Manca poco oramai alle elezioni presidenziali americane, un evento che in un modo o nell’altro interessa tutto il pianeta. In ogni nazione con l’avvicinarsi di novembre, i vari media ne parlano, ma come funzionano veramente queste elezioni? Spesso sentiamo parlare dei grandi elettori, del voto elettronico e di tante altre sfumature che sembrano succedere solo oltreoceano. Cerchiamo di capire come funziona realmente questo evento con delle piccole pillole, in modo da non farci trovare impreparati quando ne sentiamo parlare.

Incominciamo dal periodo in cui si tengono. Le elezioni presidenziali negli Usa si svolgono il martedì successivo al primo lunedì di novembre, ogni quattro anni. Si vota di martedì per via dei contadini. A metà del XIX secolo, quando la maggior parte degli americani erano agricoltori e frequentatori della chiesa, la domenica era giorno di culto e il mercoledì giorno di mercato. Così fu scelto il martedì per dare agli elettori il lunedì per viaggiare dalla loro sede al seggio elettorale della contea, ed essere a casa in tempo per il mercato.

Spesso sentiamo parlare dei così detti grandi elettori, spesso decisivi per la sorte dei candidati, ma chi sono costoro? Non sono i cittadini a eleggere il Presidente, ma appunto 538 grandi elettori riuniti a Washington: eletti su base statale, il loro numero è pari alla somma dei deputati e dei senatori di ogni Stato. Gli aventi diritto votano il candidato presidenziale, ma il loro voto va in realtà al gruppo di grandi elettori che lo sostiene. E il candidato che prende anche solo un voto in più si porta a casa tutti i grandi elettori di quello stato, il che spiega perché il sistema prende il nome di winner takes all (chi vince prende tutto). Fanno eccezione Nebraska e Maine, gli unici due stati che hanno scelto di assegnare i loro voti elettorali con il sistema proporzionale. È vero che i grandi elettori sono tenuti a votare per il candidato alla Casa Bianca cui sono associati nelle schede, ma ci sono state delle eccezioni in passato: i cosiddetti “infedeli” che, eletti nel collegio elettorale, non hanno poi votato per il candidato designato del loro partito. Sono necessari 270 grandi elettori per vincere la Presidenza. Il sistema non è perfetto e lo dimostrano le elezioni del 2000, quando il candidato democratico Al Gore fu sconfitto da George W. Bush che aveva ottenuto mezzo milione di voti popolari in meno, ma aveva conquistato un numero maggiore di grandi elettori (decisivo fu la Florida, dove Bush aveva ottenuto poco più di 500 voti in più). Abbiamo sentito parlare spesso dell’ Ohio come stato chiave per le elezioni. Questo perché è uno dei famigerati swing state, cioè uno degli Stati che oscillano storicamente tra il voto ai democratici e quello ai repubblicani. La sua fama di stato decisivo risale al 1976, quando alle presidenziali Gerald Ford venne battuto da Jimmy Carter per poche migliaia di voti. In nessun caso si possono ripetere le elezioni. La regola vige da sempre e anche per le elezioni del 1864, in piena guerra di secessione non vi fu nessuna deroga. Se nessun candidato alla carica di Presidente raggiunge il quorum, la decisione finale viene presa dalla Camera dei Rappresentanti, che sceglierà fra i primi tre candidati che hanno raggiunto il maggior numero di voti.

 

Non tutti quelli che hanno il diritto di voto, possono esercitarlo, infatti in Florida, Kentucky e Iowa, chiunque abbia una condanna, è permanentemente escluso dal voto. Nel Vermont e Maine, è permesso di votare a tutti i maggiorenni, a prescindere dalla storia criminale. Altri Stati variano tra questi due estremi, un po’ a seconda di quale reato è stato commesso, un po’ permettendo a quelli liberi sulla parola di votare ma non a chi è dietro le sbarre. Hanno invece la possibilità di votare gli astronauti, essi votano tramite posta elettronica protetta, nella Contea di Harris, in Texas, visto che la maggior parte di loro risiedono in quello Stato, vicino al centro di controllo di Houston. Funziona così: gli astronauti in orbita ricevono una mail criptata con un allegato pdf della scheda elettorale. E la rispediscono a un impiegato della contea, che copierà a mano il loro voto su una scheda elettorale.

Giocheranno anche un ruolo chiave in queste elezioni i social. Il 44% degli americani utilizza i social per informarsi sulle elezioni. Molto più di quanto avvenne nel 2012, quando soltanto il 33% degli americani possedeva uno smartphone (adesso sono il 64%). Per capire la differenza col passato, basti pensare che nel 2008 quando il tweet con cui Obama celebrò la vittoria venne retweetato 157 volte. Oggi invece, un tweet di Donald Trump molto popolare qualche giorno fa ha ottenuto 167 mila retweet.

Concludiamo con una precisazione sulla legge elettorale. Curiosamente non esiste una direttiva nazionale sul sistema di voto e ogni stato fa più o meno a modo suo. Il sistema più diffuso fino a poco tempo fa, era il punched card system, in cui l’elettore deve fare un foro sulla scheda in corrispondenza del candidato prescelto: le schede così perforate verranno lette da un sistema computerizzato e in questo modo si velocizza lo spoglio. Ma nelle elezioni del 2000 la punzonatura mostrò di avere non pochi difetti. Così oggi in alcuni Stati le schede “bucate” sono state sostituite da un sistema a lettura ottica, che interpreta le preferenze degli elettori. Nell’era degli schermi touch poi non poteva mancare un sistema che permettesse di votare toccando il nome del candidato su un display.

Piccola curiosità su uno dei candidati. Nonostante a quanto si creda Hillary Clinton non è la prima donna a correre per la Casa Bianca. La prima è stata Victoria Woodhull, nel 1872 con il partito degli eguali diritti. Era una figura molto moderna per il suo tempo, non solo a causa dell’attivismo politico per il suffragio femminile, ma anche perché fu la prima donna broker e la prima donna direttrice di un giornale.

Infine ricordo, come già citato in un precedente articolo, il legame tra le elezioni americane e Harry’s New York Bar di Parigi, storico locale dove i cittadini americani si ritrovano quando sono di passaggio nella capitale francese. In questo locale, diverse settimane prima del voto, si organizzano delle elezioni fittizie tra i due candidati in corsa, possono votare esclusivamente i cittadini americani presentando un documento che attesti la cittadinanza, così si evita un doppio voto. L’iniziativa è andata in scena per la prima volta nel 1924 e soltanto due volte (nel ’76 e 2004) l’esito del voto si è discostato da quello delle urne.

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Articolo scritto e redatto da Alessandro Sacco | Tutti i diritti sono riservati

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