Ci sono alcune zone d’Italia che sono intimamente legate alla produzione vitivinicola, trasudano vino da ogni poro, profumano di uva. Il loro verde brillante affascina chi vi passa attraverso ed i suoni gentili che si odono camminando in mezzo ai filari di questi piccoli scrigni a cielo aperto fanno sognare tempi che furono. Uno di questi angoli magici è sicuramente la Piana Rotaliana, un fazzoletto di terra composto da circa 400 ettari vitati che riposano languidamente sui depositi alluvionali portati dal fiume Noce. Un anfiteatro naturale amorevolmente abbracciato dalle montagne circostanti che al suo interno culla quel vitigno particolare ed accattivante che è il Teroldego

 

 

Fra le numerose aziende che producono ed imbottigliano Teroldego ve ne è una, la più piccola con i suoi 3 ettari vitati, che ha fatto di questo vino una vera e propria ragione di vita. Si tratta di Redondel, una lunga storia familiare visceralmente legata al Teroldego, oggi condotta da Paolo Zanini, un trentino tutto d’un pezzo con le idee molto chiare ed un grandissimo entusiasmo per il proprio lavoro. Le vigne sono divise in più appezzamenti, nella zona settentrionale della piana e vengono allevate tradizionalmente a pergola trentina. I vigneti sono condotti in regime più che biologico, infatti Paolo ha rinunciato all’impiego dello zolfo in campo, e l’inerbimento spontaneo regala dei profumi inebrianti anche in questa stagione

 

 

 

Ma fin qui si è parlato solo di tecnica, che è il meno, invece è il lato umano quello che conquista. È l’entrare in sintonia con Paolo, che piano piano si apre e svela il suo mondo, il motivo per cui vale la pena passare da qui. È il sentirlo parlare del suo rapporto con le vigne, col vino, col Teroldego, con le botti, con la terra che rappresenta quell’esperienza in più che nessun sommelier, nessun video, nessuna parola scritta può eguagliare. E la storia delle sue etichette, le caratteristiche del vino che produce, dicono tanto di lui

 

 

Partirei dal Dannato, il Teroldego più tradizionale prodotto da Redondel. Dannato perché il Teroldego è un vino difficile da far esprimere, da far sbocciare. È un vino un po’ timido e riservato, ed anche un po’ scontroso e testardo, tanto che alle volte capita di esclamare “Dannato Teroldego” quando non se ne viene a capo. L’annata attualmente in commercio è il 2008, ed è un vino fine e convincente, con bei profumi marcati di frutta, tipicamente mora, e fiori, ed una beva eccezionale, supportata da una bella acidità equilibrata, e con un finale di cacao amaro che fa svuotare il bicchiere senza accorgersene. Il legno c’è, ma non si vede perché una volta se “un fusto dava di legno, faceva legna da ardere”

 

 

 

L’Assolto, lo dice già il nome, è invece il fratellino buono, quello che dà meno pensieri, che non fa tardi la sera e si rifà il letto da solo. È un rosato di Teroldego (in commercio l’annata 2011) molto piacevole, dove si ritrovano i profumi del fratello più scapestrato, ma su toni più delicati, più freschi, con una piacevole sapidità che allieta il palato. Un bel vino da bere, pochi giri di parole, con un colore carico e seducente

 

 

 

Si arriva infine al Beato (me). Beato perché in fin dei conti è una bella fortuna poter fare il lavoro che ci appassiona, perché non tutti, anzi ben pochi, possono dire di trarre tante soddisfazioni dal proprio lavoro quanto i vignaioli. Perché alla fine, anche quando vai a letto arrabbiato col dannato Teroldego è facile che ti svegli la mattina ringraziandolo perché ti permette di fare quello a cui veramente ti senti destinato, si sa che la notte porta consiglio. Ecco quindi un Teroldego ottenuto da vigne di ottant’anni (le più giovani dell’azienda ne hanno comunque già quasi trenta…) che riposa lungamente in legno e che esce solo quando decide lui. Il 2006 è un vino complesso, strutturato, rotondo, lungo, appagante, caldo, maturo, intenso, in cui la frutta, quasi confettura, ed il cioccolato seducono. Un gran vino, beato chi se lo beve

 

 

 

“La struttura alare del calabrone, in relazione al suo peso, non è adatta al volo, ma lui non lo sa e vola lo stesso”

Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati

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