Finalemente sbarca a Milano un grande evento integrato di enogastronomia: il Milano Food&Wine Festival che vede la luce con l’edizione 2012 e che si spera possa prosperare ancora per molti anni in una città assetata di buon cibo ed affamata di ottimo vino. La rassegna nasce dal connubio di due eventi rodati e rinomati, di due eccellenze tutte italiane, di due persone: Identità Golose ed il Merano Wine Festival, Paolo Marchi ed Helmut Köcher. Nasce dalla necessità di creare nella capitale economica italiana un punto di incontro fra il meglio della produzione vinicola ed il top dell’alta ristorazione del Bel Paese
Nella luminosa location del MiCo, il centro congressi più grande d’Europa, un’area di 1.400 m2 è stata ritagliata per l’occasione nell’angolo meglio esposto della struttura per portare a stretto contatto i 100 produttori vinicoli che si sono maggiormente distinti per la qualità dei loro vini in occasione dell’ultimo Merano Wine Festival con gli chef che meglio rappresentano la cultura e la maestria gastronomica italiana nel mondo, con qualche contaminazione estera di alto pregio.
Da un lato i vini, eccezionali prodotti della ricca terra italiana, che come un immaginario fil rouge congiungono tutti i punti della nostra Penisola, dall’estremo est all’estremo ovest e da nord a sud. In un percorso estremamente concentrato, ma non per questo meno emozionante, si viene trasportati dalle ottime bollicine lombarde e venete che ormai competono a testa alta e senza nessun timore reverenziale con i grandi champagne, ai bianchi di grande caratura dell’est, ricchi di sapori minerali che sono lo specchio della terra dalla quale provengono: dura, difficile, ma anche segretamente ricca ed accogliente
Si passa quindi alla zona diametralmente opposta: l’ovest. Terra di grandi rossi, che da secoli danno lustro alla nostra Nazione nel Mondo, patria di Barbere e di Nebbioli che l’esperienza e la passione di generazioni di vignaioli hanno saputo plasmare e trasformare in quesi fantastici nettari che tanto ci emozionano. Il viaggio lungo l’Italia del vino prosegue quindi lungo la spina dorsale formata dagli appennini, cordone montano che unisce idealmente tutto il Paese, transitando di conseguenza nell’altro grande tempio dei rossi italiani: la Toscana. In questa tappa si fa la conoscenza del Sangiovese e delle diverse vesti di cui si ammanta a seconda della DOC, della collina, dell’areale di provenienza; lo si gusta in blend e ce ne si innamora in purezza
Il percorso procede quindi verso sud toccando tutte le regioni italiane, mostrando le bellezze nascoste laddove non le cercheresti mai ed esponendo con orgoglio i prodotti che ormai sono diventati una certezza, sinonimo di qualità. Risulta quindi di eccezionale impatto, anche simbolico, concludere il viaggio con un bianco siciliano, dalle caratteristiche organolettiche associabili ad un vino del nord per acidità e freschezza, immerso all’interno di vera neve milanese DOC, ultimo ritrovato della creatività vitivinicola per far fronte agli imprevisti organizzativi
Lungo il corso di questo viaggio immaginario, un ruolo fondamentale lo rivestono anche la gastronomia e la ristorazione di alto livello, da sempre per l’Italia grande orgoglio ed infinita ricchezza. Per cui ai due lati dello spazio espositivo, a cingere idealmente la zona enologica, quasi a completarla anche spazialmente oltre che gustativamente, sono state allestite due postazioni contrapposte in cui, a turno, chef di spicco hanno preparato per gli occhi attenti e per i palati curiosi dei presenti piatti rappresentativi della loro cucina. In una sorta di di singolar tenzone a distanza, i contendenti di turno si librano leggeri sui fornelli per tentare di trasmettere la propria passione per la cucina ai curiosi visitatori del temporary restaurant più grande d’Europa
Un piatto piacevolmente rappresentativo della cucina italiana, fatta di grande tradizione e di costanti contaminazioni culturali, è quello preparato dallo chef Alice Delcourt del ristorante L’Erba Brusca di Milano: sgombro affumicato su cous cous di frutta ed erbe, affumicato con foglie di tè nero. L’unione di un pesce azzurro povero tipico del Mare Nostrum, lavorato secondo la migliore tradizione del grande nord, col prodotto simbolo della gastronomia nordafricana, accompagnati dal frutto che fin dall’epoca classica era associato a fecondità ed abbondanza, un pezzo della nostra storia, ed infine insaporiti con sentori dell’estremo oriente. Un piatto globale, ma estremamente locale, un perfetto spaccato del mondo food italiano in continua evolulzione, ma al contempo fortemente collegato alle proprie radici
Una bellissima iniziativa, un intelligente incontro di due mondi complementari, se non ci siete passati segnatevi la data per l’anno prossimo
Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati
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