Francesco Scognamiglio  è ritornato dove tutto è cominciato: la celebrazione del suo primo ventennale di attività lo ha riportato a Roma, nella Galleria d’Arte Moderna, il luogo predestinato per il suo defilé che è andato in scena il 28 Gennaio scorso.

Una collezione meditata e suggestiva con pochi modelli ma tutti di grande valore, evidenti leitmotiv di un marchio riconoscibile e consolidato cui si è inginocchiato perfino lo star system internazionale, sedotto e mai abbandonato da tanta tracotanza tenuta sapientemente a freno.

Classe 1975, lo stilista è nato a Pompei e tra le rovine della città antica ha affinato il gusto per il Bello come mezzo morale; nella polvere degli antichi splendori ha immaginato il proprio futuro: è questa la sintesi perfetta di uno dei pochi couturier italiani che ancora conserva l’arte del cucire, un vero e proprio sarto che ha resistito alla seduzione del “brand globale” e cammina oggi per se stesso, disegna e realizza vestiti per il proprio diletto, lasciando fuori dinamiche violente e veloci che macinano, consumano l’Arte.

E’ sicuramente una sfilata antologica, di per sé celebrativa ma senza fasti, senza eccessi che effettivamente non si confanno all’artista partenopeo e, dopo aver concluso AltaRoma con questo evento, Francesco ha preferito prendersi del tempo fuggendo la prossima Fashion Week meneghina per riflettere su quale direzione stia prendendo la Moda, per osservare con più profondità il proprio cammino.

Le modelle hanno sfilato attorno ad una pira di sedie affastellate, sotto cui semplici luci al neon hanno proiettato un fascio luminoso blu, argenteo nella sua freddezza, a voler quasi ricordare il colore del ghiaccio, a suggellare una cristallizzazione degli elementi che sempre hanno connotato l’inventiva di Scognamiglio come il tubino tempestato di cristalli dalla scollatura decomposta e l’abito scintillante da donna angelo; ricami eterei, riverberi di cristalli, sfavillio di piume, tagli sensuali e soffi leggeri di organza e seta hanno fatto il resto.

Si è udito in lontananza il canto del mare, il parlottìo dei gabbiani sulle onde che lambiscono da sempre il corpo di Parthenope da cui lo stilista non riesce (fortunatamente) a staccarsi e l’andamento circolare dello show è stato danza iniziatica, offerta votiva alla sirena morta per amore, alla sirena che ancora oggi ammalia e di cui Francesco è divenuto ambasciatore; c’è Napoli in questa collezione, c’è il mare malinconico e l’umidità salmastra si è insinuata nei capelli delle modelle. C’è lo sfarzo carnale e voluttuoso di quel Barocco che solo la città partenopea ha saputo far fiorire, l’estremismo irregolare e sovrabbondante della perfetta eleganza, dell’erotismo voluto ma mai esibito.

Canti antichi, urla popolane si sono mescolate a musiche contemporanee nell’inarrestabile ma lenta corsa del designer verso il tempo che verrà, nella continua scelta tra passato e futuro che ha fatto di questo nome un marchio riconoscibile ovunque per l’eleganza sinuosa, il rispetto ferreo della Moda, per l’amore sincero che muove la fiamma della passione, vero e unico motore per creare abiti come quelli visti in passerella, realizzati per donne contemporanee che conoscono il passato e tramite esso si proiettano più serenamente nell’oceano del domani.

                          Articolo scritto e redatto da Ciro Sabatino| Tutti i diritti sono riservati

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