Di recente Facebook ha introdotto controlli più serrati in merito alle fake news, ovvero le notizie false create allo scopo di disinformare, causando anche gravi conseguenze: la questione dei vaccini ne è un esempio. Vediamo di capire bene cosa sono queste notizie false, in Italia ribattezzate col termine di bufale, e capire come funziona questo nuovo filtro del social network di Zuckerberg.

Sicuramente le fake news non sono figlie dei social network e di internet, se ne trovano tracce anche 2.000 anni fa, come afferma il Financial Times. L’esempio citato riguarda gli avvenimenti successivi all’assassinio di Giulio Cesare, e fa rilevare come i suoi due più importanti sostenitori, Marco Antonio e Ottaviano, abbiano dato il via a una delle prime campagne di disinformazione politica della storia. La diffusione della notizia falsa avveniva tramite i messaggi che Ottaviano incideva sulle monete, definendo il suo rivale ubriaco e poco affidabile.

Mettendo da parte la storia, è senza dubbio con la comparsa di Internet e i social media in particolare che il problema ha assunto dimensioni considerevoli, perché proprio grazie al web chiunque può leggere una notizia falsa. Basta poco per rendersi conto che la fonte non sia attendibile ma purtroppo se il fenomeno è esploso significa che la gente non è poi cosi attenta. Alcune volte sono gli stessi giornalisti che diffondono informazioni, in tutto o in parte, non corrispondenti al vero, perché attingono a fonti di dubbia qualità senza una accurata verifica.

Nonostante tutto, proprio il web può essere la risposta definitiva alle fake news e alla disinformazione che ne segue, grazie alla sua vocazione alla trasparenza e alla sconfinata mole di informazioni che custodisce. Questo avviene grazie al fact checking, ovvero la verifica puntuale delle notizie riportate dai media attraverso un lavoro di collaborazione e di consultazione di fonti affidabili.

Alla fine di febbraio 2017 erano attivi un centinaio di progetti riguardanti il fact checking in diverse nazioni del mondo. Per essere affidabile un fact checker, deve rispondere ad alcuni requisiti: analizzare il punto di vista di tutte le parti coinvolte e presentare dati oggettivi e da questi trarre le sue conclusioni. Soprattutto, deve garantire massima trasparenza sulle fonti consultate e metodi adoperati per screditare una bufala.

Attività di questo tipo richiedono, oltre che ottime competenze e una grande conoscenza della rete, tanto tempo: Mark Little, fondatore di Storyful, agenzia irlandese specializzata nella verifica dei contenuti rilanciati dai social media, spiega come un’operazione di fact checking condotta da professionisti possa richiedere almeno una giornata di lavoro, quindi tante ore dal punto di vista dei costi, per riuscire a bloccare una bufala prima che diventi virale.

Per questo gli operatori della rete, dai social media alle testate giornalistiche in generale, stanno guardando con sempre più interesse alla tecnologia e alla collaborazione con gli utenti come “strumenti privilegiati e gratuiti” per un controllo rapido ed efficace, come fa attualmente il Washington Post.

Tra i progetti degni di nota c’è il Factmata Project, finanziato da Google Digital News, il cui obiettivo è quello di automatizzare la verifica delle informazioni riportate online dai vari media confrontandole con statistiche e dati pubblicamente disponibili. Il controllo riguarda soprattutto news e tweet, di argomenti limitati – in questo momento molto attivo sulla politica, con il passare del tempo sicuramente il Factmata diventerà sempre più completo e affidabile. Lo scopo finale sarebbe quello di sbugiardare, quasi in diretta, le bufale o mezze verità riportate dalle varie fonti di informazioni.

Arriviamo dunque a Facebook. Era uno dei punti focali del Facebook Journalism Project lanciato nei primi giorni del 2017 da Mark Zuckerberg. Negli Stati Uniti c’è stata la prima segnalazione da parte del social di un articolo considerato alla stregua di una fake news, guarda caso questo articolo falso riguardava il neo presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Il sistema funziona con un bollino rosso, un’etichetta con la dicitura contestata che accompagna le notizie che team di giornalisti hanno sottoposto a verifica e ritenuto false o fuorvianti. La notizia in questione era incentrata sul fatto che il telefono di Trump avrebbe favorito fughe di notizie dalla Casa Bianca a causa del sistema operativo Android.

A cadere in errore è stato il giornale satirico The Seattle Tribune, che in effetti ad una prima occhiata sembra essere una seriosa testata di news. Purtroppo, come accade in Italia, diversi utenti cascano su nomi di giornali simili agli originali che spacciano notizie assurde credute poi come vere, come il fatto quotidaino e liberogiornale. Il motivo per cui gli utenti credono a questi sito falsi è dovuto principalmente al fatto che non leggono la notizia, vedono il post e il titolo quindi condividono, spesso con un messaggio di indignazione, senza rendersi conto che basterebbe aprire il link per accorgersene; la cosa peggiore è che se qualcuno fa notare che la notizia è falsa la maggior parte degli utenti non ci crede, nonostante la netta evidenza.

Facebook sa bene che la più grande risorsa della rete sono però i suoi utenti, quindi oltre a lavorare sull’intelligenza artificiale, vuole sfruttare anche gli iscritti per controllare in tempo reale ciò che viene pubblicato sulla piattaforma: per esempio dando la possibilità di taggare i contenuti sospetti ed evidenziando quando un contenuto che si sta per condividere è stato indicato come non affidabile da più persone.

Sul tema delle bufale digitali, si è espresso qualche giorno fa anche Tim Berners-Lee, il creatore del World Wide Web, in una lettera aperta, in occasione del 28° compleanno del www. Berners-Lee auspica una regolamentazione più severa della propaganda politica online e si dice convinto che la risposta alla disinformazione online risieda, almeno in parte, nella tecnologia.

Nonostante il fact checking e la lotta alle fake news siano spesso associati al mondo della politica, in quanto una notizia falsa ben costruita può spostare centinai di voti, non mancano le iniziative finalizzate a tutelare la correttezza dell’informazione scientifica. Tra queste SciCheck, che si occupa di smascherare, dati alla mano, bufale come la correlazione tra vaccini e autismo o la negazione dei mutamenti climatici.

Ecco quindi una semplice linea guida su come smascherare una bufala.

In primo luogo gli utenti potranno indicare, grazie a un nuovo bottone, le storie sospette. Sarà il social a fare una prima scrematura, per poi inviare le segnalazioni a un comitato di giornalisti specializzati; nel caso in cui la notizia verrà riconosciuta come falsa, sarà etichettata come disputet, cioè contestata. Quindi niente censura, ma nuovi elementi che possano aiutare le persone a decidere a cosa credere. I post bollati resteranno in bacheca, anche se saranno penalizzati dall’algoritmo che li renderà meno visibili. Sullo schermo degli utenti che vorranno comunque condividere la notizia, apparirà il seguente messaggio: “l’accuratezza di questa storia è stata ritenuta discutibile da un gruppo di analisti terzi”. L’utente a questo punto potrà scegliere se condividerla lo stesso oppure no. Infine, Facebook indica anche un’altra novità anti-bufale, ovvero sarà penalizzato dal punto di vista finanziario chi userà lo spam per aumentare gli accessi al proprio sito. Quest’ultima circostanza è ancora in fase di realizzazione.

In Italia su Facebook le notizie false si possono già segnalare, ma il “bollino rosso” non è ancora attivato.

Questo sistema, che per ora comincia a essere testato negli Stati Uniti, è solo una delle armi annunciate da Facebook per contrastare la diffusione di contenuti falsi e fuorvianti che “inquinano” la sua piattaforma. D’altro canto proprio il fondatore di Facebook ha annunciato che farà di tutto per arginare le notizie false, elogiando l’importanza dell’accuratezza dell’informazione, arrivando a ipotizzare di usare per questo scopo (in futuro) anche l’intelligenza artificiale; d’altronde si gioca anche la credibilità del social netowrk più diffuso al mondo.

La presidente della Camera Laura Boldrini, molto attiva su questo fronte, ha chiesto alla compagnia di aprire un ufficio operativo anche in Italia.

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Articolo scritto e redatto da Alessandro Sacco | Tutti i diritti sono riservati 

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