Benvenuto Brunello e benvenuto Montalcino. Con quella luce schietta e sincera che ti sveglia la mattina filtrando fra le imposte e vagolando sul cuscino incrocia infine la palpebra ancora calata e riconduce alla veglia nel modo più naturale e piacevole che ci sia. Si aprono finestre ed imposte ed il vento freddo del febbraio ilcinese invade la camera, fredda di pietra e d’inverno e di mesi passati rincantucciati attorno al camino. E col freddo entra il profumo della terra bagnata dalla pioggia del giorno prima e quel pungente sentore di neve in avvicinamento
Doccia, vestizione, borsa e macchina, parcheggio e si è in città alta. Il vento taglia la faccia, secca le mani, e inumidisce gli occhi, mentre i piedi ballano cercando un appiglio stabile sull’asfalto ricoperto di ghiaccio, valzer sgraziato e pericoloso. E lì il castello si staglia immoto, imponente ed inespugnabile contro un cielo azzurro d’inverno che promette speranza e ricorda patimenti. Si cerca riparo per le vie del centro con il lastricato di pietre larghe e lisce e le vetrine delle enoteche e dei bar da cui escono profumi e vociare di gente. Si entra in un bar per prepararsi all’intensa giornata di degustazioni che inizierà di lì a breve
È ancora presto, la manifestazione non ha aperto i battenti, allora c’è ancora tempo per bighellonare attraverso il paese, affondandoci dentro come un coltello caldo nel burro o, con più difficoltà, un cavatappi nel turacciolo di una bottiglia di Brunello. Ci sono bambini che giocano e cani che corrono e signore attempate che si recano in chiesa e signori attempati che le accompagnano o che si trovano con gli amici ai tavolini dei bar. C’è la luce che cambia ed il cielo che da azzurro diventa grigio ed inizia a piangere lacrime gelate che si sciolgono a contatto della pelle. Il campanile suona per dieci volte, è ora di immergersi nel Chiostro del Museo di Montalcino
Si lascia il cappotto e si prende il bicchiere, lo si sceglie ampio ed affilato, che concentri i profumi e permetta al grande vino toscano di decantare le proprie doti, di intonare le proprie canzoni. Si incrociano viandanti assetati e facce note, le prime guardano con disinteresse, le seconde aprono un po’ di più gli occhi e regalano un po’ del loro tempo, del loro fiato e del loro sapere. Si parla tanto a Benvenuto Brunello, di vino, di terra, di mercato, di genti nuove e vecchie e dei tempi che furono e che saranno. Si captano suggerimenti, si cresce un pochettino e si spera di crescere bene
Si inizia ad assaggiare partendo dal numero 1 della lista, un assaggio che fa risuonare subito qualche campanello, si riapre la propria mappa mentale e si iniziano a definire i confini della ricerca. Si ringrazia, si parla ancora, questa volta della storia, della viticoltura e della famiglia. Si iniziano a prendere i primi appunti, con tratto fermo e deciso, si visualizzano colori, musiche, immagini, sensazioni. La gente inizia ad arrivare in maniera più copiosa, ma il freddo deve averne tenuti tanti rintanati nel caldo accogliente delle proprie case. Si cammina avanti ed indietro con la fretta di assaggiare e la lentezza di ascoltare. Le persone, il vino e sé stessi
A un certo punto ci si ferma. Quando si pensava di aver ben delineato i confini della propria mappa, tutto viene stravolto da un refolo di vento che scacciando un banco di nubi consente al guardo di scorgere oltre, un picco più alto, più lucente, più puro. Le papille fremono al contatto col nettare color rubino, consce di aver assaporato quanto di meglio c’è in cotal consesso. La mente ci mette qualche attimo di più a rendersene conto. La mano, meno certa del principio inizia a disegnare cerchi intorno ad un nome, che comunque resterebbe impresso
Poi ci si ferma ancora. Ma non si capisce subito la portata di quanto si sta assaggiando. Se ne intuisce la finezza, la freschezza, l’armonia, l’umanità, ma non si capisce da dove provengano. Si porge orecchio, ma la causa risulta sfuggente, difficilmente intelligibile. Una mail di qualche giorno dopo rende tutto più chiaro e caldo e fa venir voglia di approfondire, di alzare il velo che ancora si frappone fra bicchiere e cervello
Ci si rimette in macchina mentre il sole ha ricominciato a splendere, con forza e decisione. Si strizzano gli occhi per non farsi abbagliare, si ripensa a quello che si è appena sperimentato. Si macinano chilometri, si vola con la mente. Il piede sul pedale è saldo, perché forte è la gravità che deve vincere per allontanarsi da Montalcino, ancora una volta troppo presto
Articolo scritto e redatto da Federico Malgarini | Tutti i diritti sono riservati