Valentino ha saputo far fiorire la meraviglia della natura durante la Fashion Week francese.

Il concetto basilare di questa collezione è stato il termine “assertività” con cui si intende la capacità di un essere umano di esprimere le proprie opinioni o affermare le proprie emozioni senza offendere qualcun altro o agendo in maniera violenta: sulla passerella di Pierpaolo Piccioli non c’è stata alcuna violenza ma la dolcezza dell’intelligenza, alcuna offesa ma un sereno richiamo alla più raffinata idea di abito.

E’ impensabile scindere tutta la sequela di outfit dal concetto assertivo proprio perché lo stilista ha lavorato sulla coesistenza di evanescenza e concretezza, sulla bicromìa degli opposti tanto che un motivo ricorrente di questa collezione è stato appunto il bianco e il nero.

Fiori, fiori e ancora fiori l’elemento che meglio riassume l’assertività perché questi esseri delicati si “impongono” al mondo nella loro più sfrontata bellezza ma senza alcun atto violento; un fiore non è capace di offendere nessuno e la vista di esso ammansisce il cervello, l’anima fino al più gentile dei gioghi così come accaduto quando è andato in scena questo spettacolo.

Valentino è qui riconoscibile più che mai nell’intimo legame con gli anni ’60, con quel periodo che ha suggellato la bravura dello stilista romano che ora ha lasciato nelle mani di un altro genio romano tutta la responsabilità e l’onore di questa griffe tenacemente italiana.

Lo spazio in cui è stata rappresentata la filosofia di Valentino per il prossimo Autunno/Inverno è stato un luogo apparentemente senza carattere in cui graticci metallici, piante dalle larghe foglie e la morbidezza della luce più pura hanno creato un’atmosfera rarefatta e serena, romantica e moderna; e qui, a Parigi, è stato smontato il concetto di romanticismo come languida debolezza, mancanza di carattere, effimera fragilità ed è stato codificato come la possibilità per ognuno di essere dolci, educati, tesi al rispetto dell’altro e della vita in una maniera più fluida così come gli abiti di cui l’elemento imprescindibile sono state le forme allungate e asimmetriche, qualche volta animate dalla fascinosa seduzione delle rouches, altre volte dall’indomabile movimento di lunghe frange di pelle.

Le silhouette lunghe, ora dalle forme a piombo, ora dalle forme a “A”, sono state il centro del lavoro di Pierpaolo che ha soffiato sui suoi abiti manciate di colore compatto, da un cipriato verde ad un velato senape fino alla rigida compostezza del malva e la classicità lapidaria del “rosso Valentino” accostato in quest’occasione al celeste della pelle di borse dalla chiusura gauffrata e portata a mano come preziosi scrigni di modernità sartoriale.

I fiori sono il motivo imperante, ma non sono elementi decorativi, non sono stampe perché essi sono effettivamente intessuti nelle trame degli abiti, fanno parte della struttura, anzi sono la struttura portante di questa collezione. Dalle lunghe gonne di satin su cui si poggiano e schiudono romanticamente, i fiori si rinforzano e lo scorrere della più sublime linfa vitale arriva ai pantaloni stretch o alle giacche, il capo irrinunciabile, fino alle cappe e ai mantelli in cui la vividezza della corolla diventa motivo decorativo.

Valentino ha creato una serra moderna in cui il seme senza tempo del romanticismo è innaffiato dalla vitalità dell’assertività, da questa capacità di vivere la vita lievemente, tenacemente allo stesso tempo.

                                             Articolo scritto e redatto da Ciro Sabatino | Tutti i diritti sono riservati

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