La moschea blu, anche famosa con il nome di Sultanahment Camii, si riconosce immediatamente grazie ai sei minareti. È uno dei più famosi e visitati monumenti di Istanbul, punto di riferimento nello skyline della città. Molti storici dell’architettura la considerano però meno riuscita rispetto ai lavori precedenti dell’architetto Mimar Sinan.

Dall’esterno l’edificio è innegabilmente impressionante: sopra il livello del cortile la moschea è un ammasso di cupole e torrette a volta, senza nemmeno una linea retta in vista. Prima che la costruzione iniziasse, nel 1609, il progetto di una moschea con sei minareti sollevò non poche obiezioni. Si disse che era un sacrilegio eguagliare i sei minareti della moschea alla Mecca e anche che sarebbe stato un pesante esborso per le casse dello Stato. Probabilmente però la causa reale delle obiezioni era il fatto che per far spazio alla nuova costruzione sarebbe stato necessario distruggere molti palazzi di proprietà dei ministri imperiali.

All’interno, quattro pilastri di dimensioni spropositate, con un diametro di 5 m, sembrano schiacciati contro le mura esterne e oscurano alcune parti dell’edificio da ogni angolo. Ad attirare l’attenzione però il colore blu, che predomina nelle decorazioni e dà il nome alla moschea. Le piastrelle, oltre 20.000, provengono da Iznik e costituirono un ordinativo tale che nell’occasione le fornaci della città si esaurirono. Ancora ben evidenti sono i colori brillanti della produzione del periodo d’oro di Iznik, che comprende decorazioni floreali e motivi astratti. L’uscita si trova dalla parte opposta dell’entrata, attraverso la porta laterale a nord-est.

All’angolo nord orientale del complesso è situato l’elegante padiglione reale, riccamente decorato, a cui si accede tramite una rampa e che dà accesso all’alloggio del sultano all’interno della moschea: la rampa serviva sultano per salire a cavallo fino alla porta delle sue camere.