Si fa presto a dire Prosecco. Il successo esplosivo che ha sperimentato questo prodotto negli ultimi decenni sta tuttavia rappresentando anche un suo limite. Ormai ogni vino spumante, che io continuerò a chiamare testardamente bollicine, viene identificato dalla stragrande maggioranza delle persone come Prosecco, in maniera indipendente dalla provenienza geografica e dall’uvaggio che lo compone, creando una grande confusione

Per capire la natura profonda del Prosecco, quello vero, che parla veneto e che ha da poco conquistato il diritto alla tutela aggiuntiva della DOCG, bisogna andare a vedere la sua zona di origine, camminare fra le vigne abbarbicate sulle colline di Valdobbiadene. Magari farlo con qualcuno che in queste terre è cresciuto ed ha deciso di rimanerci per perpetuare un ciclo vecchio di generazioni. Magari in una giornata di sole che accende tutto di una luce sfolgorante ed affascinante

In questa zona la tradizione viticola è radicata in profondità e la presenza della scuola enologica di Conegliano aiuta a tramandarla nel tempo, senza mai interrompere la ricerca del miglioramento. Nel cuore del territorio del Prosecco DOCG, per la precisione a Santo Stefano di Valdobbiadene, si trova una cantina che rappresenta al meglio questo connubio fra tradizione e voglia di migliorarsi. Si tratta di Le Colture, azienda agricola attiva fin dal ‘500 e guidata da sempre dalla famiglia Ruggeri. Oggi è Cesare, insieme ai figli Alberto e Veronica a tenere le redini dell’azienda, e di redini si può parlare a ragione in questo caso, essendo i cavalli una grande passione di famiglia

Assaggiando la gamma dei Prosecco DOCG di Le Colture si nota subito un fil rouge che congiunge tutte le etichette. Una decisa sapidità minerale sostenuta da un’acidità importante, ma delicata, ed un equilibrio globale che non lascia la bocca paga, ma anzi invita ammaliante al secondo assaggio. Il tutto completato da un perlage persistente, fine ed accattivante. Dal Brut fino al Dry, passando per il Cartizze e l’Extra Dry, si nota una costante eleganza del vino, simile alla risata spontanea di una bella ragazza, fresca e naturale, senza fronzoli, senza sovrastrutture, bella per quel che appare

Ma è camminando fra le vigne dell’azienda, sparse per tutto il territorio della denominazione, che si comprende un po’ l’anima di questo vino e che si sovvertono tanti luoghi comuni sul Prosecco. Ammirando il paesaggio collinare di questo angolo di Veneto si ritrovano le caratteristiche sensoriali sperimentate in occasione dell’assaggio. L’equilibrio volutamente mantenuto fra vigna e bosco, la delicatezza dei filari gentilmente appoggiati a girapoggio sui versanti collinari, la sapidità della terra di origine marina e l’esuberanza di un vitigno, il Glera, che a stento riesce a contenere la sua carica vegetativa, esplodendo in un florilegio di tralci e pampini che non celano l’abbondanza di grappoli in fasce

La pendenza importante dei versanti maggiormente vocati alla viticoltura impone la completa lavorazione manuale. Una lavorazione impegnativa a causa della vitalità del Glera, difficile a causa della ripidezza delle pareti, che obbliga a lavorare maggiormente a contatto con la vigna. Inoltrandosi in mezzo ai vigneti, capendo quanto lavoro c’è dietro una bottiglia di Prosecco DOCG, tutto acquista una caparbia dignità che merita di essere riconosciuta

Una bella azienda di lunga tradizione, in un gran bel posto, che produce ottimi vini, vi serve sapere altro per saltare in macchina?

Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati