Non di solo pane vive l’uomo. Né di solo vino. L’uomo vive principalmente di emozioni, sono esse che danno forza. Sono le emozioni che ci spingono a sognare, ad agire, a sperare. A maggior ragione quando una persona ha una grande passione sono proprio le emozioni che lo aiuteranno ad alimentarla ed a coltivarla. Le emozioni vanno ricercate, vanno scovate e vissute con grande naturalezza e spontaneità, abbracciandole ed accettandole, senza il timore di essere giudicati

 

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A volte capita che il vino dia emozione, o meglio ancora, sia emozione. Succede che, gustando un bicchiere di vino, questo ci trasmetta qualcosa che trascende le semplici sensazioni gusto-olfattive e va a sollecitare più nell’intimo, nel profondo. Ma in realtà quando questo succede non è il vino ad essere l’emozione. Il vino è un veicolo in cui chi l’ha prodotto è riuscito ad imbrigliare una piccola magia fatta di passione, amore, dedizione, speranza ed aspettative. Emozioni. Sono i vignaioli ad instillare le emozioni all’interno del vino che poi, contenitore perfetto, le porta fino a noi in modo da poterle gustare a casa, da soli o fra amici

 

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La categoria dei produttori di cosiddetti vini naturali è troppo spesso composta da santoni adorati dai critici, e sconosciuti alle masse. Persone talmente lontane dalla realtà del  mondo esterno da risultare quasi algidi. È per questo che quando capita di conoscere una di quelle persone speciali dotate della capacità rara di emozionare bisogna fermarsi un attimo a riflettere. A cercare di comprendere quale messaggio ci viene trasmesso e come fare a recepirlo al meglio, senza fraintenderlo. Gildo Gennari, patron della Tenuta Maraveja di Brendola (VI) è proprio una di quelle persone. Sguardo schietto, occhi vispi, tanto da raccontare e un’umiltà talmente sincera da lasciare disarmati

 

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Passare alcune ore in compagnia di Gildo, passeggiando attraverso le sua vigne, parlando con lui della sua terra e della sua storia è un’esperienza che raccomando a tutti. È una ventata di vitalità strabordante e di orgoglio contadino. Un uomo con un progetto ben preciso che sta realizzando a poco a poco con le sue mani e le sue forze. Un progetto complesso che comprende la riscoperta di antiche tradizioni rurali (chi le utilizza più oggi le strope?), il recupero di un vecchio casolare oggi adibito a bed&breakfast e, naturalmente, la produzione di ottimo vino dei Colli Berici. Un progetto con una forte valenza ambientale che, lasciando inerbito il terreno fra le vigne e regimentando versanti altrimenti incolti, mette anche in sicurezza da eventuali dissesti, a costo di tanta fatica in più

 

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I vini di Gildo conquistano già al primo sorso, a partire dal Gemma: genuina espressione della Garganega ottenuta a pochi chilometri dai più rinomati territori di Soave e Gambellara. Una Garganega piena e possente, cresciuta su suoli poveri d’acqua che ha bisogno di tempo per esprimersi al meglio, tanto che adesso Gildo vende l’annata 2007. Passando quindi al Cabernet Sauvignon (in commercio l’annata 2009), forse il vino della tenuta che mi ha maggiormente impressionato in positivo. Quello che colpisce di questo vino verace è proprio il suo carattere possentemente varietale, ma senza sbavature. Non verde, non solo erbaceo, non muscoloso, ma pieno, maturo di quella maturità conferita dall’uva. Un vino vero, che sa esattamente di quello che è scritto in etichetta e con un finale amarognolo très charmant, una rarità di questi tempi. Immagine fedele del suo produttore

 

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Il Merlot, in commercio il millesimo 2009, proviene da un vigneto a pergola di oltre trent’anni e viene affinato solo in acciaio come il Cabernet Sauvignon. L’impatto olfattivo è estremamente piacevole, con note di piccola frutta rossa e nera che si ritrovano in bocca mature, ma senza indulgere nella dolcezza. Il finale è leggermente amaro come il Cabernet: un vino di grandissima beva. La punta di diamante della cantina è il Roccorosso, annata 2005, composto da 60% Merlot e 40% Cabernet Sauvignon, invecchiato per metà in botti di rovere. Nonostante i sette anni di età il vino è decisamente fresco al naso, ancora giovane e vibrante. Lungo e complesso, in bocca si ritrovano le note degli altri due rossi potenziate e più eleganti, molto equilibrate. Dopo qualche minuto nel bicchiere rivela una bella nota di caffè, davvero un ottimi vino. Il prossimo nato dell’azienda sarà il Petit Verdot, lavorato come gli altri due monovarietali. L’assaggio da vasca rivela un grande potenziale: profumi floreali, colore molto fitto e grande consistenza in bocca. Da tenere d’occhio

 

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Passare del tempo con persone come Gildo fa bene, davvero. Peccato che di tempo ce ne sia sempre troppo poco…

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Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati

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