Quando in Italia si parla della pasta, sappiamo bene che stiamo entrando in un campo minato: toccatemi tutto, ma non toglietemi la pasta! Così afferma almeno un italiano su due, secondo una recente indagine. Simbolo nazionale e rito irrinunciabile che sia rossa, verde, gialla… è un caposaldo della dieta mediterranea e ognuno possiede i propri segreti, stratagemmi e ricette per renderla più appetitosa; ma sulle modalità di cottura, cosa sappiamo? In teoria pochi semplici regole: quando l’acqua bolle si butta la pasta e via, si controllano i minuti e il gioco è fatto! Si scola prima se si preferisce più al dente e stop, spolverata di formaggio ed è pronta per essere mangiata. Questa è la teoria, appunto, ma la pratica ha escogitato diversi metodi e nuove modalità che potrebbero sconvolgere i canoni attuali.

Verso la fine del XVIII secolo Benjamin Thompson (noto come il Conte Rumford), un fisico capostipite della termodinamica, studiò in particolare la convenzione dei fluidi e, in un saggio in cui analizzava scientificamente i processi di cottura, rimase molto sorpreso per il fatto che essi fossero così poco considerati, anche e in particolare dai cuochi, che li avevano sotto gli occhi tutti i giorni. Thompson diceva che nonostante il processo di cottura noto con il nome di bollitura sia conosciuto quasi a tutti, in pochi hanno preso in considerazione l’idea di studiarlo attentamente; infatti un operazione così semplice come far bollire l’acqua per la pasta è spesso fonte di molte discussioni. Quanta acqua usare? Quando è più opportuno salare? Una volta gettata la pasta si può abbassare il fuoco? E infine: si deve usare il coperchio?

Cerchiamo di dare delle risposte, analizzando più attentamente la temperatura dell’acqua.

L’opinione maggiormente condivisa è che l’ebollizione dell’acqua sia una condizione assolutamente necessaria per poter cuocere la pasta, ma già Thompson all’epoca sosteneva che non era vero. La cottura delle pietanze dipende solo dalla temperatura raggiunta e non dal fatto che l’acqua stia bollendo o meno. La temperatura di ebollizione dell’acqua dipende dalla pressione atmosferica e questa diminuisce con l’altitudine. Dei maccheroni immersi in acqua a bollore a Chamois (quasi 2.000 metri) cuociono a circa 93°C, rispetto ai canonici 100 che si raggiungono a livello del mare. Ciò significa che si possono usare quelle temperature anche ad altitudini più basse, senza però far bollire l’acqua.

Thomposon sosteneva che tutto il calore utilizzato per portare a bollire l’acqua viene di fatto sprecato, senza vantaggi per la cottura: sarebbe il calore, infatti, la sua intensità e la durata a determinare la cottura del cibo.

Lo scienziato non parlava specificatamente di pasta, si riferiva a carne e verdure, ma il principio generale è semplice da comprendere, ovvero: ciò che conta è la temperatura raggiunta e non il fatto che l’acqua stia bollendo. La cottura della pasta è determinata da tre fattori: la velocità di penetrazione dell’acqua all’interno dell’impasto, la gelatinizzazione dell’amido e la denaturazione e conseguente coagulazione del glutine. Considerati insieme questi tre fattori dipendono dalla temperatura.

L’acqua penetra nella pasta anche a basse temperature, persino in acqua fredda, ma più la temperatura aumenta e più velocemente penetra nell’impasto. La gelatinizzazione dell’amido è quel passaggio in cui i granuli di amido assorbono acqua e formano un gel, l’amido di frumento gelatinizza tra i 60°-70°. Il glutine denatura e coagula invece tra i 70°-80°. Notiamo che sono tutte temperature molto più basse dei canonici 100. Questo significa che è possibile cuocere la pasta anche tenendo l’acqua a 80°, ricordandoci di aggiungere leggermente più acqua perché  quest’ultima idrata l’impasto un po’ più lentamente.

Se non ci credete potete fare un esperimento consigliato dal professor Dario Bressanini, curatore del blog Scienze in cucina, un chimico divulgatore scientifico esperto di cucina; Dario ha scritto diversi libri e consiglio caldamente di leggerli per chiunque avesse la passione della cucina e dell’alimentazione in generale.

Acque-bolle

L’esperimento che dovete fare è il seguente:

Portate l’acqua ad ebollizione col coperchio (risparmierete sui tempi e sul gas). Una volta ad ebollizione aggiungete il sale e un etto di pasta corta, tipo delle penne. Mescolate una ventina di secondi per evitare che la pasta si attacchi, spegnete il gas, coprite e preparate il vostro sugo preferito. Calcolate un minuto in più dal tempo di cottura segnato sulla scatola, e la vostra pasta sarà pronta, con l’acqua ancora a 86 °C. Vedrete che poi mangerete lo stesso piatto di pasta a cui siete abituati, ma risparmiando sul gas.

Vi può sembrare inutile, ma pensate a quanta energia viene sprecata ogni giorno per far bollire acqua che poi verrà gettata nel lavandino. Gas e soldi letteralmente buttati. Di solito occorrono undici minuti per portare l’acqua all’ebollizione, e ce ne voglio più o meno altrettanti per la cottura di una pasta, quindi con questo metodo si risparmia davvero tanto se viene effettuato ciclicamente.

Nonostante la diffidenza non vi resta che provare e farci sapere sui nostri canali social come va l’esperienza!

Articolo scritto e redatto da Alessandro Sacco | Tutti i diritti sono riservati

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