Prendiamo una sera con una decina di amici, una di quelle sere nelle quali l’unico obiettivo è quello di stare bene partendo da ingredienti freschi e ben selezionati, passando per una cucina leggera con alimenti cotti attraverso la griglia del terrazzo per arrivare poi ad un’esperienza enologica assolutamente inusuale che ha piacevolmente impressionato tutti i commensali.
Facciamo un passo indietro: qualche tempo fa arriva in redazione una confezione in legno contenente due bottiglie di vino ed una brocca da utilizzarsi apparentemente come decanter. Leggo nel biglietto accompagnatorio che la casa vinicola è la veneta Montelvini e non posso che essere contento del gesto perché conosco bene la storia di questa famiglia che ho incontrato qualche tempo fa in occasione del Vinitaly.
Montelvini è la casa vinicola che ha maggiormente rappresentato la storia del trevigiano e che, di padre in figlio, a partire dalla fine del 1800, ha saputo creare prodotti di eccellenza, rinnovarsi ed innovarsi fino a diventare ai giorni nostri uno dei maggiori punti di riferimento per il vino italiano sia in Italia sia su tutto il territorio mondiale dove vengono esportati tutti i prodotti di questa azienda.
Il vino in questione, che si chiama Il Brutto, fa parte delle selezioni speciali unitamente a vini esclusivi come il Luna Storta, il Terre del Canova o il Montello DOCG Zuitèr.
Il brutto è un nome che poco rispecchia la realtà di questo vino assolutamente unico che si presenta, sin dal packaging in maniera elegante e sobria, ottima idea regalo per una piacevole serata in grande stile. Il Brutto è come la frutta biologica che contiene delle imperfezioni ma che tutto sapore vero della natura che fa crescere i propri frutti secondo tempi stabiliti e con qualche imperfezione che appunto è prova evidente del fatto che non vi è molto intervento da parte dell’uomo. Il Brutto si presenta infatti così, come un frutto biologico: imperfetto, torbido quasi arrabbiato e segnato da un’evoluzione dura nella quale non esistono prodotti chimici o tecnologie.
Il Brutto rappresenta la tradizione delle colline Trevigiane ed è un prodotto che nasce ben prima del Prosecco che noi oggi beviamo abitualmente, magari prima di un pasto in compagnia. Non è un vino semplice, specie da spiegare perché noi oggi siamo troppo abituati al prodotto perfetto che alla minima sbavatura viene giudicato negativamente.
Il Brutto viene fatto con tecniche antiche e senza l’ausilio di prodotti chimici. Rispetta cicli delle stagioni e viene imbottigliato la settimana di Pasqua per risvegliarsi poi con i primi caldi della primavera. Non ha conservanti e l’azione protettiva nei confronti del prodotto viene fatta sostanzialmente dai lieviti e gas.
Considerata la metodologia con la quale viene realizzato Il Brutto non si può assolutamente pensare di avere ogni anno lo stesso prodotto finale perché ogni anno le condizioni di contorno sono diverse: il clima, l’acqua con la quale il richiamo di vigneti e persino il terreno che ogni anno ha il suo carattere, la sua forza ed il suo sapore.
L’apertura della bottiglia rappresenta la celebrazione di tutta questa storia ed il decanter, che assomiglia molto alla una brocca di osteria veneta, è un elemento fondamentale per questo vino così importante che al palato e al naso risulta complesso, per via dei lieviti che sono alla base del processo di fermentazione. Il Brutto può essere bevuto in due modi: un primo facendo decantare il fondo verso il basso e vedendo il vino in purezza senza la forte torbidità data dalla tecnica utilizzata. Il secondo metodo è invece più intenso richiede forse una maggiore apertura mentale per affrontare un bicchiere all’interno del quale non si vede un liquido trasparente ma si legge bensì la storia di un’azienda. Basta muovere bene la bottiglia prima di servire il prodotto per ottenere questa seconda metodologia di degustazione così unica e tipica squisitamente legata alla storia.
Non è certo un vino per tutti anche perché la produzione è limitata. Quello di cui sono certo è la natura unica ed esclusiva di questo prodotto di così alto livello che ho avuto la fortuna di gustare insieme ai miei affetti più cari con i quali ho avuto il piacere di condividere questa esperienza sensoriale.
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