Il risveglio dopo la prima semifinale mondiale è stato per tanti appassionati surreale. Giocatori e tifosi brasiliani speranzosi di essere usciti da un incubo. Popolo tedesco rafforzato in una corazza già solida per definizione della stirpe teutonica.

Dall’altra parte del tabellone, c’erano, questa mattina, due squadre ancora in corsa per il titolo mondiale ed anch’esse sbigottite dal debacle verde-oro, nazionale ospitante che in una serata ha trasformato il proprio motto ‘Ordem e progresso’ in ‘Caos e regresso’.

 

 

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Argentina ed Olanda per motivi diversi hanno una spinta egualmente intensa per raggiungere la finale: i primi potrebbero alzare la Coppa, nel paese del proprio peggior nemico calcistico; i secondi potrebbero rivalersi dell’occasione perduta con la Spagna, quattro anni or sono.

 

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Se le assenze sono state determinanti nell’umiliazione del Brasile, il CT dell’Argentina Sabella fà i doverosi scongiuri, essendo costretto a rinunciare all’ottimo Di Maria, fondamentale nella fase preliminare del mondiale dell’Albiceleste.

Sul versante Orange, Mister Van Gaal, di gran lunga miglior tecnico di questo Mondiale e prossimo allenatore del Manchester United, può godersi tutti i suoi gioielli, sperando che Van Persie, leggermente in ombra nelle ultime esibizioni, ritrovi la verve del match disputato e stravinto contro la Spagna, nella fase a gironi.

 

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Dopo le schermaglie tattiche dei primi venti minuti, è l’Argentina a farsi vedere più spesso nell’area di rigore olandese, senza però occasioni nitide. Sembra che i giocatori sudamericani abbiano una marcia in più con la velocità di Lavezzi e Perez, che si incuneano tra i ‘lunghi’ centrali dell’Olanda.

Il forcing porta alla prima occasione da Gol con un colpo di testa di Garay, che alza sopra la traversa e rischia di perdere il lobo temporale, per una scarpata subita in mischia.

Le parti in campo sono equilibrate e speculari: attacchi brevilinei, contro difese rocciose ma lente. L’esito della partita dipenderà da chi riuscirà, nel bene o nel male, a smuovere questo scenario.

Negli ultimi minuti del primo tempo, il primo guizzo di Messi, forse il giocatore più atteso e sul quale pesa da anni l’eredità di Diego Armando Maradona, ultimo capitano argentino ad alzare la Coppa del Mondo, nel 1986.

 

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Il primo tempo si spegne avaro di emozioni. Un relax quasi dovuto come digestivo della partita osservata appena 24 ore fa. Al rientro in campo, però, si deve fare sul serio, anche per agire psicologicamente sulla Germania finalista.

La vivacità che ci aspettiamo da questo match tarda arrivare, grazie agli ottimi interventi difensivi, di entrambe le retroguardie: Messi e Robben avrebbero più libertà a Guantanamo.

Al 57′ ci prova Higuain, ‘El Pepita’, il cui colpo di testa, a colpo sicuro, viene murato da Vlaar, insuperabile in questo match.

La fase centrale del secondo tempo vede come unica protagonista una scrosciante pioggia.

Al 74′ primo vero brivido della partita: Cross teso sul primo palo di Perez, su cui si avventa ancora Higuin, che in spaccata indirizza sull’esterno della rete, creando un’illusione ottica che gela metà stadio e strozza l’urlo in gola all’altra metà.

Sabella cerca di dare la scossa finale ai suoi, inserendo la coppia d’attacco Aguero-Palacio al posto di Perez e Higuain. Van Gaal attende l’evolversi del match, tenendo in serbo la sua arma, ormai non più segreta, Krul, il para-rigori.

Al 90′ la possibile svolta: Robben si incunea nell’area argentina, ma esita nella conclusione consentendo un recupero prestigioso a Mascherano. Si profilano gli Extra-time, per buona gioia delle nostre notti insonni. E così è.

Nei supplementari il CT olandese Van Gaal, dà un segnale importante alla squadra: inserisce la punta Huntelaar, ex Milan, sfruttando la sua ultima sostituzione. L’Olanda vuole chiudere la partita prima dei tiri dal dischetto.

A 5′ minuti dal termine, questa volta il match-ball è sulla testa di Rodrigo Palacio, attaccante dell’Inter, che appoggia debolmente nelle braccia del portier olandese, incredulo di un simile regalo. Poco dopo Messi si beve mezza difesa orange e fornisce un cross perfetto per Maxi Rodriguez, la cui volée si ‘strozza’ in modo inversamente proporzionale al nodo della cravatta di Sabella.

Gli ultimi minuti sono tutti a favore dell’Olanda che stringe alle corde l’avversario, ma senza alcun esito.

Dopo 120 minuti di noia, l’abilità nel calciare i rigori (non mi piace definirla ‘lotteria’) ci svelerà la seconda finalista. Il tecnico Van Gaal potrebbe aver commesso il suo primo errore in questo mondiale, non schierando il suo portiere ‘amuleto’ che murò i sogni di gloria del Costa Rica.

Il portiere argentino Romero, ex Sampdoria, ipnotizza Vlaar e Sneijder e porta l’Albiceleste in una finale che mancava dal 1990.

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Proprio in quell’anno, In Italia, la finale fu Argentina-Germania, con la vittoria di quest’ultima e le lacrime di Maradona.

Le stesse lacrime, domenica allo Stadio Maracanà di Rio de Janeiro, potrebbero rigare, in un senso o nell’altro, il volto del successore predestinato: Lionel Messi. Davanti ci sarà una Germania che vorrà bissare l’illustre precedente. Una partita da non perdere.

 

Credits: Reuters

Articolo scritto e redatto da Luca Gandini | Tutti i diritti sono riservati

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