È strano come a volte il titolo di un libro o la semplice copertina possa trarci in inganno. Un esempio è stato per me questo libro, letto sì e no in meno di un’ora, firmato da Daniele Salvaggio classe 1975, un inguaribile idealista, lottatore nel tempo e nelle funamboliche sfide o almeno così si definisce. La comunicazione il mondo dei media sono la sua professione, la valorizzazione le persone e la sua silenziosa missione. Daniele, a metà fra la realtà e questo esordio nel mondo della narrativa, ha costruito questo libro provando a pensare a ciò che ciascuna persona desidera raccogliere e sfiorare quando legge qualcosa di nuovo, quando ascolto la canzone inedita, quando conosce un nuovo amico e lo inserisce nei contatti del proprio telefono.

 

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La Marmellata sul Panino è un libro che si legge tutto di un fiato, ma non aspettatevi di certo un libro sul food e nemmeno sui dolci perché qui le pagine vanno susseguendosi di metafore metafora e la storia diventa un viaggio dentro le emozioni, i sentimenti e le azioni di una vita che può essere “spalmata” in modi diversi e quando pensate che la storia sia diventata semplice e ne possiate immaginare la conclusione, ecco che Daniele è pronto a ribaltarne l’esito. Si parte da una metafora data proprio dal verbo “spalmare”, fulcro del racconto di due mondi completamente diversi, due tipologie di persone che sicuramente nella nostra vita abbiamo incontrato. Da una parte ci sono i timorosi, quelle abituate rimanere in superficie, attenti a delimitare i confini pensando più proteggersi che a mettersi in gioco, dall’altro lato ci sono uomini e donne pronte a stupire o perlomeno a lasciarsi stupire, proiettati verso l’imprevedibile e la sfida. Questi ultimi, la marmellata sul panino la spalmano senza pensarci troppo: cucchiaiate di confettura vanno sovrastare panini che si trasformano in dolci ciambelle.

Daniele ci racconta, attraverso la storia di due protagonisti Giorgio e Zaira, un viaggio introspettivo che passa per il cambiamento che talvolta spaventa, che talvolta istintivamente ci procurano desiderio di fuga, di ricerca di un alibi illusorio. L’autore ci insegna, forse senza nemmeno saperlo, che il cambiamento va vissuto e condiviso, perché diventa parte integrante della nostra persona e rifuggirne è inutile perché non può essere fermato, e al contempo può essere l’occasione per una nuova coscienza di sé. Vi lascio con l’inizio di questo libro, con le parole che Daniele ha scelto per iniziare questa avventura fatta di parole: “L’amore per una persona non si può progettare, né controllare, occorre che faccia il proprio corso, che si graffi, si distanzia, si assottiglia per poi rinvigorirsi, occorre lasciarlo vivere e morire, perché se non muore non produce dei buoni frutti”

 

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