Abbiamo deciso di andare sulla luna. Abbiamo deciso di andare sulla luna in questo decennio e di impegnarci anche in altre imprese, non perché sono semplici, ma perché sono ardite, perché questo obiettivo ci permetterà di organizzare e di mettere alla prova il meglio delle nostre energie e delle nostre capacità, perché accettiamo di buon grado questa sfida, non abbiamo intenzione di rimandarla e siamo determinati a vincerla, insieme a tutte le altre.
Con queste parole John Fitzgerald Kennedy, il 12 settembre il 1962 annunciava al mondo che l’uomo sarebbe sbarcato sulla luna, entro la fine del decennio. Nessuno si aspettava tanta sicurezza quel giorno alla Rice University di Houston, in molti avranno storto il naso, nonostante fossero abituati ad avere la NASA sotto casa. Sembrava quasi impossibile, infatti mancavano meno di otto anni alla fine degli anni ’60, in che modo si poteva arrivare davvero sulla Luna?
Scrittori, scienziati e artisti di ogni epoca l’hanno sempre sognata, venerata, ammirata e studiata, senza mai sapere quando e come l’uomo ci sarebbe arrivato. Inoltre gli Stati Uniti, durante la corsa allo spazio contro i rivali dell’Unione Sovietica, erano sempre arrivati dopo, preceduti dai russi che erano stati i primi nello spedire nello spazio un satellite, un essere vivente (la famosa cagnolina Laika), un essere umano (Gagarin) e infine erano stati i primi anche a far posare una sonda sul nostro satellite, con la Luna 2. Insomma per quanto suggestivo e magico, il discorso di Kennedy pareva fantascienza, o per lo meno difficile da realizzarsi nel breve periodo. Eppure le sue parole si rivelarono esatte, infatti quando il 20 Luglio 1969, Neil Armstrong e Buzz Aldrin camminarono sul suolo lunare, il sogno divenne realtà; peccato che proprio Kennedy non poté assistere a tale spettacolo, ma le sue parole furono comunque consegnate alla storia. Dopo l’Apollo 11 altre cinque missioni posarono piede sulla Luna, ponendo così termine a quel periodo che gli storici definiscono come la prima era spaziale.
Successivamente agli sbarchi lunari, la conquista spaziale è continuamente passata in secondo piano, sempre meno trattata dai vari media, nonostante scoperte considerevoli e importanti. I pensieri di tutti erano però rivolti, verso un nuovo pianeta dove sbarcare, e senza ombra di dubbio dopo la Luna, Marte era la frontiera designata per la prossima conquista spaziale. Per decenni si è sentito parlare dell’uomo su Marte, ma i progetti avevano poco di concreto, nonostante sul pianeta rosso ci siamo andati più volte con varie sonde, dalle storice Viking fino all’epoca di rover, che iniziarono a girare la superfice di Marte con Pathfinder nel 1997.
Invece, l’11 ottobre 2016 il presidente Obama, un po’ come il suo predecessore JFK, ha annunciato che l’uomo arriverà su Marte.
Gli Stati Uniti saranno su Marte entro gli anni 2030, stiamo lavorando in partnership con delle aziende private, per inviare degli esseri umani su Marte, una missione con l’obiettivo di rendere le nostre vite migliori qui sulla Terra.
Il dado oramai è tratto dopo anni di studi, abbiamo finalmente una data, un nuovo sbarco e una nuova generazione che torna a sognare; per molti infatti l’allunaggio aveva significato un’epoca, mentre ora con Marte possiamo assistere a quello che si presenta (sulla carta) il più grande evento della storia umana.
Naturalmente, è molto difficile stabilire in questo momento con precisione, in che modo avverrà la missione. Da diversi anni le varie agenzie spaziali di tutto il mondo, stanno facendo test psicologici per verificare in che modo l’essere umano possa sopportare un viaggio così lungo, lontano dalla Terra; tra i più noti c’è quello svolto dai russi, in cui hanno rinchiuso diversi volontari in un ambiente simile a un astronave per due anni. Un altro aspetto molto importante è la gestione delle risorse alimentari, l’astronave che andrà su Marte dovrà essere quasi autosufficiente, ovvero saper “creare” acqua e parte dei cibi in maniera autonoma, infatti sono stati svolti già diversi esperimenti sulla possibilità di allestire delle serre in orbita, e apparecchi per il riciclo delle urine, come già avviene a bordo della stazione spaziale internazionale. Molto importante sarà la schermatura dai raggi solari, in quanto sono ancora del tutto sconosciuti gli effetti che le radiazioni possono avere sul corpo umano nel lungo periodo, in una località così distante dal nostro pianeta. In pochi conosco l’esistenza intorno alla Terra delle fasce di van Allen, una sorta di scudo cosmico che protegge il nostro pianeta dalle particelle cosmiche e dai vari raggi pericolosi presenti nello spazio; in parte è anche grazie a loro che la vita sulla Terra si è sviluppata come la conosciamo oggi.
Indipendentemente dalle difficoltà che si dovranno affrontare, il sogno marziano sembra poter realizzarsi. Le parole di Obama sembrano poter ridare un sogno a una generazione, in un periodo fortemente condizionato dalle difficolta economiche. Un filo conduttore che sembra legare Kennedy a Obama, due grandi presidenti, che hanno saputo guidare gli Stati Uniti in alcuni dei momenti più critici della loro storia. Dalla Luna a Marte, e poi verso altre nuove mete interplanetarie. In fondo proprio il logo dell’ultima missione lunare (Apollo 17) mostrava il dio greco del Sole che puntava lo sguardo verso nuovi orizzonti, con l’ala dell’aquila americana che copriva parte della Luna, per sottolineare che quella porzione di spazio era ormai esplorata dall’uomo.
Puntualmente ogni volta che si parla di grandi missioni spaziali, si scatena la polemica sulle grande somme spese, ritenendo più opportuno destinare quelle cifre verso altri tipi di ricerca. In merito a questo dibattuto tema, concludo invitandovi alla lettura di una lettera scritta da Ernst Stuhlinger (ex-direttore della NASA), che risponde in maniera semplice e chiara, a chi pretendeva giustificazioni sulle ingenti spese sostenute per la ricerca spaziale.
Articolo scritto e redatto da ALESSANDRO SACCO | Tutti i diritti sono riservati