Milano sempre di corsa, Milano giù la testa e fatturare, Milano frenetica e stilosa, Milano faccio un salto all’Esselunga, Milano a pranzo una conference call, Milano facciamo un ape?, Milano da bere, si, ma sincronizziamo le agende che ho la settimana piena di eventi.

Miracolosamente trovi spazio per andare a cena prendendoti tutto il tempo per godertela, e qui Milano sventaglia l’offerta: sushi, argentino, indiano, eritreo (categoria “fa figo e non impegna”); vegetariano, vegano, macrobiotico, bio-e-basta (categoria “viviamo da malati per morire sani”); pizzeria&hamburger (quelli fighi però, eh! Categoria “junk con stile”); infine la sconfinata varietà di proposte regionali (categoria “Italian pride”).

Ma sempre più spesso il milanese ha un bisogno fisico, una necessità innata di ritrovare le radici, di assaporare la tradizione, di ricordarsi che Milan l’è un gran Milan.

Nel cuore della città, a Porta Romana, possiamo rituffarci nella milanesità, cenando all’osteria dell’ Acquabella, che deve il suo nome alla trattoria omonima aperta negli anni ’50 in piazzale Susa dal padre degli attuali proprietari.


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L’osteria è un locale con circa 70 coperti, che ti accoglie tra pareti di bottiglie (anche in vendita, modello enoteca) e motti in dialetto scritti sulla parete dietro al lungo bancone, sul quale troneggia una Berkel. Le sale sono due, lo spazio vitale è garantito anche nelle serate di maggiore affluenza.

Il menù è un omaggio alla Lombardia in generale e alla sua capitale in particolare, nel quale – a seconda della stagione – troviamo tutti i piatti tipici della tradizione meneghina: antipasti di salumi, insalata russa, nervetti con cipolle, cotechino, raspadura (veli di grana padano giovane); il risotto, declinato nella sua essenza classica allo zafferano, “al salto” o al buttafuoco, le polpettine che a Milano si chiamano “mundeghili”, accompagnate da sugo di pomodoro o polenta, la trippa, la cassoeula, l’ossobuco, che va assaggiato rigorosamente in abbinata al risotto, la costoletta alla milanese, la bistecca del magutt (muratore in dialetto), una terrina di polenta e gorgonzola pericolosa per il colesterolo ma goduriosa assai; infine i dolci, torta sbrisolona, torta “brutta ma buona”, salame di cioccolato, torta di mele, torta pere e cioccolato vi faranno concludere in gloria un pasto ricco di sapori genuini, che vi faranno pensare alla cucina della mamma e della nonna.


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La cantina è ben fornita, si possono degustare ottimi vini senza prelievi di sangue ma anzi rimanendo piacevolmente sorpresi dalla qualità a prezzi umani.

Il ristorante è aperto da martedì a venerdì pranzo e cena, lunedì e sabato solo cena; domenica anche loro santificano la festa.

Prenotazione straconsigliata, venerdì e sabato soprattutto.

Un consiglio per chiudere: se ordinate l’ossobuco non fate i fighetti, il midollo si succhia prendendo in mano l’osso, mettete giù quella forchetta!

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Articolo scritto e redatto da Lorenzo Volpi | Tutti i diritti sono riservati