Decidere di fare la mezza della Stramilano senza avere tutti i chilometri nelle gambe potrebbe già di per se avere un che di pazzia o di eroismo, a seconda dei punti di vista e degli esiti.

Decidere di fare la gara con delle amiche allenate, ma con l’idea di mettere chilometri nelle gambe e di provarci fino al traguardo infonde un’iniziale senso di appartenenza, di fiducia e di rispetto per le amiche che si prestano a pacer e per quelle che veramente hanno lottato contro tutto pur di farcela.

Decidere di portare a termine la gara della Stramilano nonostante le cadute rocambolesche e la fatica che reclama attraverso i polpacci scaccia la prospettiva della disfatta a causa del tempo per infondere nuovo entusiasmo nella passione della corsa. Perché alla fine nulla si crea e nulla si distrugge e in gara raccogli chi sei, affronti le tue paure, le guardi in faccia e le attraversi. Non le vinci, le affievolisci forse, ma sicuramente le indebolisci, gli trovi un posto più rifilato e loro si sentono meno importanti di quello che tu stai facendo di grandioso. Passo dopo passo.

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Alla partenza, mi sentivo stranamente tranquilla, cercavo di non pensare ai chilometri nella loro interezza per non lasciarmi intimorire anche se ero determinata a portarli a termine. Forse gli amici, il frastuono della gente non mi hanno fatto rendere conto del tempo che passava. Nella mia testa cercavo di immaginare l’arrivo, lo sprint finale che solitamente ti assale verso il diciottesimo chilometro per caricarmi di energia positiva e non lasciarmi assalire dall’ansia della prestazione.

Dopo lo start e gli slaloom per ricompattare il gruppo di amiche nella ressa iniziale, abbiamo impostato la velocità di crociera per rimanere al di sotto delle due ore di tempo. Il percorso della Stramilano è consolidato negli anni e presenta alcuni passaggi insidiosi, per le gambe e per la mente, tra questi sicuramente ha un posto d’onore il fatto di dover percorrere corso Sempione per ben tre volte: lo percorri nei due sensi di marcia nei primi cinque chilometri per poi ritrovarti di nuovo lungo quello stesso tratto al diciottesimo. I rettilinei per definizione non sono mai il massimo nella vita di un runner, ma corso Sempione rappresenta quasi un calvario, perché sembra non finire mai. La prospettiva dell’arco sullo sfondo crea un effetto trompe l’oeil, sembra allungare ulteriormente la strada. In quel tratto, o ti focalizzi sull’obiettivo ed entri in una fase parallela della tua esperienza podistica, oppure ti focalizzi su quello che ti circonda. In entrambi i casi si rischia di essere comunque vittima del disallineamento del pavè e dei binari. Non ho esitato ad esibirmi. In un attimo di euforia ho pensato bene di inciampare e reagire in modo tale da non rendere rovinosa la mia caduta, ma allo stesso tempo, strabiliante da vedere e divertente da ripensare. All’impatto, mi sono rialzata tutta intera, senza graffi ed apparenti danni. Ho ripreso a correre sotto gli occhi sorpresi delle amiche che non riuscivano a capacitarsi di come avessi fatto, ma soprattutto del fatto che stessi anche controllando di avere ancora intatte tutte le mie unghie. Perché una runner non può essere anche glamour?

Ho proseguito a ritmo regolare registrando i migliori 5 chilometri e i migliori 10. Le gambe reagivano bene sia ai cambi di pendenza, sia ai piccoli sprint per accorciare le distanze del gruppo che si era man mano sgranato. Della caduta, mi era rimasto solo un fastidio al piede destro. Un piede già martoriato l’anno scorso, al quale non avevo risparmiato corse, lunghissimi e sforzi di ogni tipo. La caduta ha risvegliato un dolore che si era assopito per cui dopo il decimo chilometro mi ero ripromessa di verificare lo stato dell’arte ogni 2 chilometri.

Non appena passato il dodicesimo chilometro, veleggiando verso il check point del quattordicesimo, all’altezza di Viale Filippetti, Nicola, mio marito, invidioso del mio show in corso Sempione decide testare l’asfalto. Non si sa mai, tra poco ci sarà l’Expo e la Stramilano può essere un test d’eccellenza!!

Avrebbe potuto finire così. Sarebbe stata una degna rappresentazione dell’esito di una scelta piuttosto azzardata. Ma chi comincia una gara in un modo o nell’altro la deve portare a termine. We finish what we started. Per senso di compiutezza, senso del dovere, orgoglio ferito o semplicemente voglia di trovare ad ogni costo il lato positivo di qualcosa che nato storto, non avrebbe comunque potuto avere grandiosi fasti, ma che sappia comunque regalare il sapore dolce di qualcosa di compiuto, qualcosa di bello, di divertente, fatto con gli amici in una giornata di sole.

Dopo un paio di chilometri fatti camminando, ci siamo rimessi a correre tra le urla più estreme dei polpacci ormai induriti, le ammaccature varie ed un piede che faceva sentire la sua “piacevole” presenza ad ogni passo. Non è stato tutto rose e fiori, qualche altra volta ci siamo fermati e tentati a vicenda ad abbandonare il tutto. Ma siamo arrivati in fondo, fino alla fine, fino al saltello.

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L’ultimo tratto fatto mano nella mano, come sempre, come ogni corsa che corriamo insieme. Anche lo sprint finale non è mancato all’appello, tra gli applausi sparuti degli ultimi rimasti lungo le strade ad incitare e le urla degli amici e del coach che ci davano per dispersi.

Questa non è la mia storia.

Questa è la storia di ogni singolo runner che domenica è uscito di casa con il cuore colmo di voglia di correre la Stramilano ed è tornato a casa con un’esperienza in più da raccontare. Ognuno la sua: un Personal Best tanto sperato e raggiunto, la stanchezza al tredicesimo che attanaglia le gambe e fa svanire il sogno imminente, ma non cancella l’entusiasmo, il runner alle prime armi con la mezza maratona che scoppia di energia e di ansia da neofita, ma rientra folgorato da una passione. Chi ha corso per se stesso, per il sogno di qualcosa che al momento gli sembra irraggiungibile, chi ha corso per motivare ed incitare l’amico, chi con la corsa ha espresso la necessità di sensibilizzare l’esistenza di una onlus, o chi semplicemente ha sfidato solo se stesso, i propri pronostici ed è tornato a casa con una consapevolezza in più: anche i runner cadono. Cadono e si rialzano, si rimettono a correre per credere ancora di più nel valore di quella sequenza infinita di passi.

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Stramilano: ogni runner che cade si rialza

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Articolo scritto e redatto da FRANCESCA TOGNONI | Tutti i diritti sono riservati

 

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1 risposta

  1. nino

    non una ma due cadute. brutta cosa l’invidia, eh ? non poteva lasciarti questo privilegio.