Roma è una città incredibile, una città capace di stupirti anche se la conosci e l’hai visitata più volte nella vita. Sarà il clima, sarà il cibo, sala l’accoglienza, saranno i pini così caratteristiche ed emblematici nella nostra memoria, saranno i monumenti, le fontane e le statue che si incontrano passeggiando praticamente ad ogni passo. Sarà la proposta sconfinata di scorci meravigliosi che ti lasciano senza fiato anche se l’hai già percorsi, anche se hanno quel non so che di familiare, anche se puoi annoverarli nei tuoi ricordi. Sarà tutto questo insieme è molto di più perché Roma è difficile da definire in un piccolo numero di parole, ne servono sempre tante, come tante sono le caratteristiche con cui riesce a stupire ed incantare, tanto da desiderare un nuovo soggiorno in città che, a volte, come nel mio caso, si fa attendere per diversi anni, ma che ripaga non appena scesa dal treno.

Sì perché giovedì scorso sono salita sul treno Milano-Roma e sono arrivata in città più o meno all’ora di pranzo, giusto il tempo per fare il check-in in albergo, un pranzo veloce sulla terrazza, inforcare le mie scarpe più comode e uscire. Non avevo tantissimo tempo libero perché era un ritaglio tra il pranzo e l’evento per il quale ero salita sul treno quella mattina: la presentazione della nuova collezione Le Vernis di Chanel che prevedeva un aperitivo a porte chiuse nell’incantevole boutique di Chanel in via del Babbuino, una vera perla non solo per le proposte ma anche per l’ambiente, l’arredo e il giardino interno privato che, per l’occasione, ospitava il dj set, un cocktail bar e la possibilità di indossare la nuova collezione di smalti con i loghi della maison.

Ma torniamo alla mia passeggiata in solitudine del pomeriggio: prima tappa la fontana di Trevi di cui avevo un ricordo quasi sbiadito con l’impalcatura per il restauro che la copriva quasi interamente. Appena girato l’angolo ho iniziato a intravederla sulla mia destra e, proseguendo, me la sono ritrovata davanti con tutta la sua magnificenza, un’opera senza pari che davvero catalizza la tensione in maniera profonda. Sono rimasta a contemplarla diversi minuti, registrando un video nel mio telefono ad imperitura memoria di quel momento. Sopra di me però i tuoni iniziavano a farsi sentire e il tempo scorreva, ho quindi deciso di ripercorrere la strada verso l’albergo facendo però una sosta all’Accademia Nazionale di San Luca.

L’Accademia di San Luca ha origine antichissime: tutto prese vita dalla Universitas picturæ ac miniaturæ che svolgeva la sua attività a Roma sin da tempi assai remoti e della quale furono rinnovati gli statuti all’epoca di Sisto IV, il 17 dicembre 1478. Inizialmente si riuniva in una chiesa situata nei pressi dell’abside di Santa Maria maggiore all’Esquilino dedicata poi a San Luca, pittore e iniziatore della tradizione artistica cristiana. Girolamo Muziano iniziò a farsi promotore dell’istituzione di un’accademia che accogliesse gli artisti che avevano raggiunto la notorietà mosso dal desiderio di restaurare le arti, dare prestigio alla categoria degli artisti ed istituire autorevoli corsi di insegnamento per formare i giovani. La proposta fu accolta da Gregorio XIII che autorizzò l’istituzione di un Accademia romana di Belle Arti con annessa congregazione sotto l’invocazione di San Luca. A pochi anni di distanza, il 31 maggio 1588, venne disposta la cessione alla nuova Accademia della Chiesa E di Santa Martina al foro Romano. Spettò il suo primo principe, Federico Zuccari, riunire le tre arti e dare all’istituzione di statuti mentre i pontefici furono larghi di concessioni verso la nuova istituzione. Dal seicento l’Accademia ebbe l’immagine di San Luca evangelista, sostituita nel 1704 da un triangolo equilatero, simbolo dell’uguaglianza e dell’unità delle tre arti. L’Accademia di San Luca dal 1872 diventa Accademia Reale e dal 1948 Nazionale. Antonio Canova è stato l’ultimo principe dell’Accademia, la massima carica assegnata a rotazione ad un esponente di ciascuna delle tre arti, pittura, scultura e architettura. 

Tutto questo per dire che, una volta arrivata dinanzi all’Accademia e scoperto che al suo interno c’era una mostra dedicata proprio a Canova, l’Ultimo Principe [mostra gratuita, necessaria prenotazione per visita guidata] non ho resistito e sono entrata. Nell’ambito delle celebrazioni nazionali per i 200 anni dalla morte di Canova, l’Accademia gli ha infatti dedicato una mostra divisa in otto sezioni tematiche in cui si articolano le sue opere e la sua vita, dando rilievo alla compagine artistica e il contesto culturale nel quale lo scultore agì. L’intento della mostra era chiaramente, come anticipato anche da Claudio Strinati, quello di mettere in luce quanto Canova sia stato importante per l’Accademia e di quanto il ruolo da lui svolto in questo contesto sia stato rilevantissimo per la città di Roma, per l’Italia per la storia delle belle arti. 

Inutile dire che mi è piaciuta moltissimo.