Gaia e Giada sono due bambine favolose: dolcissime, molto attente, intelligenti, attive e con il costante desiderio di imparare, scoprire e giocare. Sono due gemelle omozigoti, nate da una sola cellula che si è divisa in due esseri umani meravigliosi che condividono moltissimo, da sempre. Ma quando si parla di gemelli non si parla solo di esperienza prenatale – ovvero quella che hanno vissuto nei quasi nove mesi che sono stati dentro di me – ma anche di DNA, di genetica e di natura.
Chi è diventato genitore di gemelli sa bene quanto sia forte il legame che li unisce: viscerale e difficile da spiegare. Unico nel suo genere, profondo e molto complesso da affrontare per chi non fa parte del duo. Ancora più difficile per chi, come me, è figlio unico e non ha neanche esperienza di fratelli o sorelle in famiglia. Si, certo, ogni caso è diverso dal successivo ma l’esperienza, a volte, può aiutare a comprendere alcune dinamiche mentre, nel mio caso, è tutto da imparare, scoprire ed affrontare per la prima volta. Per questo motivo, fin da quando abbiamo scoperto che dentro di me c’erano due vite, ci siamo documentati, confrontati con esperti e messi in discussione costantemente per capire quali meccanismi ed atteggiamenti siano migliori per la crescita delle nostre due bambine, per il loro sviluppo e per la loro serenità. Così, dopo due anni e qualche mese di vita simbiotica 24 su 24, 7 giorni su 7, 365 giorni l’anno, abbiamo deciso di dividerle per alcuni frangenti della giornata in maniera che trascorrano singolarmente delle esperienze con la mamma o con il papà, e viceversa.
Perché dividere i gemelli?
Le ragioni sono molteplici. Intanto se ragioniamo sulle famiglia con due – o più – figli di età diversa questa domanda non viene neanche in mente perché è normale che due esseri umani portino avanti esperienze differenti, in momenti diversi. Con i gemelli è invece difficile pensare che abbiano bisogno di un momento da soli perché li abbiamo visti insieme fin dal momento della loro nascita – in realtà anche dalla prima ecografia! Si cercano, costantemente. Si amano profondamente come forse solo chi è gemello può comprendere. Hanno bisogno uno dell’altro, magari non in senso fisico ma anche solo per la presenza mentale dell’altro.
Si instaurano però dei meccanismi inconsci di dipendenza, di appoggio e di scudo verso gli altri o le situazioni. Chi possiede il carattere più forte diventa automaticamente il trainante della coppia mentre, di contrappasso, il più debole o timido si nasconde automaticamente dietro l’altro. È un meccanismo semplice e banale che va però stroncato sin dalla sua comparsa. Per questa ragione, anche a parere degli esperti con i quali ci siamo confrontati, abbiamo deciso di iniziare ad abituare Giada e Gaia – e anche noi stessi genitori – a dividerle in alcuni momenti della giornata, o della settimana, in maniera che ciascun carattere possa trovare la sua via di espressione senza subire interferenze provenienti dall’altra parte.
La prima divisione è stata difficile per alcuni tratti ma utile e semplice per altri. In ascensore Giada, che era insieme a me, ha pianto a dirotto invocando il nome della gemella, ma poi, una volta arrivata in cortile e presa per mano verso un pomeriggio sola con me si è lasciata andare, felice e serena. Ha chiacchierato tantissimo in quella sua lingua ancora incomprensibile ma era davvero libera. Siamo andate a una piccola festicciola e ha voluto tornare a casa con due palloncini, uno per se e uno per Gaia e, una volta varcata la porta di casa, è subito corsa verso la sorella per darle il regalo e sono stati baci e sprizzi di gioia.
Dall’altro lato Gaia rimasta con il papà si è stranita molto vedendo me e Giada uscire ma si è poi subito incuriosita perché anche Alessandro l’ha portata fuori e si è creata una bellissima energia fra i due. Ritornata a casa prima di noi ha subito cercato Giada in camera ma senza trovarla ha iniziato a chiedere di lei. Poi, dopo poco, quando siamo arrivate e Giada le ha regalato il palloncino era felicissima. Si sono raccontate a modo loro le ore passate lontane e si sono messe a giocare insieme come se nulla fosse successo.
é stata senza dubbio una prima esperienza diversa, difficile ma altrettanto necessaria: la prima di una lunga serie.