamente dall’armadio di mio papà degli anni ’80. In mano il telefono con l’auricolare, la musica che scorre lenta a tratti e velocissima per altri ad accompagnarmi, lo smalto rosso sulle dita delle mani e la voglia di provare qualche cosa di nuovo. Questi sono stati gli ingredienti che mi hanno martellato nel cervello per settimane e settimane non riuscendo però mai a trovare uno sfogo concreto in una giornata che prendesse forma.

Poi è arrivato un martedì, uno di quegli anonimi, dell’inizio di agosto. Il mio compleanno è passato da sole ventiquattr’ore e già dentro di me una molla si fa sentire, e quella delle scarpette chiuse nella scarpiera che mi aspettano immacolate da più di quattro mesi. Proviamoci, mi dico ed in un battere di ciglia, subito dopo il lavoro, ecco che mi chiudo alle spalle la porta di casa, faccio iniziare la musica ed avvio l’applicazione sul telefono che tanti amici runner 2.0 mi avevano consigliato.

Da casa mia al parco più vicino c’è esattamente 1 km. Che può sembrare poco oppure tanto, ma è la distanza che mi separa dall’infilare il mio corpo nel verde, in quel ritaglio di natura milanese che sembrava lì ad aspettarmi da più di 10 anni. Percorro con una leggera corsa questa distanza e piano piano mi rendo conto di quanti dettagli, negozi e portoni non mi ero mai accorta, nonostante in macchina abbia percorso questa strada milioni di volte. Arrivo al parco che sono già provata, lo ammetto. Scopro con profonda sorpresa che il parchetto è leggermente in salita e il mio ginocchio anzi entrambe le ginocchia non attendono molto per farmelo percepire nel loro modo unico e decisamente impossibile da non ascoltare. Non ho un obiettivo, non sono uscita da casa pensando che sarei riuscita a fare molto, d’altronde il mio passato atletico risale ormai a molto tempo fa e la corsa sul tapis roulant della palestra non ha nulla che fare con quello che mi trovo ad affrontare oggi. Mi ritrovo morente e boccheggiante, il mio viso ha acquisito la stessa gradazione cromatica del mio smalto rosso fuoco, il respiro si fa affannoso ed il corpo fa fatica. Se non fossi uscita da casa insieme ad una persona che mi ha accompagnato e spronato realmente non sarei riuscita ad ottenere il piccolo grande risultato che mi è comparso sul display tornando a casa. Un piccolo inizio, un piccolo grande inizio.

CORSA LAURA 1

La settimana scorre rapida, fin troppo. Si succedono mille cose, fra il primo lavoro ed il secondo lavoro, fra gli impegni, gli appuntamenti, le questioni personali. È una settimana complessa, complicata, arrivo a venerdì come stroncata dalla fatica, dal caldo, dallo svegliarmi presto la mattina, dalla metropolitana affollata che passa ogni 15 minuti. Milano si svuota, i negozi si apprestano a chiudere e la depressione estiva inizia a farsi sentire, anche se contrastata con gelato al cioccolato e stracciatella, i messaggi pieni di affetto su whatsup e le uscite con le poche amiche rimaste in città che da oggi, venerdì, non saranno più qui a tenermi per mano. Partono tutti, il bollino rosso delle autostrade è già stato annunciato dalla televisione qualche giorno fa. Esco dall’ufficio puntuale e dopo una breve sosta a casa parto per il supermercato per la spesa della sopravvivenza di un weekend che si preannuncia solitario e silenzioso. Torno a casa: è ancora presto per cenare, è presto per chiudere la giornata davanti al pc, è presto per prepararsi per uscire per un aperitivo. È il momento ideale per uscire a correre. E così, da sola, nella solitudine più estrema, affrontano la Milano deserta di un venerdì che sta per diventare sera. La luce è diversa, differente da quella a cui sono abituata. Arrivo al parco e sento che il mio corpo carbura meglio, come se avesse capito che alla fine vinco sempre io. Corro, mi creo un percorso, scopro che ci sono delle piccole fontanelle d’acqua lungo la strada e penso che alla fine mi salveranno. Fa caldo, molto. Forse, come dice qualcuno su Facebook, sbaglio gli orari. In compenso ho trovato la pettinatura perfetta e finalmente i capelli non mi danno più noia mentre mi concentro passo dopo passo verso il parco. Ripenso alle parole che mi sono state scritte su Facebook martedì sera, quando ho condiviso con la rete il mio piccolo grande inizio. Penso alle persone che hanno fatto della corsa una loro ragione di vita, uno stimolo a stare meglio, a vivere in maniera più sana la vita stessa. Penso dello sport che, qualunque esso sia, ti scuote dentro. E lo dico dopo anni di agonismo, di adrenalina, di corse contro il cronometro, di lucidità, di capacità intrinseca di chiudere dentro di noi la parte più emotiva del nostro essere per rimanere concentrati su qualcosa che non è naturale fare. L’ultimo chilometro lo faccio camminando, praticamente mi trascino a casa ma mentre percorro l’ultima distanza che mi separa dal portone mi rendo conto che sto facendo finalmente qualcosa solo per me stessa, solo per stare meglio e questa sensazione mi picchia forte in testa come se davvero il pensiero attraversasse tutto il mio corpo fino al cuore.

CORSA LAURA 2

Il weekend è stato difficile, molto più di quello che m’immaginavo. Pensavo di dover affrontare una tre giorni di solitudine, di cose non dette, di uscite mancate, di pranzi senza sapore e di chiacchiere solo mentali e mi sono magicamente trovata ad affrontare molto di più, forse molto di più di quello che ero pronta ad affrontare, ma purtroppo, o per fortuna, la vita è proprio questo: è la capacità di metterci davanti sempre a nuove sfide, nuovi traguardi da raggiungere, nuovi limiti da superare. E ho pianto, tanto, tantissimo, troppo. Ho pianto di quelle lacrime che si portano via tutte le tue energie, la voglia di fare, di combattere. Ti lasciano spossata, quasi inerme. Ma tutto serve, dicono. La vita purtroppo è proprio anche questo. La notte di sabato la passo sveglia, crollando poi verso le 5.30 del mattino, quando la pioggia sveglia una Milano assonnata e mi culla in un sonno quasi profondo. Apro gli occhi alle nove, mi sembra di non aver dormito nulla.  Ho gli occhi che mi fanno male e reagiscono socchiudendosi alla luce. Tre biscotti, mezzo bicchiere d’acqua e sento che l’unica cosa da fare è indossare calzini e scarpette e correre fuori. Alle 9.10 sono già pronta. Un bel respiro, schiaccio Play, faccia partire la musica e mi chiudo la porta alle spalle. È la terza corsa della settimana, quella che non avevo nemmeno ipotizzato di fare. È la terza volta che sfido me stessa, che prendo il mio corpo e lo obbligo a dare retta alla testa, abbandonando il divano e la sua comodità. È la terza volta e so che non riuscirò a raggiungere nessuno dei due risultati conseguiti prima: il corpo e la testa sono troppo stanchi ma l’importante è non mollare, non lasciare che la tristezza distrugga tutto. Corro, mi viene da piangere. Corro, trattengo le lacrime, alzo il volume e cerco di concentrarmi su quello che sto facendo. I muscoli delle gambe mi danno noia, il sole però compensa tutto e mi riscalda la schiena.

 

CORSA LAURA 3

 

Non bisogna mollare mai, non bisogna cedere. Piangere, essere fragili, mostrare la nostra parte più vulnerabile è umano, ma non possiamo farlo sempre, non possiamo mettere noi stessi nelle mani di qualcun altro, dobbiamo essere noi autori di una vita che portiamo avanti.

Questo post si è scritto da solo, come se avessi semplicemente lasciato fluire fuori pensieri randomici mescolati ad emozioni e stati d’animo. Sono una roccia, me lo dicono sempre. Inizio a crederci, inizio a pensare che posso davvero riuscire in tutto nella vita, senza peccare di egocentrismo, semplicemente perché so che quando tocco il fondo lo faccio con la punta delle dita dei piedi pronte a prendere il rimbalzo e a spingermi più in alto rispetto a dove ero prima. E oggi è stato così, grazie alla corsa, grazie a quella sensazione di libertà e di potenza che solo mettere un piede davanti all’altro velocemente riescono a dare al cervello.

 

ALTRI EPISODI

Correre: la testa comanda tutto | La vita da (potenziale) runner 2.0 – ep. 2

Correre: il primo giro di boa | La vita da (potenziale) runner 2.0 – ep. 3

Correre: se molli sei fottuto| La vita da (potenziale) runner 2.0 – ep. 4

 

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Jakob Schubert

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A proposito dell'autore

Ingegnere? Pusher of Enthusiasm Consulente Digitale. Prof Universitaria Fondatrice di TheOldNow.it beauty. book. family. podcast. travel.

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2 Risposte

  1. lagonzi

    Sto pensando di andare a correre da settimane. Forse leggendo questo tuo post ho trovato la chiave. Grazie