La leggenda dei norvegesi (e degli scandinavi in generale) come gente triste è un tormentone che non passa mai di moda, si presenta abbastanza spesso quando si parla dei paesi scandinavi come i più efficiente e soprattutto come le nazioni più felici. Lo scorso marzo infatti è stata diffusa la notizia che la Danimarca si riconferma il paese più felice del mondo.

Avendo vistato la Norvegia, uno dei paesi a mio avviso più belli al mondo, ho deciso di indagare, proprio perché di solito quando un luogo comune è così diffuso si rivela spesso falso, infatti prima di accettare questa leggenda internazionale, ho appurato quanta infondatezza si celi dietro a questa vicenda. La diceria più diffusa intorno a questa vicenda, è il fatto che le poche ore di luce inducano gli scandinavi a togliersi la vita. Per noi italiani vige la convinzione che possa bastare solo il Sole (perdonatemi il gioco di parole) per far andar bene le cose, il resto non importa, tipo il fatto che paghiamo più o meno lo stesse tasse dei nordici, ma con servizi meno efficienti.

Consultando le varie classifiche internazionali e i rapporti del World Health Forum, ho cercato di capire quanto i miei compagni di escursioni, dietro al sorriso con cui mi salutavano, nascondessero invece una spaventosa voglia di farla finita.

L’Organizzazione Mondiale per la Sanità redige ogni anno una classifica dei paesi per numero di suicidi, utilizzando come dato di riferimento il numero di suicidi annuali per ogni 100.000 abitanti. Le statistiche sono basate sui rapporti ufficiali di ogni paese che, non sempre sono aggiornati annualmente dalle nazioni. Al primo posto troviamo la Corea del Sud, con 31.7 suicidi ogni 100.000 abitanti. Dobbiamo scendere molto più in basso nella classifica per trovare i primi scandinavi, i finlandesi si posizionano al 19° posto, mentre gli svedesi si trovano al 23°. Curiosamente, però, alla posizione 24 troviamo i nostri cugini francesi. In barba a tutte le teorie sulla proporzionalità tra oscurità e suicidi, i francesi dimostrano che, evidentemente, tanto Sole, un ottimo vino e una marcata presunzione, in certi casi, non sono sufficienti per vivere felici. Ovviamente a tutti una giornata di Sole porta il buon umore, ma questo non vuole assolutamente implicare che la sua mancanza sia sufficiente a spingere la gente al suicidio! A conferma di ciò, la Norvegia si trova 11 posti più giù della Francia, quattro posti dopo la torrida e assolata Cuba, la Danimarca invece si posiziona al 36° posto.

L’istituto di salute pubblica norvegese registra annualmente i tassi di suicidio e ne analizza meticolosamente le cause, per prevenire e limitare il più possibile i futuri tentativi. Ogni anno in Norvegia, su una popolazione totale di 5 milioni di abitanti, si registrano circa 550 suicidi: 150 donne e 400 uomini. Non finisce qui, infatti secondo la rivista americana Forbes, i norvegesi risultano al primo posto, affiancati sul podio da danesi e svedesi.La classifica si basa sull’indice di prosperità, che tiene conto non solo del benessere economico, ma anche e soprattutto, di altri fattori: società civile, stabilità delle istituzioni, libertà di espressione, livello medio di accesso all’istruzione, percezione di sicurezza.

Quindi dati alla mano, da dove può arrivare questa teoria dei norvegesi dal suicidio facile, così globalmente diffusa?

Tra i primi a parlare di suicidi in Scandinavia fu il sociologo francese Émile Durkheim, che affrontò la questione intorno alla fine del XIX secolo. Egli ha analizzato la differenza tra i suicidi nelle popolazioni cattoliche e protestanti, concludendo che il maggiore controllo sociale del cattolicesimo comportasse un ammontare nettamente inferiore di suicidi. La Scandinavia, in quanto formata da paesi protestanti e con regole sociali meno conservatrici, aveva quindi, secondo Durkheim, tassi più elevati di suicidi. Tuttavia, il merito della diffusione globale dell’idea degli alti tassi di suicidio scandinavi spetta soprattutto agli Stati Uniti. Negli anni ’50 il presidente Eisenhower ha parlato dei rischi derivanti dall’adozione di un welfare state pubblico, prendendo come termine di riferimento la Svezia: secondo questo discorso, il socialismo era un fallimento clamoroso e gli alti tassi di suicidio svedesi ne erano la dimostrazione. Si è dimenticato di dire, però, che la Svezia di allora era uno dei pochi paesi al mondo in possesso di dati relativi ai suicidi. Non avendo all’epoca termini di paragone rispetto ad altri paesi, quindi, risultava difficile stabilire se si trattasse di dati effettivamente elevati. Ma in piena guerra fredda e con le streghe del maccartismo in pieno corso, bisognava screditare il più possibili i modelli statali nemici dell’America.Questo dato volutamente male interpretato si è così perpetrato nel tempo, evolvendosi allo status di verità non solo svedese, ma scandinava, in definitiva se da quelle parti tutti hanno freddo e fa buio, ne consegue che sono tutti socialisti dalle forti tendenze suicide. Paradossalmente, gli Stati Uniti di Eisenhower, così timorosi del welfare state pubblico, risultano oggi al 34° posto nella classifica dei paesi per tasso di suicidi, prima della Norvegia. Inoltre, per la prima volta da anni, gli States sono usciti dalla Top Ten della classifica dei paesi più felici al mondo.

Per chi avesse voglia di controllare tali dati, che ovviamente variano a seconda delle varie fonti, vi consiglio questi siti: Forbes, World Health Organization e OECD. Naturalmente altri studi, fatti da testate a stelle strisce danno dati diversi, ad esempio, il Washington Post prende in considerazione lo studio della Organization of Economic Cooperation and Development, che piazza gli Stati Uniti al 6° posto al mondo per qualità della vita.

In conclusione quello che conta, prima di criticare gli altri bisogna prima guarda in casa nostra. Nessuno mette in dubbio che una buona cucina e Sole siano ottimi ingredienti per una piacevole qualità della vita, ma bisogna sempre osservare una situazione da diversi punti di vista. Come possiamo credere, che in nazioni in cui l’efficienza statale dei servizi è ai massimi livelli globali, possa indurre la gente a togliersi la vita con più frequenza rispetto a un’altra nazione. Forse non lo sapete che in Danimarca i dentisti sono a carico dello Stato, infatti un cittadino danese deve presentarsi periodicamente ai controlli fissati con regolarità dallo Stato, quindi il sistema sanitario si fa carico di tutti i tipi di intervento che il paziente dovrà subire. Nel caso si saltassero questi controlli, il cittadino, solo in questa circostanza, dovrà pagare di tasca propria l’intervento. Mi raccomando non raccontate a un danese come funziona da noi, perché forse questo potrebbe indurlo davvero al suicidio.

In fondo il cielo nordico non è poi così male!

andenes aurora

Articolo scritto e redatto da ALESSANDRO SACCO | Tutti i diritti sono riservati

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