Si avvicina l’8 marzo cari uomini, e con lui il rischio che le nostre fanciulle si lascino trascinare dalle amiche zitel… ops, single, verso improbabili locali dove aitanti giovani mettono in mostra six-pack illegali e pettorali da EXPO 2015, laddove noi possiamo solo accarezzare con fare dimesso e incontenibile mestizia la nostra cara, vecchia tartaruga rovesciata.

Come fare dunque per impedire che la nostra lei ci lasci soli e vada a fare inevitabili quanto insindacabilmente perdenti confronti? Come farci guardare con occhi a cuore e indirizzare la serata verso un dopo cena dai risvolti peccaminosi?

Rimbocchiamoci le maniche, facciamo training guardando una foto di Chef Cracco (che è anche figo senza avere gli addominali, evvai!!) e via, in cucina!

Il nostro piatto sarà un risotto – morbido, cremoso e sensuale, adattissimo ai nostri loschi scopi – al Castelmagno, pregiato formaggio piemontese di latte vaccino, stagionato e a pasta semi dura, nelle sue versioni più giovani – cioè quelle che andremo a utilizzare – dal sapore delicato e perfetto per il modo in cui lo utilizzeremo.

Gli ingredienti:

-160 gr di riso scrupolosamente Carnaroli (oppure andate a pugni, due a testa più uno per la pentola)

-brodo vegetale (se fate il brodo di dado smetto subito e me ne vado: acqua, sale e la SS Trinità, sedano carota e cipolla!! Mi raccomando!)

-20/30 gr di nocciole del Piemonte spellate

-cipolla (ma se vuoi fare il figo, sempre per ispirarci a Mahatma Cracco, usa lo scalogno)

-vino bianco, meglio un Arneis che poi risulta ottimo anche in abbinamento

-Castelmagno naturalmente, grattugiato in dose generosa e a scaglie per guarnire

-olio, una noce di burro, sale e pepe quanto basta

Pronti? Tritiamo lo scalogno finemente e facciamolo appassire con l’olio a fuoco molto basso, diciamo tra i 5 e i 10 minuti; in questa fase la cottura è molto dolce – un gioco di sguardi ancora non viziato dal toccarsi –  quindi alziamo la fiamma e versiamo il riso: è il momento della tostatura, dobbiamo mescolare di continuo per non farlo attaccare.

Ora via con il  vino per sfumare – gli sguardi si fanno insistenti e penetranti, forieri di promesse voluttuose – e quando sarà completamente assorbito cominciamo a versare due/tre mestoli di brodo, sempre ben caldo ma non in ebollizione, a coprire il tutto, e continuiamo la cottura aggiungendone quando serve.

Nel frattempo le nostre nocciole: via in forno a 200° per farle diventare croccanti, e occhio a non bruciarle, poi grossolana tritata.

Dopo circa 25 minuti il riso è al dente, ma assaggiamo sempre, anche per capire se è giusto di sale: spegniamo e giù di Castelmagno per mantecare insieme alla noce di burro – sguardo ormai a un nulla dal divenire tocco, morbida onda, accenno di passione –  impiattiamo cospargendo il risotto con la granella di nocciole e le scaglie di formaggio e serviamo alla fanciulla che a questo punto avrà dimenticato l’equivoco locale con i palestrati e sarà pronta per far ballare le papille gustative.

In alternativa all’Arneis di cui sopra, come rosso possiamo osare un Nebbiolo giovane, che non copra il sapore delicato del protagonista del piatto (se ne avete previsto anche una versione più stagionata, che assume delle sfumature quasi da erborinato, da degustare post risotto accompagnata da miele a) siete dei fighi e b) stappate serenamente una bottiglia più strutturata, tipo un bel Barbaresco).

Per il dopo cena peccaminoso, beh vi devo dare la ricetta anche per questo?

Articolo scritto e redatto da Lorenzo Volpi | Tutti i diritti sono riservati 

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