La famiglia Ferragamo ha una consolidata tradizione di mecenatismo nei confronti della città di Firenze, per l’ispirazione che i suoi tesori artistici hanno dettato al brand. Palazzo Spini Feroni, costruzione medioevale del 1289 voluta da Geri Spini, potente mercante, oggi sede e flagship store della maison Ferragamo, ospita da sempre mostre che fondono sapientemente arte e moda, in virtù dell’indissolubile e mutuo legame tra le due. ll 18 maggio, in onore di questo connubio, ha debuttato a Firenze Tra Arte e Moda, un viaggio simbolico, proposto dalla Fondazione Ferragamo insieme al Museo Salvatore Ferragamo.

Maria Luisa Frisa, Enrica Morini, Stefania Ricci e Alberto Salvadori, curatori della preziosa mostra, basata su un progetto architettonico di Silvia Cilembrini e Fabio Leoncini, sono stati coadiuvati da più istituzioni culturali. Infatti, la mostra Tra arte e moda è un progetto espositivo che si snoda in cinque prestigiose sedi tra Firenze e Prato: oltre al Museo Ferragamo, promotore del progetto, la Biblioteca nazionale, la Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti, il Museo Marino Marini e il Museo del tessuto di Prato, chiamati a interpretare lo stesso tema – il rapporto con la moda– nella stampa, nel costume, nell’arte contemporanea e nel design tessile.

Salvatore Ferragamo, il calzolaio dei sogni, ha collaborato con molti degli artisti a lui contemporanei: Tra arte e moda esplora le sperimentazioni degli anni Novanta e si interroga se, nell’industria culturale contemporanea, si possa ancora parlare di mondi distinti.

La moda è arte? Non esiste una risposta unica, ma l’esposizione invita alla riflessione. A lungo, gli esperti si sono interrogati, senza mai arrivare ad una soluzione univoca. Paul Poiret, stilista francese, creatore di moda in senso moderno, è stato il primo a parlare dell’unione tra arte e moda. Sono suoi i  pantaloni harem, realizzati in chiffon bianco e ocra, fermati in vita e alle caviglie, le gonne-pantalone (jupe coulotte) o turkish e i giubbetti di foggia orientale. Lui stesso affermava che creare abiti  non fosse molto diverso dal dipingere un quadro: “poiché ho sempre amato i pittori, mi sento in sintonia con loro. Mi sembra che noi esercitiamo lo stesso mestiere e che siamo compagni di lavoro”. Ancora prima, Sonya Delaunay, una giovane pittrice di origine ucraina, fondeva arte e moda, dichiarando che il colore è la “pelle di questo nostro mondo” con forme geometriche, dinamismo e movimento: insieme al marito, Robert Delaunay, crea il “simultaneismo”, composizioni astratte in colori contrastanti per creare effetti di forma e movimento nello spazio, applicando alla pittura le idee del chimico Chevreul sull’interazione dinamica dei colori. La pittura era solo uno dei molteplici interessi di Sonia, che ispirandosi alle tradizioni russe iniziò ad applicare le stesse idee alle arti applicate, realizzando ricami, abiti, arazzi, tende e oggetti per la casa.

Le contaminazioni e influenze, tra moda e arte, hanno regalato negli anni iconiche creazioni di moda: il vestito di seta Aragosta, di Elsa Schiaparelli realizzato con la collaborazione di Salvador Dalì, proveniente dal Philadelphia Museum of Art, l’abito Yves Saint Laurent ispirato da Piet Mondrian in prestito dalla Fondation Pierre Bergé e una zeppa Salvatore Ferragamo degli anni ’50, realizzata su ispirazione di Kenneth Noland, pittore, astratto espressionista statunitense.

Yves Saint Laurent, abito in jersey di lana con taglio ad A, 1965. Piet Mondrian, Composition in blue, red and yellow, 1921.

Il rapporto tra le due espressioni creative nasce con le avanguardie storiche del Novecento. I Futuristi, interdisciplinari per eccellenza, furono tra i primi ad intuire le potenzialità estetiche del vestire colorato, anticonformista e a subire il fascino dell’abito come icona che permette di assecondare il desiderio di apparire diversi. Negli anni Trenta, con Elsa Schiapparelli, stilista volubile, l’arte si indossa con abiti ed accessori surrealisti, creati con la collaborazione di amici artisti; negli anni Sessanta, con Warhol, l’arte diventa merce, esattamente come gli abiti e gli accessori. In quegli anni, negli Stati Uniti, Julie Schafler fonda Art to Wear, movimento che considera l’abito come forma d’arte, trovando ispirazione nelle culture orientali e nelle società primitive che non differenziavano l’arte dall’artigianato.

Nelle sale della esposizione vengono analizzate le forme di dialogo tra questi due mondi. Dalle esperienze dei Preraffaelliti a quelle del Futurismo, dal Surrealismo al Radical Fashion, la relazione tra moda e arte è da sempre articolata. L’attenzione è focalizzata sul lavoro di Salvatore Ferragamo, affascinato e ispirato dalle avanguardie artistiche del Novecento, su alcuni atelier degli anni Cinquanta e Sessanta, luoghi di studio e d’incontri tra intellettuali, come quello della sarta Germana Marucelli, pioniera della moda italiana, famosa per la straordinaria memoria che le consentiva di copiare alla perfezione i modelli francesi dopo averli semplicemente visti sfilare. Una magica alchimia tra abiti, accessori, tessuti, opere d’arte, libri e periodici, fotografie provenienti da collezioni museali pubbliche e private, nazionali e internazionali e due installazioni d’arte contemporanea, Riflessi e The moodboard, create per l’occasione dallo Studio Karmachina.

Riflessi è dedicata alla figura di Salvatore Ferragamo e alle sue calzature: modelli di scarpe tra i più rappresentativi della produzione del calzolaio fiorentino sono esposti su un tavolo scenico e si intrecciano con lo schermo retrostante, composto da fili di tripolina. I video proiettati raccontano le fonti d’ispirazione e un fascio di luce illumina e isola il gruppo di scarpe che rappresenta il risultato tangibile dell’incontro tra le ispirazioni e il genio creativo dell’artigiano fiorentino.

Riflessi dello Studio Karmachina

In “The moodboard… A Magazine Curated By” le immagini proiettate sui grandi rulli di alluminio ricostruiscono l’universo visivo di alcuni tra i più innovatori fashion designer contemporanei, ponendo il visitatore di fronte a un ideale moodboard in continua evoluzione. Il concept dell’installazione, basato su un’idea di Alberto Salvadori, è infatti ispirato a A Magazine Curated By, la rivista di moda che affida ogni numero ad un diverso fashion designer, con l’intento di trasformarne le pagine in un viaggio creativo intimistico.

The moodboard… A Magazine Curated By, Studio Karmachina.

Il percorso eclettico inizia con il mondo delle calzature di Salvatore Ferragamo, scarpe di plexiglas, di acciaio, di materiali poveri come la paglia o di vitello. Prosegue confrontando forme della moda con l’arte, mostrando collaborazioni tra artisti e stilisti, come Thayaht, Vionnet, Dalì, Cocteau, Schiaparelli, Andy Warhol, disegnatore e pubblicitario per Vogue e Glamour. Si ammirano le opere dell’artista britannico Yinka Shonibare e il lavoro di autori come Hussein Chalayan e Martin Margiela. Il primo è il talento poliedrico controverso e innovatore radicale anglo-turco, che con le sue invenzioni tecnologiche si pone oltre il ruolo di fashion designer. I suoi processi di ossidazione, metamorfosi, mutamento, alterazione del tessuto sono parte della sua palette espressiva. Il secondo è lo stilista belga, misterioso, per le sue poche apparizioni pubbliche, creatore di una griffe iconica come poche negli ultimi venti anni, in cui il processo di costruzione del vestito prende forma attraverso la finissima creazione artigianale dei pezzi e la scelta dei tessuti.

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Kenneth Noland, Senza titolo, 1958, acrilico su tela. Bergamo, Collezione privata (per gentile concessione della Galleria Fumagalli, Milano) e Salvatore Ferragamo, Tirassegno, 1958, décolleté in camoscio giallo ocra e grigio con applicazioni in capretto policromo.

E’ indubbio che l’artista e lo stilista si scambino codici visivi mescolando ispirazioni e soluzioni formali: Alexander Mc Queen “visitava” i dipinti di Hugo Van der Goes e i ritratti dell’epoca elisabettiana, Prada e Moschino riprendono i grafismi, i colori e lo stile di Andy Wharol e il pop pointilism di Roy Lichtenstein, Lisa Perry si cimenta nell’espressionismo astratto di Jackson Pollock. Mentre per Gianni Versace, influenzato dalla cultura classica, greca ed etrusca, passando per il Rinascimento, il Romanticismo, Mariano Fortuny, il Liberty, la Pop art, la moda era arte, Giorgio Armani, le cui gonne da sera in tulle e chiffon per Caroline Rennolds Milbank, storica della moda, hanno la consistenza fragile di quelle indossate dalle ballerine di Degas, nonostante ami la pittura dell’estremo Oriente di Hokusai, i dolci paesaggi di Hiroshige Hitsu, Monet e le opere minimaliste di Rothko e Ad Reinhardt, dichiara con eleganza e semplicità che la moda non è arte, ma che quest’ultima offre stimolazioni per nuove idee.

Seguono contaminazioni, bozzetti pubblicitari originali, creati dal futurista Lucio Venna negli anni Trenta per promuovere le iconiche suole di Ferragamo, il Souper Dress di Andy Wharol, fatto di carta, cellulosa e cotone prodotto negli anni Sessanta con l’iconico motivo della celebre Campbell Soup e le stampe di Keith Haring.

Keith Haring, Fertility, 1983

Connesso alla mostra Tra Arte e Moda è il progetto artistico delle vetrine del flagship store, realizzato da Riccardo Benassi, artista, scrittore, musicista e designer. Sulla suggestione di alcune frasi pronunciate da artisti e da fashion designer del passato viene creata una continua poesia visiva, un racconto che si affaccia sulla strada e che ha bisogno dei passanti per esistere. L’artista ha scelto di rispondere al testo con un altro testo, per evidenziare la componente fondamentale del dialogo tra i due mondi, ma anche – e risuona a questo proposito la citazione di Salvatore Ferragamo– del dialogo tra artigianato e filosofia dell’esistenza. In fondo, arte e moda ci propongono continui sogni, seduzione e bellezza eterna.

Christopher Makos, Altered Image, 1981, 120 frame 10, stampa digitale. Collezione privata.

Yasumasa Morimura, Portraits, 1986-1990

Palazzo Spini Feroni
Piazza Santa Trinità 5/R, Firenze
Tel. 055 3562846 / 055 3562813
Fino al 27 aprile 2017

Credits: Salvatore Ferragamo| Tutti i diritti sono riservati

Articolo scritto e redatto da DANIELA RIGONI | Tutti i diritti sono riservati

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