A volte basta davvero poco per far ripartire la macchina sbloccare ciò che si è inceppato e non sembra più avere lo stesso grip. Si crede di procedere per un sentiero accuratamente selezionato, quando in realtà si percorre un tragitto ben delineato soltanto per sentirsi al sicuro, ma perdendo la consapevolezza di essere fermi. A volte bastano poche parole per far riaprire gli occhi.

Martedì, in Montagnetta a Milano con il coach. Provare quella dannata sensazione di crampi allo stomaco per la tipologia ignota di allenamento mista alla voglia di uscire, correre e ristabilire quanto sembra essersi assopito da qualche parte nella testa. Il ballottaggio: mi farà fare un collinare o le ripetute? le salite o la pista? Io ho le mie preferenze, ma se rimetto tutto nelle sue mani, non bisogna proprio questionare. Bingo! Ripetute in salita con andature.

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C’è un qualcosa di catartico nel ritrovarsi in Montagnetta, avvolti in una fitta coltre di nebbia, a ripartire insieme a lui. Entrambi sappiamo che gli ultimi mesi non sono stati un granché. Entrambi sappiamo che il meglio può e deve ancora venire. Ma uno dei due, cioè io, si sente un po’ perso, mentre lui, invece, sembra già avere tutto chiaro e sceglie i momenti adatti per smuovere i muscoli, il passo, la testa ed i pensieri. L’obiettivo non è rivolto ciò che è passato, ormai è andato. Il futuro è qui, ora e tutto può essere ricostruito alla grande.

Il riscaldamento passa abbastanza velocemente anche perché la voglia interiore di correre si traduce in un ritmo accettabile che i muscoli accettano di buon grado, nonostante il freddo e l’intermittenza degli ultimi mesi. Il primo oracolo riguarda il mio passo corto e ritmato che deve necessariamente allungarsi per sfruttare la spinta del piede, limitare la frequenza e permettere di aumentare anche, di conseguenza, la velocità. Il mio passo attuale fa parte della mia confort zone, di un modo di correre che mi protegge dal spingermi oltre, un rifugio quando sono stanca, la custodia di energie inimmaginabili quando constato che manca pochissimo alla fine e posso sprigionare quello che rimane. Non basta e non è giusto. La confort zone deve essere scardinata. Correre con un passo che non è il proprio regala un senso di curiosità e insicurezza. La curiosità di scoprirne gli effetti e l’insicurezza di tutto il corpo che dovrà adeguarsi ad un nuovo stile. Dura qualche centinaio di metri, ma diventa un esercizio mentale che da lì in avanti, in ogni allenamento, dovrò sforzarmi di fare più volte ed il più a lungo possibile, fino a farlo diventare naturale e spontaneo.

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Le ripetute in salita sono 15 in totale, ma lo scopro solo strada facendo. Prima 3 da 80 metri, poi 3 serie da 3 miste con andature per rafforzare la muscolatura dei polpacci e le caviglie, infine, per sciogliersi un po’, 3 da 100 metri. Mentre arranco e sagomo i miei polpacci ed il grande gluteo, arriva il secondo oracolo: la pianificazione podistica dei prossimi 2 anni. La scintilla che ci voleva per smuovere la fiammella affievolita. Un programma sufficientemente a grandi linee da non avere ancora luoghi e date certe, ma le distanze e i tempi per capire l’impegno necessario e la forza di volontà a cui bisognerà appellarsi. Il 2015 sarà dedicato alle distanze medie: 10 e 21 chilometri per velocizzarli come se non ci fosse un domani e tornare, nel 2016, alla maratona con un obiettivo di tempo molto sfidante, ma, a detta del coach, raggiungibile e lecito. Mentre lui parla, io sogno e allevio così la sensazione dei polpacci che cominciano a tirare ed il fiato che si fa sempre più corto alla fine di ogni ripetuta. Mi chiedo come faccia ad avere fiato, ma sognare mi aiuta e mi lascio trascinare.

Segue la trasformazione di un chilometro, un momento clou per verificare lo stato dell’arte delle gambe ormai stanche dopo le ripetute in salita. In teoria, la trasformazione serve per tornare ad essere elastici e smaltire l’acido lattico che si è accumulato. In pratica, mi sento sempre un po’ spaventata perché so che dovrei tirare fuori tutto quello che ho, parto e mi sento leggera, ma la stanchezza attanaglia le gambe piano piano e le blocca come fossero pezzi di marmo. Dipende dal giorno. E’ una sfida nella sfida. Un’incognita assoluta. Questa volta si rivela breve, ma intensa e si conclude con un oracolo tratteggiato, non declamato, ma ugualmente ben chiaro: la concentrazione e la determinazione sono gli alimenti chiave per la testa. Quanto vale la testa? Chi dice il 60%, 80% e oltre, poco importa esattamente quanto, ma la determinazione al raggiungimento di un obiettivo e la concentrazione totale ed esclusiva del hic et nunc possono smuovere ogni cosa. Se vissuti con la questa consapevolezza, gli allenamenti daranno i frutti sperati e i risultati saranno la realizzazione degli oracoli. Sarà un 2015 scoppiettante!

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Credits: The Stocks | Tutti i diritti sono riservati

Articolo scritto e redatto da FRANCESCA TOGNONI | Tutti i diritti sono riservati

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