Il panorama vitivinicolo italiano è composto sia da piccole realtà a conduzione familiare che coltivano pochi ettari e producono qualche migliaio di bottiglie, sia da grandi gruppi articolati che gestiscono migliaia di ettari disseminati fra tutte le maggiori zone vinicole della penisola e contano le bottiglie in milioni. È importante rendersi conto che ognuno ha bisogno dell’altro, perché il nome di un vino viene veicolato in tutto il mondo grazie ai grandi produttori, globalmente riconosciuti, mentre i piccoli nomi tengono alto li marchio di qualità dell’artigianato vinicolo italiano, andando ad intercettare una fascia di clientela difficilmente raggiungibile dai gruppi maggiori

 

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Il mese scorso si è tenuta a Milano un’interessantissima serata dedicata ad approfondire la conoscenza con un gruppo che da quasi due secoli opera con successo nel campo vinicolo. Si tratta della Casa Vinicola Zonin, attiva nella viticoltura fin dal 1821 è dopo esattamente un secolo, nel 1921,  che viene ufficialmente fondata con questo nome. Da allora una serie di importanti acquisizioni che l’hanno portata oggi ad avere vigneti dal Friuli alla Sicilia, fino agli States, dove dal 1976 il gruppo possiede la tenuta di Barboursville in Virginia. Ad oggi le tenute della famiglia Zonin comprendono oltre 2.000 ettari vitati in Italia e circa 90 negli Stati Uniti, qualificandola come uno dei principali gruppi italiani ancora a conduzione familiare del settore

 

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La serata si apre con un piacevole aperitivo a base di Prosecco DOC Cuvée 1821. Punto di partenza simbolico in quanto è proprio dal Veneto, ed in particolare da Gambellara, che proviene la famiglia Zonin. Già dal Prosecco si intuisce la linea produttiva seguita dall’azienda: finezza nei profumi, eleganza senza strafare e buona beva. Ci si trasferisce quindi al piano interrato dell’attrezzato ed accogliente spazio espositivo che Valcucine ha messo a disposizione per l’occasione e si inizia la degustazione vera e propria. Si taglia trasversalmente l’Italia per arrivare alla tenuta Abbazia di Monte Oliveto ed alla sua Gentilesca ’11. Vernaccia di San Gimignano DOCG dai sentori floreali, di buona mineralità e che presenta anche una gradevole nota di frutta gialla (susina). Un vino corretto, piacevole, pulito, senza sbavature. L’Insolia ’11 del Feudo Principi di Butera ha al suo interno tutto il sole di quella’isola ammaliatrice che è la Sicilia. Un vino dalla spiccata maturità che gioca sulle note del giallo acceso, vivo, rotondamente pieno

 

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Dall’estremo sud all’estremo nord-est con il Sauvignon Aquilis ’11 della tenuta Ca’ Bolani, vino che già nel nome reca inciso il marchio indelebile della propria provenienza. Aquilis, nome romano della città di Aquileia, è stato a mio modesto parere l’assaggio più intrigante della serata. Profumi estremamente espressivi che giocano sulle note erbacee, officinali, così come sugli agrumi (lime) e sul minerale. Bocca di grande carattere in cui si incontra la sincera sapidità della terra friulana proiettata verso il mare.  La seconda bollicina della serata viene da una terra particolarmente vocata alla coltivazione del Pinot nero, l’Oltrepo, ed è l’Oltrenero brut della Tenuta Il Bosco. Un bel Cruasé dall’elegante colore rosa aranciato, ottenuto dalla breve macerazione a contatto con le bucce, e dai profumi spiccatamente varietali di fragolina di bosco e mirtillo, accompagnati dalle note di crosta di pane conferite dalla sosta di 24 mesi sui lieviti. Un metodo classico che piace parecchio, specialmente in abbinamento ad un grande salame di Varzi

 

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Si passa ai vini rossi prodotti dalla famiglia Zonin, partendo dal Sasseo ’11 della Masseria Altemura, un Primitivo del Salento dal carattere piacione, morbido, maturo, semplice e caloroso. Un vino che non nasconde niente, quasi sfacciato, che non cela la propria natura, ma anzi la espone con fierezza. Grande morbidezza che si ritrova anche nel Sassabruna ’10 della Rocca di Montemassi, una delle acquisizioni più recenti del gruppo ubicata nella Maremma toscana.  Il Sassabruna è un blend di Sangiovese, Merlot e Syrah che ad un naso di piacevole complessità dove si avvertono note vegetali, fruttate (ciliegia) e balsamiche fa seguire una bocca particolarmente calda di frutta matura, ben sostenuta dall’acidità. La terra di Maremma, copiosamente irrorata dai raggi del sole, si fa sentire con forza all’interno del bicchiere

 

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Il Castello d’Albola è l’importante tenuta che la famiglia ha acquisito nel cuore del Chianti Classico: 850 ettari di cui 157 vitati dove si produce, fra l’altro, l’Acciaiolo, blend di Sangiovese e Cabernet Sauvignon. Il ’09 ha un naso particolare, leggermente affumicato, balsamico e dove si avverte l’azione del legno che necessiterà di tempo per amalgamarsi al tessuto del vino. In bocca tradisce la sua giovane età lasciando in primo piano il velo della barrique e facendo uscire poi il carattere dell’uva. Col tempo tirerà fuori il meglio di sé. Si chiude rientrando giustamente in Veneto con l’Amarone 2009, un vino molto bello, di grande eleganza e struttura. Il naso è ricco ed esuberante: ciliegia sotto spirito, uva passa, liquerizia, petali di rosa e leggera balsamicità si alternano in un carosello suadente e colorato. La bocca è tanto setosa quanto di carattere: la dolcezza non eccessiva è ben controbilanciata dall’acidità. Un bel prodotto, che conferma, esattamente come il primo assaggio, la volontà della famiglia di produrre vini eleganti e piacevoli

 

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Una bella serata in compagnia di Francesco e Lorenzo Zonin e del sempre bravo Davide Oltolini per gli abbinamenti cibo-vino. C’è sempre da imparare, l’importante è avere costanza ed umiltà

Il Fede

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Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati