La terra di Langa mi è sempre piaciuta, e penso di non averne mai fatto segreto. Quelle colline vitate che cambiano colore a seconda delle stagioni rappresentano un’opera d’arte in continua evoluzione, mai uguale a sé stessa e sempre in mutamento. Uno scrigno naturale diffuso in cui vengono coltivate le vigne di Nebbiolo che daranno vita ad alcuni dei vini più rinomati e blasonati del panorama vinicolo italiano: il Barolo ed il Barbaresco
Per questi motivi quando mi è stato proposto di partecipare ad un tour guidato dei principali cru del Barolo e del Barbaresco non potevo che accettare con entusiasmo. La partenza della giornata prevedeva una prima fase di breve sunto della storia e delle principali caratteristiche dei territori di Langhe e Roero. Renato Ratti, presidente del Consorzio di tutela Barolo Barbaresco, Alba Langhe e Roero, era di sicuro la persona più adatta a parlare di questi argomenti. Si scopre quindi che la produzione annua di Barolo sfiora gli 11 milioni di bottiglie, mentre quella di Barbaresco si attesta a poco più di 4. Bottiglie che sempre più spesso sono, giustamente, Albeisa
Dopo una breve, ma necessaria, degustazione di alcuni rappresentanti dei prodotti di cui fino a quel momento si era parlato presso l’enoteca comunale di Castiglione Falletto, è iniziato il tour attraverso i cru più vocati della zona del Barolo. Le menzioni geografiche aggiuntive, o più semplicemente cru, che possono essere apposte ai vini ottenuti da uve coltivate esclusivamente in quelle zone, sono state introdotte nel 2010 e sono ben 166. Alcune popolano già l’immaginario degli appassionati, basti pensare a Cerretta e Boscareto a Serralunga, allo Scarrone ed a Villero a Castiglione piuttosto che ai Cannubi di Barolo. Ognuna ha un timbro caratteristico donato dall’esposizione, dalla natura del terreno e dall’altitudine. Ognuna ha il suo fascino
Nel pomeriggio è toccato alla zona del Barbaresco, la cui zona a DOCG abbraccia appena tre comuni, più una piccola frazione di Alba, ma non per questo è meno ricca di cru eccezionali che, anzi, hanno avuto la possibilità di essere messi in etichetta già dal 2007. Passando fra i colli di Neive, Treiso e Barbaresco si sentono nominare luoghi come Ovello, Rabajà, Giacosa, si costeggia il ripido versante di San Cristoforo e Basarin. Si inizia a capire un po’ più a fondo come mai qui il vino viene così buono
Ma il vino non può prescindere dal cibo. Quindi dopo gli affascinanti giri per le vigne delle Langhe, si è passato il Tanaro, confine con il Roero, per una lezione di cucina pratica presso il ristorante Marcellin di Montà, dove il giovane e talentuoso chef Fabio Sgrò ha guidato i presenti nei segreti della preparazione dei tajarin all’uovo e dei biscotti di meliga. D’obbligo il successivo assaggio di ciò che si era prodotto, annaffiato da due ottimi Roeri, un Nebbiolo ed un Arneis, il vino più rappresentativo di questa sponda del Tanaro
A concludere degnamente la stupenda giornata che, in maniera insperata, aveva regalato anche qualche sprazzo di sole, conferenza d’apertura della manifestazione Nebbiolo Prima Open ed aperitivo con i produttori. Direi che più di così non si potesse richiedere
Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati