Ancora oggi, a distanza di un anno, se chiudo gli occhi, riesco a rivivere le stesse emozioni. Riesco quasi a farmi trasportare nello spazio e nel tempo e a trovarmi ancora là, alle 4.45 della mattina, nelle strade deserte di New York in attesa del pullman. Riesco a provare lo smarrimento misto all’esaltazione del tragitto sul Ferry Boat verso Staten Island e riesco a riassaporare tutti i momenti dell’attesa prima della partenza.
Era un sapiente mix di orgoglio, di felicità e di timore di affrontare qualcosa di grande che avrebbe lasciato un segno indelebile, ma anche la consapevolezza di avere tutte le carte in regola per farlo.
La partenza ai piedi del ponte Verrazzano, sulle note di New York New York di Frank Sinatra, è quanto di più emozionante possa esserci. Sovrastato da un gigante, insieme ad altre 50 mila persone, per un’atleta che ha deciso di sfidare se stesso, i propri limiti, il tempo e forgiare il proprio corpo per percorrere 42,195 metri è un’emozione inimmaginabile. Bisogna viverla per poterla raccontare. Raccontare per poterla ricordare, renderla viva e mantenerla tale nella memoria.
Ancora oggi, mi sembra di aver fatto un sogno, eppure è stato tutto così reale: l’esaltazione della partenza, le raffiche di vento sul ponte Verrazzano, il frastuono di voci e musica dei primi chilometri che contrastano con il silenzio del Queensboro Bridge, l’unico vero momento in cui ci si sente veramente soli in una tale impresa. Poi ancora le urla e le voci lungo 1st Avenue che si snoda ondulata e mette a dura prova le gambe fino ad arrivare al Bronx, attraversare Harlem e poi giù per Fifth Avenue e terminare in Central Park. 42 chilometri per imparare ad amare New York meglio di qualsiasi altro turista seriale. 42 chilometri per imparare a gestire l’entusiasmo, la fatica, la paura, i muscoli che si fanno sentire in modo diverso ad ogni passo e che rivendicano anche le fatiche dei tre mesi passati. Varcare la Finish Line regala un senso di accomplishment ineguagliabile. La voglia di farcela, la fatica di trovare il tempo, la forza per farsi un tale regalo è qualcosa che, a distanza di mesi, riemerge facilmente a riprova che niente è prestabilito, niente può essere veramente dato per scontato o per perduto nel momento in cui si culla un sogno e ci si dedica anima e corpo al raggiungimento di un obiettivo.
La maratona di New York, otre che una medaglia ed una maglietta che sono state doverosamente incorniciate, mi ha lasciato la sensazione che ogni cosa ha un suo ruolo nella vita delle persone e che ognuno di noi se ha il coraggio di sognare, deve saper sfidare se stesso per raggiungere veramente ciò che si merita. La mia maratona di New York è una somma di insegnamenti ed emozioni da rivivere quotidianamente per riequilibrare le giornate no e valorizzare quelle estremamente positive. La maratona è uno strumento potentissimo di equilibrio vitale.
Chi ha la fortuna di cimentarsi rimane sbalordito da quanto sia in grado di commuovere, smuovere, insegnare e coinvolgere. Le sensazioni che lascia sono uniche e catalizzano la persona a tal punto che non può fare a meno di parlarne. Chi non ha la fortuna di averla mai provata, spero che trovi la forza, almeno una volta nella vita, di lasciarsi contaminare. la corsa farà tutto il resto e New York sarà la degna cornice di un sogno che si realizza.
La fatica che caratterizza i giorni successivi non pregiudica la voglia di provarla nuovamente, così come le immagini ed i video della diretta di oggi non hanno potuto fare a meno di risvegliare quell’ardore e quella pazzia di riviverla. New York aspettami di nuovo, non ti farò attendere molto!
Articolo scritto e redatto da FRANCESCA TOGNONI | Tutti i diritti sono riservati