Marco Rambaldi è un giovane stilista che si è fatto notare durante l’ultima edizione di AltaRoma, dopo il debutto meneghino nel febbraio 2014.
Spesso bisogna essere propositivi, coraggiosi, azzardati e queste tre sono sicuramente delle caratteristiche che appartengono pienamente al designer.
Nato a Bologna nel 1990, ha studiato a Venezia e della città lagunare ha assorbito l’ardimento e la curiosità, il culto per il Bello e un raffinato senso della memoria che gli ha permesso di indagare le successioni storiche, scioglierne i nodi e addivenire ad una propria, personale concezione delle Storia in cui linee, texture e forme diventano le pagine su cui studiare.
La sua lectio magistralis di Costume è avvenuta in occasione di AltaRoma a cui ha preso parte e di cui è diventato sicuramente il nome più emergente per la tanta popolarità acquisita che sicuramente si trasformerà in fama poichè poggiante su solido studio, impegno e rispetto del Made in Italy.
Gli anni ’70 sono stati il centro del suo pensiero ma lontani dall’iconografia modaiala e fashionista per cui Rambaldi ha raccolto il significato della ribellione, dei cambiamenti epocali e li ha intessuti, impressi negli orditi e resi ancora più riconoscibili perchè frutto di conoscenza approfondita e non di querula emulazione.
Una passerella dai colori accesi, uno sfondo bianco e un insieme eterogeneo di modelle, tutte accomunate da un unico motivo: essere donne. E la battaglia femminista non è stata ricordata per i reggiseni bruciati quanto per i diritti conquistati, il mood seventies è apparso non attraverso i motivi perentori quanto per la ricercatezza delle texture sapientemnete mescolate, della palette di colori mai eccessivi.
Era da tempo che non si assisteva ad uno show così bello, così sereno e fresco, ad un’ammiccante sequela di outfit speciali e portabili, ad un racconto umano e culturale ben definito.
Marco ha innanzitutto voluto dare un titolo a questo momento concepito come emanazione artistica e Vogliamo le rose l’ha rintracciato in un film in cui la protagonista, Monica Vitti, è rappresentativa perché sottolinea il passaggio da una donna sciattamente vestita che “approda” alla figura della borghese perbene abbigliata in tailleur di tweed; è quindi la metamorfosi della donna che, negli anni ’70, prende consapevolezza del proprio Io e se ne appropria, tramutandolo in un manifesto poetico di un movimento che perdura. E proprio sulla consapevolezza di sé il giovane Rambaldi, questo giovane favoloso, ha disegnato tutta la collezione.
Ogni uscita, colorata ma mai eccessiva, sartoriale ma mai impostata, è stata indossata da una donna: giovane o agée, bellissima o imperfetta poco importava purché fosse Donna, consapevolmente fiera. E fiera lo è stata anche la napoletana Valerie che donna non è nata e che, nella costruzione di una vera identità, ha preso tutte le caratteristiche morale di un essere che porta in sé un grande miracolo, la Vita. Grazie Marco!
Articolo scritto e redatto da Ciro Sabatino | Tutti i diritti sono riservati