Per un maratoneta c’è qualcosa di ancora più logorante dei 3 mesi di preparazione intensa: l’ attesa degli ultimi giorni, delle ultime ore. L’ attesa fa affiorare, infatti, alcuni atteggiamenti istintivi che i lunghi allenamenti dovrebbero aver limato, ma che per l’occasione riemergono in modo del tutto incontrollato come la tensione emotiva, l’agitazione per le prestazioni, la preoccupazione per le condizioni atmosferiche ed il controllo maniacale dei minimi dettagli.
Il peso dell’ attesa comincia a farsi percepire al momento di preparare i bagagli. Rigorosamente doppi: uno da imbarcare per contenere lo stretto necessario dedicato ai giorni “normali”, diciamo così, l’altro più importante e da non abbandonare mai dedicato a tutto quello che servirà il giorno della gara. Liste, contro-liste e controlli non sono mai sufficienti, sembra mancare sempre qualcosa. Il bagaglio della gara è quello più critico perché è strettamente correlato all’aleatorietà del tempo atmosferico e deve essere quindi necessariamente ad ampio spettro per facilitare ogni evenienza. Il tempo di Londra, poi, non aiuta di certo in questo! L’atmosfera è già tesa di per sé ad ogni partenza, ma il clima pre-gara si respira anche dalla musica di sottofondo. Si passa facilmente dalla colonna sonora di Rocky alla sigla di Daytan, Jeeg Robot d’acciaio, l’Uomo Tigre per tornare ad avere una parvenza semiseria con Viva la Vida dei Coldplay. Ogni momento è buono per racimolare un po’ di motivazione! Le valigie per andare semplicemente in vacanza hanno tutta un’altra colonna sonora, inutile dirlo!
La vera tensione dell’ attesa si palesa la prima volta al momento del ritiro del pettorale. La sontuosità, in numeri e dimensioni, dell’area espositiva al Custom House di Londra, mette quasi soggezione perché mette l’atleta di fronte alla grandezza dell’evento al quale avrà l’onore di partecipare. I chilometri possono essere simulati, la stanchezza delle gambe, il caldo o il freddo sono tutti elementi che durante la preparazione si cerca di ricreare per sapere come affrontare, ma l’emozione della gara ed il suo impatto è qualcosa di inimmaginabile. L’esaltazione data dalla presa di coscienza di essere in procinto di fare qualcosa di assolutamente non comune lascia spazio ad uno spiraglio di incertezza e tensione. Gli occhi velati di eccitazione si bloccano avidamente a considerare a ritroso se la preparazione sia stata sufficientemente adeguata. Gli occhi dei runners in questo momento non riescono a celare il misto di emozioni che li attraversa. L’esaltazione li invade per motivarli e farli sentire quasi invincibili, ma i piccoli dettagli possono far sorgere dubbi amletici di dimensioni insormontabili perché il timore blocca il senso pratico.
Dal ritiro del pettorale, l’attenzione si focalizza al ripasso quasi ossessivo del percorso cercando di immaginare quali possano essere i passaggi critici, sempre in relazione al tempo atmosferico e alla partecipazione alla gara da parte dei cittadini. Londra non è la città più stabile da un punto di vista atmosferico, ma il calore umano che i londinesi sanno creare non è un segreto e la gara si prospetta molto partecipata. Questo è di sicuro un vantaggio ed un prezioso supporto nei momenti più critici.
Le ore passano e bisogna farle passare, meglio scandire le ore dell’ attesa facendo svagare la mente, ma senza affaticare le gambe. Far scorrere l’ attesa nei quartieri di Londra non è difficile anche se ogni tanto quegli stessi sintomi riaffiorano e se il naso si rivolge all’insù nel vano tentativo di trovare la sorte della gara!
Guerriero, ha fatto il massimo e a volte il massimo può bastare. Non posso assicurarti che non soffrirai o che non ci saranno momenti critici, ma quando ci saranno, pensa solo ai chilometri del cuore!
Articolo scritto e redatto da FRANCESCA TOGNONI | Tutti i diritti sono riservati