Beatriz Milhazes è una affermata pittrice brasiliana, considerata la nuova Kandinskij ispiratasi alle cromie di Matisse. Figlia di un avvocato e di uno storico dell’arte, è tra le più quotate artiste contemporanee.
Suoi sono i dipinti nelle collezioni permanenti di numerose istituzioni: il Museum of Modern Art, il Guggenheim, il Metropolitan Museum of Art, il Banco Itaú, il Museo Nacional Centro de Arte Reina di Sofía, le maestose installazioni della Pinacoteca do Estado a San Paolo e della Fondation Cartier a Parigi.
Lo studio di Beatriz, una tradizionale casa brasiliana con finiture esterne variopinte, le stanze buie e fresche, è ad Horto, quartiere storico di Rio de Janeiro, nei pressi del Giardino Botanico. Una pittura variegata, colorata, tra l’astratto e il figurativo. A fianco della bellezza e della luce, c’è sempre, però, nelle sue tele qualcosa di misterioso, oscuro, malinconico. Ogni opera è un racconto in cui sono presenti anche la paura, la claustrofobia, l’eccesso che anche se bilanciato e strutturato può risultare asfissiante. Yves Klein, pittore francese precursore della Body art, scrisse che quando si sovrappone un colore si crea un conflitto infinito.
Ed è esattamente questo che la pittrice vuole raggiungere: il conflitto nel contrasto dei colori.
L’artista ha l’assoluta necessità di realizzare opere che dialoghino con lo spazio circostante, creando sulle trasparenze del vetro forme coloratissime che fungono da elemento di connessione tra interno ed estero.
In due interviste, curate da Frederic Paul e Christian Lacroix, lei stessa sottolineò quanto il suo lavoro fosse influenzato dalla bellezza della natura e quanto fosse importante il continuo scambio tra l’interno dello studio e l’esterno verde e rigoglioso del giardino botanico su cui si affaccia. Superfici lisce e sgargianti, audaci accostamenti di colore, forme stilizzate e giocose che catturano l’occhio e richiamano la ricchezza, l’esuberanza e la vitalità della natura.
Influenzata dal modernismo brasiliano di Tarsila Do Amaral, nipote di José Estanislau, “il milionario”, dall’astrattista Helio Oiticica, intellettuale multiforme e influente, autore di ambiziose sculture che sviluppavano nello spazio la lezione pittorica di Klee e Mondrian, dalla bossa nova di Antônio Carlos Brasileiro de Almeida Jobim , O Maestro, dagli autoritratti di Frida Kahlo, Beatriz racconta di voler disegnare in modo da attirare l’attenzione.
Mi interessano cromaticamente e culturalmente gli elementi che mettono insieme esagerazione e stravaganza e sono consapevole che non sia facile avere uno dei miei quadri in casa. La musica è la definizione dell’animo. La bossa nova è l’anima di Rio. Il Tropicalismo è la forza dell’attività intellettuale, l’energia vitale di un movimento diretto contro la monotonia culturale del regime militare.
Richard Armstrong, Direttore del Guggenheim Museum di New York, scopritore di Beatriz, definisce i suoi quadri come il prodotto “della lotta pazza tra figurazione barocca e rigorosa costruzione”.
Un lavoro giocoso, vivace, movimentato e quasi esplosivo come risultato di uno studio preliminare razionale e preciso, consentito dalla particolare tecnica sviluppata nel corso degli anni. Dai primi lavori basati sul collage alla decalcomania, alla pittura acrilica e alla grafica.
Beatriz non prepara mai schizzi o disegni preliminari ma lavora direttamente su tela. La tecnica utilizzata è la monotipia, un procedimento che consta di un disegno preparatorio su un supporto di plastica, imbevuto di colori acrilici. Quando lavora con gli acrilici Beatriz dipinge ogni motivo ornamentale su un foglio di plastica trasparente stratificando la tempera. Una volta asciutto stacca il motivo e lo applica sulla tela. I fogli trasparenti sono poi conservati e riutilizzati per trasferire l’impronta delle immagini su opere future.
Lo strumento espressivo del sentimentalismo dell’artista è il colore. Il Brasile non ha una forte tradizione di pittura. L’arte brasiliana è concettuale e costruttivista, ma non vi è alcun particolare interesse per il colore.
Il Brasile è un paese colorato, ma la sua arte non lo è. Questo è il motivo per cui le persone si confondono. Io uso gli elementi dalla mia cultura, e il colore è uno di questi. Sono l’unica a farlo.
Con la fama sono aumentate le sue quotazioni. Meu Limão è stata venduta per oltre due milioni di dollari. Un primato assoluto per un artista dell’America Latina.
Ogni anno Beatriz Milhazes realizza undici lavori. La lista d’attesa per ottenerne uno è lunghissima.
Articolo scritto e redatto da Daniela Rigoni | Tutti i diritti sono riservati
Credits: Stephen Friedman Gallery e Beatriz Milhazes| Tutti i diritti sono riservati