In occasione delle collaborazioni fra il noto marchio low cost H&M ed i famosi, e più dispari stilisti, mi muovo sempre per tempo. Scrivo della collezione, pubblico il video della coda davanti al negozio il giorno dell’apertura etc etc.. ma questa volta è stato diverso. Assorbita da lavoro ed eventi, questa collaborazione, qui sul sito, è passata un po’ in sordina. Ma non potevo non scrivere nulla. Allora ho scritto su twitter se qualcuno voleva scrivere un pezzo raccontando la sua esperienza e ho ricevuto alcune mail interessanti!

Ne ho scelte due che, per onore di causa, riflettono le due posizioni che si potevano avere: chi c’è andato (non troppo convinto) e chi non ci pensava nemmeno per sogno di andare

A voi buona lettura

Chi c’è stato:

Mea culpa. Non ho partecipato attivamente all’ondata di eccitazione collettiva che ha colpito la blogosfera. Al buzz. Alle sneak peaks. Scusa Donatella. Scusa. E non perché quest’anno sembri andare di moda lo snobbare apertamente il guest designer di Hennes e Mauritz. Anche perchè è stato un Metro (in fiammingo, per di più) semi appallottolato trovato in un treno verso Halle a ricordarmi che oggi, il 17 novembre, Madama Versace avrebbe placidamente invaso alcuni selezionatissimi store del colosso svedese. Io pensavo fosse domani il 17 novembre, lo giuro. Ed in ogni caso non avevo la benchè minima intenzione di rischiare la vita per un pezzo di stoffa di qualità relativamente dubbia e dalle stampe ancora più dubbie. Diciamo che non ho proprio un viso adatto al leopardato fluo e ai fiori tropicali, io. In più, ho visto cose, all’epoca della collaborazione con Jimmy Choo (anche in quell’occasione ero una passante distratta, oh hello fashion bloggers!) che voi umani non potete immaginare. O forse potete, perché c’eravate. E avete partecipato attivamente, per l’appunto.

 Finito di fare quella controcorrente, diciamo che per puro caso in una gelida mattina di novembre mi sono ritrovata in Rue Neuve, la via dello shopping “di massa” di Bruxelles. E sono colta di sorpresa: dove sono tutti? Dove sono le file chilometriche, le fanciulle urlanti, gli street fights per accaparrarsi un posto in fila? Lo ammetto, erano almeno le undici quando mi sono avventurata, come guidata da un Google Maps invisibile, verso il più grande H&M di Bruxelles. Ma eccezion fatta per i capannelli di signori anziani e turisti italiani in Woolrich e Timberland che osservano con aria rapita gli operai del comune installare le luminarie natalizie, la rue Neuve è semideserta. Sconcertantemente semideserta. Ormai mi aspetto il peggio. Eppure, arrivata in vista del suddetto megastore, non mi sarei mai aspettata che l’afflusso di gente fosse maggiore verso il non-più-nuovo Forever 21 che verso i lidi svedesi. E invece. Una volta entrata, inizio a cercare spasmodicamente una traccia (più tangibile della mezza vetrina dedicata all’evento)(lo stock è quello che è, suppongo) dell’italica presenza in loco. Niente. Com’è possibile,  è già tutto finito? La maggior parte degli acquirenti in negozio è totalmente disinteressata, molti non hanno idea del perché tutto questo trambusto per “delle stampe bizzarre e degli abiti da drag queen” (citazione letterale di una signora di mezza età che si rivolgeva alla figlia). E una volta arrivata in fondo al pianterreno del negozio, luogo prescelto per le installazioni, nessun fashionista, ma per lo più curiosi, turisti, e robuste donne africane. “Stampe così sono roba per loro”, ho sentito dire un membro del personale ridacchiando. Chiedo spiegazioni ad un commesso vagamente imbarazzato dalla maglia leopardata verde acido e turchese cangiante che porta oggi come divisa. “Chi, i fashionistas? Quelli erano qui alle quattro e mezza del mattino, pare. Il team delle pulizie ci ha insultati pesantemente all’orario di apertura. Han fatto un disastro fuori dal negozio.” io sorrido, penso che scherzi, ma lui no. È serio. “Gli stock sono finiti alle 11. Anche la collezione da uomo era terminata alle 11. Una ragazza asiatica ha speso più di tremila euro, ha comprato un capo per tipo.”. In effetti, l’area dedicata alla collezione è –ormai– ridottissima. Lo staff è visibilmente frustrato, devono cercare di impedire che chi circola all’interno dello spazio transennato possa comunicare con chi ancora non può. “On ne fait pas de commerces, vous devez attendre votre tour à 14h!” strilla una commessa bionda. L’allestimento non è nulla di che, anzi; regolarissimi stand H&M. Il che significa semplicemente che chi non in possesso di bracciale deve attendere le due del pomeriggio per potersi accaparrare qualcosa, ammesso che qualcosa resti. Io non ho un braccialetto. È lunga fino alle due, è solo mezzogiorno. E mentre mi chiedo che cosa mi spinga a restare sur place, noto con un sussulto che i bracciali, che ho appena scoperto essere la ragione principale della mia presenza qui, stanno rapidamente andando esauriti. Cosa fare? Cercare di corrompere qualcuno dei clienti che gironzolano beati dalla parte giusta delle transenne? Implorare il personale? Improvvisamente mi chiedo perché non ho posticipato il colloquio di lavoro che mi ha spinta a Bruxelles, mi chiedo in quanto tempo i miei oggetti del (recente) desiderio si esauriranno, mi chiedo perché il bisogno improvviso di qualcosa di piuttosto costoso per una qualità tutto sommato dozzinale. Finchè decido che in realtà non mi interessa. E metta giù il collier dalla testa di leone, signora, è mio. Non mi piace neanche più di tanto, ma ripeto, ormai ho bisogno di questa inutilità nella mia vita! E mentre osservo commessi scortare clienti fino alle casse (per essere sicuri che non abbiano comprato capi per qualcun altro), e mentre decido che in realtà sono solo una copywriter free lance, e che 120 euro per una gonna di H&M oggi forse no, una ragazza (dalla parte giusta delle transenne) mi chiede “T’en veux un?”, ne vuoi uno?. Uno cosa? I miei neurotrasmettitori hanno appena il tempo di comunicare al mio cervello (ormai andato) che l’oggetto in questione è il bracciale con medaglione e catene che io mi sento rispondere “Oui, c’est trop gentil, merci”. Lei sorride, lo mette nella shopping bag, e mi accompagna alle casse. Io sono un po’ stordita.

E questa è la storia di come sono tornata a casa trionfalmente con un bracciale da 24.95€ della collezione di Versace for H&M del quale non avevo assolutamente bisogno. E che, ad essere onesti, mi sembra anche abbastanza pacchiano. Però la confezione è troppo carina.

Scritto da Giulia

Chi non c’è stato:

Versace collabora con H&M è la voglia di shopping cresce in ogni donna. Anche io all’uscita della notizia qualche mese fa mi sono emozionata all’idea di questa collaborazione che avrebbe, per l’ennesima volta, messo un brand internazionale alla portata di tutti. Poi in questi mesi di promozione svolta tramite i più importanti magazine con editoriali dedicati solo a questa collezione, ho avuto tutto il tempo di rifletterci sopra. Certi disegni erano un pò spinti, specialmente nella collezione maschile, ho fatto mentalmente la lista dei miei preferiti e fino al giorno che ho ricevuto nella mia email la press release con il listino dei prezzi ero convinta che il 17 novembre sarei andata da H&M a fare shopping.

Oggi è il 17 novembre ed io ho continuato con la mia giornata come se nulla fosse, senza che mi passi per la mente la collezione Versace per H&M. Cosa sarà successo, direte voi, dall’emozione della notizia qualche mese fa ad oggi? No non mi sono all’improvviso trasferita in una comunità Hamish, e non ho smesso di provare piacere nello shopping. Ho solamente avuto il tempo di riflettere con più calma sull’offerta della collezione e sui prezzi. Quando facciamo shopping ci sono 3 cose principali che fanno leva sui nostri comportamenti nel scegliere un capo : 1) Il Brand 2) Il design 3) La qualità ed i materiali

Nonostante non tante persone lo ammetterebbero il Brand è un valore intangibile che fa leva sui nostri comportamenti specialmente per lo status che il brand ci “dà” nella società. Il design molte volte è associato al brand perché in un ambiente di consumatori informati, come è l’ambiente della moda, è molto facile riconoscere il brand tramite il design, i colori ed i motivi delle stoffe usate. La qualità ed i materiali fanno la differenza tra i brand di alta moda e quelli di medio livello. Usando tutta la mia conoscenza nel decidere se ne valeva la pena fare la fila dalle 2 di notte davanti al negozio H&M di San Babila a Milano sono arrivata alla conclusione che non era il caso.

Versace è un brand che ti regala uno certo status, ma non dimentichiamo che non stiamo comprando un capo Made in Italy by Versace. Stiamo comprando un capo di H&M disegnato da Donatella Versace. Il design della collezione era la parte che mi aveva convinta ed emozionata all’inizio. Conoscendo il lavoro di Gianni Versace negli anni 80-90 si vedeva che questa collezione era un tributo a lui, per i colori e motivi usati. Per quanto riguarda i materiali posso dire che non ho visto la collezione di persona, pero avevo forti dubbi nella riuscita della lavorazione della eco-pelle o degli appliqué di borchie e i cristalli da parte di H&M. Nel mio guardaroba si trovano già dei pezzi di Versace comprati negli anni. Tutti presi a prezzi a poco dire paragonabili a quelli della collezione Versace per H&M. La differenza è che io ho una borsa di pelle Versace comprata a €230 nell’outlet di McArthurGlen di Serravalle durante il periodo dei saldi con il prezzo originale di €1870, una evening bag pagata €100 in un sample sale e un gilet di Gianni Versace comprato in un Vintage Store a Venezia e pagato €50. Tutti questi pezzi sono di pelle, hanno resistito all’uso negli anni e hanno quel imprinting Versace nel design e nei colori. Nel momento in cui mi sono posta la domanda se dovevo preparare la carta di credito insieme al sacco a pelo per andare a fare shopping della collezione Versace per H&M , ho chiamato la mia amica Claire e siamo andate a fare un giro nei negozi vintage sul Naviglio Pavese

Scritto da Anjeza

2 Risposte

  1. The Dolls Factory

    A Giulia poteva andare anche peggio …poteva prenderle l’euforia di gruppo e prendere tutto quello che le passava d’avanti con il pensiero che se tutti stavano li in fila dalle 2 di notte qualcosa che lei con riusciva a cogliere in quel momento c’era. 🙂